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Diritto d’accesso: il contribuente può accedere alla denuncia penale presentata dall’Agenzia delle entrate


Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 4769/11
di Alessio Tavanti

La denuncia presentata all’autorità giudiziaria è accessibile in quanto non costituisce un atto dell’indagine penale, coperto da segreto, ma il presupposto di essa.

E’ quanto affermato dal Consiglio di Stato con la sentenza in commento, con la quale ha accolto il ricorso presentato da una società avverso la sentenza di primo grado che aveva negato il diritto di accesso ad una serie di documenti dell’Agenzia delle entrate.

Nel caso di specie una società, sottoposta a verifica fiscale da parte dell’Agenzia delle entrate, aveva presentato istanza di accesso alla notizia di reato, contenuta nella denuncia a suo carico presentata alla Procura della Repubblica, sulla base della quale l’Agenzia aveva disposto l’estensione del periodo temporale della verifica fiscale precedentemente avviata.

Inoltre, la società, aveva richiesto di accedere ai documenti relativi al provvedimento interno con il quale l’Agenzia aveva, a parziale acquiescenza alla sentenza della Commissione Tributaria, deciso l’archiviazione della maggior parte delle pretese nei confronti del contribuente presentando, di conseguenza,  ricorso in Cassazione soltanto rispetto ad una singola questione.

A fronte del diniego all’accesso opposto dall’Amministrazione, la società aveva presentato ricorso al Tar il quale aveva respinto il ricorso affermando che la notizia di reato, contenuta nell’atto di denuncia, rientrava tra gli atti delle indagini penali coperte da segreto istruttorio (art. 329 c.p.p.), e il provvedimento interno dell’Agenzia delle Entrate faceva parte, invece, degli atti afferenti alla strategia difensiva del contenzioso ancora pendente.

La ricorrente, avverso tale decisione, ha proposto appello al Consiglio di stato lamentando l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui aveva sottratto all’accesso la denuncia alla Procura della Repubblica ritenuta coperta da segreto in quanto relativa a un procedimento penale, nonché con riferimento al provvedimento interno relativo con il quale l’Amministrazione aveva prestato acquiescenza alla sentenza della Commissione tributaria, non ritenendo su tali punti pendente il procedimento tributario, né tale accesso lesivo della strategia difensiva dell’Amministrazione, in quanto già definita attraverso il ricorso in Cassazione.

Il Consiglio di Stato ha preliminarmente chiarito che, in via generale, non può mai essere negato l’accesso a documenti amministrativi che riguardino l’istante e che possano da questi essere utilizzati in sede giurisdizionale.

Nel caso di specie, la denuncia presentata dall’Amministrazione finanziaria alla Procura della Repubblica non poteva sottrarsi a tale regola generale, dato che la sua mancata esibizione alla società avrebbe potuto compromettere il diritto costituzionalmente garantito di quest’ultima alla tutela giurisdizionale.

Ciò assumeva maggior rilievo, nel caso di specie, in considerazione del fatto che tale notizia di reato costituiva proprio il presupposto per l’estensione di una verifica fiscale ad altra annualità, e quindi l’avvio di un ulteriore procedimento di verifica tributaria.

Secondo il Consiglio di Stato, poi, l’accesso a tale documento non avrebbe in alcun modo violato il già citato art. 329 c.p.p., poiché la previsione del segreto istruttorio vincola soltanto gli atti di indagine, tra cui non rientrano certamente le notizie di reato (Cass., sez. I pen., sent. n. 13494/11).

Peraltro, la natura di atto d’indagine era già stata più volte esclusa dalla stessa giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 4716/09 e n. 6117/08).

Relativamente alla richiesta di accesso al provvedimento interno, con cui l’Agenzia delle Entrate aveva stabilito di prestare parziale acquiescenza alla sentenza della commissione tributaria, il Consiglio di Stato ha confermato il diniego opposto dall’Amministrazione finanziaria, in quanto tale documento atteneva alla strategia difensiva del contenzioso tributario ancora pendente e, quindi, all’esercizio del diritto di difesa dell’Amministrazione finanziaria, che avrebbe potuto essere compromesso dall’accesso del contribuente a tale documento “strategico” (Cons. Stato, sez. IV, sent., n. 6200/03; Cons. Stato, sez. V, sent. n. 5105/00; Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 513/01; Cons. Stato, sez. V, sent. n. 2163/04).

Il Consiglio di Stato ha parzialmente accolto il ricorso della società ritenendo accessibile la denuncia alla Procura della Repubblica la quale non costituisce, in seno al procedimento penale, atto di indagine sottoposto a segreto, ma ne rappresenta il presupposto, anche con riferimento all’ulteriore estensione della verifica fiscale.

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