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Permesso a costruire: se il Comune ritarda nel rilascio il cittadino ha diritto al risarcimento del danno


Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 1271/11
di Alessio Tavanti

Il Comune che rilascia un permesso di costruire oltre i tempi previsti dalla normativa vigente può essere condannato al risarcimento del danno, anche biologico, nei confronti del cittadino interessati.

E’ questo il principio affermato dal consiglio di Stato con la sentenza in commento, con la quale ha parzialmente accolto il ricorso presentato da un imprenditore nei confronti del Comune per il risarcimento del danno derivante dal ritardo nel rilascio del permesso di costruire in variante.

Nel caso di specie, l’imprenditore a fronte dell’eccessivo ritardo per l’ottenimento del titolo abilitativo aveva presentato ricorso al Tar, richiedendo il risarcimento dei danni connessi alla ritardata stipulazione dei contratti definitivi di acquisto degli immobili da costruire, già oggetto di contratti preliminari, e al danno biologico subito per effetto delle patologie insorte in conseguenza dell’inerzia dell’Amministrazione.

Il Giudice amministrativo di primo grado aveva respinto il ricorso, ritenendo la ritardata conclusione del procedimento non imputabile a colpa dell’Ente, ma a elementi diversi, quali la complessità delle fattispecie e a una serie di circostanze non direttamente riconducibili al Comune.

Avverso la sentenza il ricorrente ha presentato appello al Consiglio di Stato, che ha valutato inammissibile il ritardo con cui l’Amministrazione era arrivata alla conclusione del procedimento volto al rilascio del permesso di costruire (oltre due anni), tanto da ritenere colposo il comportamento tenuto dal Comune.

In particolare, il Consiglio di Stato non ha ritenuto idonei, a giustificare l’inerzia dell’Ente, gli elementi presentati indifesa dello stesso in quanto non incidenti sulla possibilità di concludere il procedimento.

Considerato colpevole il ritardo dell’Amministrazione, il Consiglio di Stato ha ritenuto valutabile anche l’ulteriore richiesta inerente il risarcimento dei danni.

Secondo i giudici amministrativi, il ritardo con cui l’Amministrazione aveva adottato il provvedimento ha determinato un ritardo nell’attribuzione del c.d. “bene della vita”, costituito, nel caso di specie, dalla possibilità di edificare secondo il progetto richiesto in variante, confermando un orientamento pacifico della giurisprudenza.

Tale tutela, peraltro, è stata ulteriormente rafforzata a seguito dell’introduzione dell’art. 2-bis, comma 1, della Legge n. 241/90, il quale ha stabilito che le P.A. sono tenute “al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”.

La norma sancisce che anche il “tempo” è un “bene della vita” per il cittadino e la giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione del procedimento da parte dell’Amministrazione può determinare un costo, rappresentando il fattore tempo “una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica”.

Ai fini del risarcimento del danno, conseguente al tardivo riconoscimento da parte della P.A. del “bene della vita” nei confronti del ricorrente, il Consiglio di ha ritenuto sussistente sia il danno derivante dalla non immediata disponibilità delle somme relative al prezzo di acquisto degli immobili stessi,  risarcito nella misura degli interessi legali, sia l’indebito pagamento dell’ICI, che il ricorrente ha continuato a versare nelle more del procedimento e che non avrebbe dovuto pagare in caso di antecedente stipula dei contratti definitivi.

Il Consiglio di Stato ha, inoltre, riconosciuto il risarcimento del danno biologico, sulla base dell’orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione che ha esteso la categoria del danno non patrimoniale (in cui rientra il danno biologico) alle ipotesi di grave lesione di un diritto della persona tutelato dalla Costituzione, quale è, nel caso in questione, il diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost.).

Secondo il giudice amministrativo, l’inerzia dell’Amministrazione nel provvedere in merito all’istanza del privato è stata lesiva del diritto alla salute del ricorrente, concretizzandosi in un disturbo ansioso depressivo, effettivamente diagnosticato nella consulenza tecnica e direttamente attribuibile al comportamento tenuto dall’Ente, nell’ingiustificato inosservanza del termine di conclusione del procedimento.

Su tale aspetto, come ha ricordato il Consiglio di Stato, l’art. 29, comma 2-bis, Legge n. 241/90 nel richiamare, tra i livelli essenziali di cui all’art. 117 Cost. , comma 2, lett. m), l’osservanza del termine di conclusione del procedimento, può essere interpretato estensivamente nel senso di “valorizzare e potenziare ogni forma di tutela, inclusa quella risarcitoria, per il danno da ritardo della p.a.”, che può riguardare anche le conseguenze lesive dell’integrità fisica della persona.

Il Consiglio di Stato sulla base della valutazione degli elementi di prova forniti dal ricorrente ha accolto il ricorso, riconoscendo il diritto al risarcimento dei danni “subiti” dall’imprenditore in conseguenza del ritardo dell’Amministrazione nel rilascio del permesso di costruire, anche sotto l’aspetto del danno biologico.

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