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Ordinamento: le ordinanze del Sindaco, in materia di sicurezza pubblica, sono limitate ai casi di contingibilità e urgenza


Corte Costituzionale, Sentenza n. 115/11
di Alessio Tavanti

La norma contenuta nell’art. 54, comma 4, del Dlgs. n. 267/00, è costituzionalmente illegittima, nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci, quali ufficiali del Governo, non limitato ai casi contingibili e urgenti, in materia di sicurezza pubblica.

E’ quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza in commento, con la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della sopra citata disposizione del Tuel introdotta dall’art. 6 del Dl. n. 92/08 “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica”, nella parte in cui consente che il Sindaco, quale ufficiale del Governo, adotti provvedimenti a “contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato”, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minaccino la sicurezza urbana, anche fuori dai casi di contingibilità e urgenza.

In particolare, la norma indicata sarebbe illegittima nella parte in cui ha inserito la congiunzione “anche” prima delle parole “contingibili e urgenti”.

Nel caso di specie, l’oggetto del giudizio principale promosso dinanzi al Tar Veneto, nasceva dal ricorso presentato da parte di un’associazione onlus, che aveva impugnato un’ordinanza sindacale con la quale era stato disposto il divieto di “accattonaggio” in vaste zone del territorio comunale, con conseguente previsione, per i trasgressori, di una sanzione amministrativa pecuniaria.

Secondo l’Associazione ricorrente tale provvedimento sarebbe stato deliberato, anzitutto, in violazione del principio di proporzionalità, nonché dell’art. 54, comma 4, del Dlgs. n. 267/00 e dell’art. 3 della Legge n. 241/90.

In particolare, sulla suddetta disposizione del Tuel si fondavano le censure della ricorrente che riteneva il provvedimento impugnato carente delle condizioni di contingibilità ed urgenza necessarie per l’adozione.

Infatti, secondo la ricorrente, non risultava “allegato e documentato alcun grave pericolo per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana” e non sussistevano quindi, nel caso concreto, le necessarie condizioni di contingibilità e urgenza.

Inoltre, l’atto impugnato risultava illegittimo anche in forza della sua efficacia a tempo indeterminato, incompatibile, appunto, con i limiti propri delle ordinanze contingibili e urgenti.

Il Comune, da parte sua, rivendicava la legittimazione del Sindaco a emettere ordinanze ad efficacia non limitata nel tempo, stante il contenuto innovativo della disposizione applicata.

Il Tar, in proposito, rilevava effettivamente che la norma censurata, nella nuova formulazione secondo cui “il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”,  conferisse allo stesso in assenza di elementi utili a delimitarne la discrezionalità, un potere normativo vasto e indeterminato, esercitabile anche in deroga alle norme di legge ed all’assetto vigente delle competenze amministrative, semplicemente in forza del parametro finalistico della protezione della sicurezza urbana.

L’atto amministrativo impugnato, pertanto, non si poneva in contrasto con la nuova disciplina prevista dall’art. 54, comma 4, del Tuel per cui il ricorso contro lo stesso avrebbe dovuto essere rigettato.

Tuttavia il giudice amministrativo rilevava che dal contenuto della disposizione censurata, non sarebbero rinvenibili limiti specifici, che possano consentire al giudice adito di valutare in concreto la legittimità degli atti impugnati.

Ciò secondo il Tar poneva dubbi sulla legittimità costituzionale della disposizione stessa e in ragione di ciò disponeva la sospensione dell’efficacia del provvedimento e con ordinanza rimetteva la questione alla Corte costituzionale sollevando una serie di presunti vizi di costituzionalità.

In particolare, il Tar ha proposto, fra le altre, questione di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 3, 23 e 97 Cost., che prevedono la riserva di legge ed il principio di legalità sostanziale in materia di sanzioni amministrative.

Infatti la norma censurata, rimuovendo i presupposti fattuali della contingibilità ed urgenza, avrebbe conferito al Sindaco un potere discrezionale e tendenzialmente illimitato di compressione della libertà dei singoli di tenere ogni comportamento non vietato dalla legge.

Inoltre, secondo il giudice amministrativo la norma in oggetto sarebbe illegittima in ragione del suo contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost., in quanto prevede che la disciplina di identici comportamenti venga irragionevolmente differenziata in rapporto ad ambiti territoriali frazionati.

La Corte Costituzionale, ha innanzitutto rilevato che la disposizione oggetto di giudizio così come formulata prevede il rispetto dei principi generali dell’ordinamento con riguardo ai soli provvedimenti contingibili e urgenti e non anche alle ordinanze sindacali di ordinaria amministrazione le quali, benché rivolte a fronteggiare “gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana” non possono derogare a norme legislative vigenti.

Le ordinanze in oggetto, pertanto, non sono assimilabili a quelle contingibili e urgenti, in quanto consentono ai sindaci “di adottare provvedimenti di ordinaria amministrazione a tutela di esigenze di incolumità pubblica e sicurezza urbana” (C.Cost., Sent. n. 196/09).

