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Aspettative e permessi: le novità del Dlgs. n. 119/11


Decreto legislativo n. 119/11
di Alessio Tavanti

E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 173/11, il Dlgs. n. 119/11, concernente “Attuazione dell’art. 23 della Legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi”.

Tale Decreto ha modificato la disciplina dei congedi, permessi e aspettative al fine di riordinare le tipologie di tali istituti, ridefinire i presupposti oggettivi e precisare i requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la fruizione degli stessi, nonché di razionalizzare e semplificare i documenti da presentare ai fini dello loro fruizione.

Art. 2 – Modifica all‘art. 16 del Dlgs. n. 151/01 in materia di flessibilità del congedo di maternità.

Tale disposizione introduce all‘art. 16 del Dlgs. n. 151/01 il comma 1-bis, il quale disciplina il congedo di maternità in caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità.

In tali casi, infatti, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l’attività lavorativa (con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro) previa attestazione, rilasciata da parte del medico specialista del SSN o con esso convenzionato e del medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, relativa al fatto che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute.

In base alla formulazione letterale della norma, sono sempre necessarie entrambe le certificazioni mediche (sia quella del medico specialista del SSN o con esso convenzionato sia quella del medico competente).

La novità rispetto al regime previgente consiste nel fatto che, prima della modifica, l’aborto intervenuto dopo il 180° giorno era considerato parto e, pertanto, alla donna spettava l’astensione dal lavoro per 3 mesi, con il connesso divieto di adibizione della stessa al lavoro sia in presenza dell’esplicita rinuncia della lavoratrice al diritto di fruire del periodo di congedo obbligatorio post partum, che in presenza dell’attestazione da parte del medico curante e/o del medico competente dell’assenza di controindicazioni alla ripresa dell’attività lavorativa.

Art. 3 – Modifiche all’art. 33, Dlgs. n. 151/01 in materia di congedo parentale

La disposizione in esame introduce delle modifiche al comma 1 dell’art. 33 del Dlgs. n. 151/01 relativo al prolungamento del congedo parentale  per minori con handicap grave.

La nuova disciplina stabilisce che per ogni minore con handicap in situazione di gravità (accertata ai sensi dell’art. 4, comma 1, della Legge n. 104/92) la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo non superiore a tre anni, inclusi i periodi di congedo ordinario (art. 32 Dlgs. n. 151/01).

Pertanto, con la nuova formulazione del comma 1 il periodo di congedo è fruibile, in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo complessivamente di tre anni, comprensivi dei periodi di congedo parentale ordinario.

E’ stato abrogato il comma 4 dell’art. 33 che escludeva dal computo dei tre anni il periodo di congedo ordinario.

Infine, a differenza della disciplina previgente è prevista la possibilità di prolungare il congedo anche nel caso in cui il bambino sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, qualora i sanitari attestino la necessità della presenza del genitore.

Art. 4 – Modifiche all’art. 42, Dlgs. n. 151/01 in materia di permessi e congedi per assistenza di soggetto portatore di handicap grave

La disposizione in commento ha armonizzato la disciplina in materia di congedo per assistenza a soggetti portatori di handicap grave con le modifiche introdotte dalla Legge n. 183/10, cd. Collegato Lavoro.

La nuova formulazione dell’art. 42 comma 2 del Dlgs. n. 151/01 ha riconosciuto il diritto a fruire dei permessi di cui all’art. 33, comma 3, della Legge n. 104/92 e smi. ad entrambi i genitori, anche adottivi, del bambino con handicap in situazione di gravità, alternativamente, anche in modo continuativa nell’ambito del mese.

Nel nuovo testo dell’art. 42, comma 2 sono state soppresse le parole “dopo il compimento del terzo anno di vita del bambino”, per renderlo coerente con l’attuale previsione dell’art. 33 della Legge n. 104/92, come precisato anche dalla Circolare della Fp. n. 13/10.

La stessa disposizione al comma 5 è stata modificata, alla luce delle sentenze della Corte Costituzionale intervenute in materia (C. Cost., n. 233/05; n. 158/07; n. 19/09) e, conseguentemente, è stato stabilito un ordine di priorità tra i soggetti legittimati alla fruizione del congedo (coniuge, padre o madre, anche adottivi, figlio convivente, fratelli e sorelle) e le cause di impedimento di questi soggetti che consentono di avanzare al livello ulteriore (mancanza, decesso o patologie invalidanti).

I beneficiari del congedo sono, nell’ordine:

  • il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità (accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della Legge n. 104/92), che ha diritto a fruire del congedo entro sessanta giorni dalla richiesta;
  • il padre o la madre anche adottivi, che hanno diritto a fruire del congedo in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente ;
  • uno dei figli conviventi, che ha diritto a fruire del congedo in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi;
  • uno dei fratelli o sorelle conviventi, che ha diritto a fruire del congedo in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi.