Tale rilievo, peraltro, se da un lato è idoneo a giustificare la mancanza di vizi di legittimità della norma censurata, denunciati sulla base del contrario presupposto interpretativo, dall’altro non vale a rimuovere il problema della sua conformità alla Costituzione.

La norma attribuisce ai Sindaci il potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione, le quali, pur non potendo derogare a norme legislative o regolamentari vigenti, sono caratterizzate da una discrezionalità che non trova praticamente alcun limite, se non quello finalistico, genericamente identificato dal legislatore nell’esigenza “di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”.

La Corte ha affermato, in più occasioni, l’imprescindibile necessità che in ogni conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di legalità sostanziale, per il quale non è consentita l’assoluta indeterminatezza del potere conferito dalla legge ad un’autorità amministrativa, che attribuirebbe una “totale libertà” al soggetto od organo investito della funzione (C.Cost. Sent. n. 307/03; Sent. n. 32/09 e n. 150/82).

Pertanto, non è sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalità, affinché l’azione amministrativa sia esercitata in ambiti dotati di idonea copertura legislativa.

Le ordinanze sindacali in questione incidono, per le finalità perseguite e per i loro destinatari, sulla libertà dei singoli e delle comunità amministrate, imponendo comportamenti, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, si traducono in restrizioni ai soggetti considerati.

Sotto tale aspetto, l’esercizio del potere amministrativo in questione, si pone in contrasto con l’art. 23 Cost. il quale richiede che nessuna prestazione, personale o patrimoniale, possa essere imposta, se non in base alla legge.

La norma costituzionale, pur ponendo una riserva di legge relativa che lascia ampi margini di regolazione all’autorità amministrativa, non vale a escludere la necessità di una disciplina normativa che indichi contenuti e modalità dell’azione amministrativa, limitativa della sfera generale di libertà dei cittadini.

Né tale esigenza può ritenersi soddisfatta dal Decreto del Ministro dell’Interno 5 agosto 2008 “Incolumità pubblica e sicurezza urbana: definizione e ambiti di applicazione”, in quanto atto inidoneo a delimitare la discrezionalità amministrativa nei rapporti con i cittadini.

Infatti esso rappresenta un atto amministrativo a carattere generale valido solo a indirizzare l’azione del Sindaco che, nell’esercizio di tale potere, è sottoposto ad un vincolo gerarchico nei confronti del Ministro dell’Interno.

In conclusione, la norma censurata nel prevedere lo speciale potere di ordinanza dei Sindaci non limitato ai casi contingibili e urgenti, viola la riserva di legge relativa, di cui all’art. 23 Cost., in quanto non prevede alcuna delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei cittadini, i quali sono tenuti a sottostare soltanto agli obblighi di fare, di non fare o di dare previsti in via generale dalla legge.

L’assenza di un valido riferimento legislativo idoneo a disciplinare dettagliatamente il potere conferito ai Sindaci dalla norma censurata, inoltre, incide negativamente sulla garanzia di imparzialità della P.A. oltre a essere lesivo del principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

Sotto tale profilo la Corte ha rilevato una violazione dell’art. 97 Cost. che prevede una riserva di legge relativa, allo scopo di assicurare l’imparzialità della P.A., la quale può soltanto dare attuazione, con proprie determinazioni, a quanto in via generale è previsto dalla legge.

Limite, quest’ultimo, posto a garanzia dei cittadini, che trovano protezione, rispetto a possibili discriminazioni, nel parametro legislativo, la cui osservanza deve essere concretamente verificabile in sede di controllo giurisdizionale.

Garanzia che, nel caso di specie, risultava mancante poiché l’imparzialità dell’amministrazione non era garantita a monte da una legge posta a fondamento del potere sindacale di ordinanza.

D’altronde l’assenza di limiti, che non siano genericamente finalistici, non consente che l’imparzialità dell’agire amministrativo trovi, in via generale e preventiva, fondamento effettivo, ancorché non dettagliato, nella legge.

Per tali ragioni, la norma censurata determina una violazione anche dell’art. 97 Cost.

Allo stesso modo la mancanza di un punto di riferimento normativo uniforme in merito all’esercizio di tale potere risulta lesivo anche dell’art. 3 Cost., deducendone che gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti leciti o illeciti, a seconda della regolamentazione prevista nei diversi Comuni.

Con la conseguenza del verificarsi di vere e proprie disparità di trattamento tra cittadini, incidenti sulla loro sfera generale di libertà, che possono consistere in fattispecie nuove ed inedite, liberamente configurabili dai sindaci, senza base legislativa.

Tale disparità di trattamento integra la violazione dell’art. 3, comma 1, Cost., in quanto consente ai sindaci restrizioni diverse e variegate non riconducibili ad un fondamento legislativo unitario.

La Corte Costituzionale ha così ritenuto costituzionalmente illegittima le norma prevista dall’art. 54, comma 4, del Dlgs. n. 267/00 nella parte in cui comprende la locuzione  “anche” prima delle parole “contingibili e urgenti”eliminando la possibilità, per i Sindaci di disporre in materia di pubblica sicurezza, attraverso l’adozione di ordinanze di carattere ordinario.

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