Il congedo non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap nell’arco della vita lavorativa.

Inoltre, è stato chiarito che il congedo può essere fruito anche se la persona disabile è ricoverata a tempo pieno purché i sanitari della struttura attestino l’esigenza della presenza del parente o affine.

Il congedo e i permessi, di cui all’art. 33, comma 3, della Legge n. 104/92, non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona, mentre nel caso dell’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, tali diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma negli stessi giorni l’altro genitore non può fruire dei benefici di cui all’art. 33, commi 2 e 3 della Legge n. 104/92 e 33, comma 1, del Dlgs. n. 151/01 (comma 5-bis).

Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa.

Indennità e contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di euro 43.579,06 annui per il congedo di durata annuale (importo rivalutato annualmente sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati).

L’indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità (comma 5-ter).

I soggetti che usufruiscono dei congedi in esame, per un periodo continuativo non superiore a sei mesi, hanno diritto ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa (comma 5-quter).

I periodi di congedo, di cui al comma 5, non rilevano ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.

Art. 5 – Modifiche all’art. 2 della Legge n. 476/84 in materia di aspettativa per dottorato di ricerca

L’art. 19 della Legge n. 240/10 (c.d.“Riforma Gelmini”) ha modificato la Legge n. 476/84, attribuendo all’Amministrazione la facoltà discrezionale di concedere il congedo per dottorato compatibilmente con le esigenze di servizio, abolendo il diritto del dipendente di usufruire del periodo di aspettativa.

La fruizione del congedo viene esclusa per i dipendenti che abbiano già ottenuto il titolo di dottore di ricerca e per i dipendenti che hanno fruito del congedo stesso con l’iscrizione ai corsi di dottorato per almeno un anno accademico.

E’ stato previsto che qualora, nei due anni successivi al conseguimento del dottorato di ricerca, cessi il rapporto di lavoro o di impiego con qualsiasi PA per volontà del dipendente, lo stesso dovrà restituire gli importi percepiti durante il congedo.

Tali vincoli si applicano a tutti i dipendenti pubblici.

Art. 6 – Modifiche all’art. 33 della legge n. 104/92  in materia di assistenza a soggetti portatori di handicap grave

Tale disposizione ha riconosciuto al lavoratore il diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, limitatamente al coniuge, parenti o affini entro il primo grado o entro il secondo grado, qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravita abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Tale previsione è idonea a contemperare l’esigenza di buon andamento dell’Amministrazione, evitando che uno stesso dipendente possa assentarsi per lunghi periodi dal lavoro, con quella di consentire al lavoratore di prestare comunque assistenza nei confronti dei familiari più stretti.

La disposizione in esame ha introdotto, inoltre, il comma 3-bis il quale ha previsto l’obbligo per Il lavoratore, che usufruisce dei permessi per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in un Comune situato a distanza superiore a 150 Km rispetto a quello di residenza del lavoratore, di attestare con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito.

Art. 7 – Congedo per cure per gli invalidi

Tale disposizione ha introdotto una nuova disciplina del congedo per cure per gli invalidi, stabilendo che, salva la disciplina del congedo straordinario di cui all’art. 37 del Dpr. n. 3/57, i lavoratori mutilati e invalidi civili, cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50% possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni.

Il congedo è accordato dal datore di lavoro, previa domanda del dipendente interessato, accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il SSN o appartenente a una struttura sanitaria pubblica, dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta.

La nuova disciplina ha previsto che durante il periodo di congedo, che non è conteggiato ai fini del periodo di comporto per malattia, il dipendente ha diritto a percepire il trattamento economico, calcolato secondo il regime delle assenze per malattia. Il lavoratore è tenuto a documentare in maniera idonea l’avvenuta sottoposizione alle cure.

Art. 8 – Modifica all’art. 45 del Dlgs. n. 151/01, in materia di adozione e affidamento

La disposizione in commento, modificando il comma 1 dell’art. 45,  ha previsto che la disciplina in materia di riposi riconosciuta ai genitori (art. 39, 40 e 41 Dlgs. 151/01), in caso di adozione e affidamento si applichi entro il primo anno dall’ingresso del minore nella famiglia, anziché entro il primo anno di vita del bambino.

Inoltre, è stato introdotto il comma 2-bis, il quale ha stabilito che la richiesta del genitore, dipendente pubblico,  di assegnazione temporanea ad altra sede (ex art. 42-bis) si applichi entro i primi tre anni dall’ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dall’età del minore.

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