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Personale partecipate: per gli ex dipendenti pubblici non è automatico il reintegro nell’Ente “II° Parte”


Corte dei Conti, Sez. Reg. Contr. Lombardia, Deliberazione n. 1014/10 e Corte dei Conti, Sez. Reg. Contr. Sardegna, Deliberazione n. 109/10
di Federica Caponi, Consulente di Enti Locali
pubblicato su Hcnews “Periodico di aggiornamento professionale per la gestione delle risorse umane”06/2011

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L’assenza di una normativa sul punto non appare, secondo la Corte dei Conti Veneto, espressione di una lacuna ordinamentale, in quanto la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di una P.A. non può prescindere dall’osservanza dell’art. 97, della Cost. che fissa nel nostro ordinamento il principio costituzionale dell’accesso al pubblico impiego per concorso, di cui è applicazione l’art. 35 del Dlgs. n. 165/01.

Tale indirizzo è stato ribadito non solo da costante e uniforme giurisprudenza costituzionale, ma anche dagli interventi legislativi succedutisi negli anni, tesi a garantire il requisito dell’espletamento di procedure concorsuali anche nei casi di reclutamenti “speciali”.

La sezione controllo del Veneto ha quindi ritenuto non legittima la riassunzione dei dipendenti della società da parte dell’Ente Locale.

In contrasto con tale interpretazione si era posta la Corte dei Conti della Lombardia, che già nella Deliberazione n. 68/08 aveva ritenuto lecito il reinserimento degli ex dipendenti pubblici nell’organico dell’Ente Locale, a seguito della messa in liquidazione della partecipata comunale e proprio a seguito di tale contrasto interpretativo, sono intervenute le Sezioni Riunite con la Deliberazione n. 8/10 sopra richiamata.

La Corte dei Conti Lombardia, nella recente Deliberazione n. 1014/10 ha confermato l’orientamento prevalente in materia, ritenendo possibile la riassunzione dei dipendenti e ha ribadito le condizioni che devono essere a tal fine sono:

2. Personale assunto direttamente dalla società

Altre considerazioni devono essere fatte nel caso in cui la problematica del trasferimento riguardi dipendenti assunti direttamente dalla partecipata.

La questione attiene all’ambito del coordinamento tra l’art. 2112 del Codice Civile e la normativa in materia di assunzioni delle P.A.

L’art. 2112 del Codice Civile stabilisce che in caso di trasferimento d’azienda il rapporto di lavoro continui con il cessionario e il lavoratore conservi tutti i diritti derivanti.

Per trasferimento d’azienda si intende qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda.

A tal proposito, la Corte dei Conti della Sardegna, nella Deliberazione n. 109/10 in commento, ha chiarito che quando i soggetti coinvolti siano stati assunti direttamente dalla società, seppure la stessa sia totalmente di proprietà dell’Ente, non vi è un obbligo per il socio di assumere tale personale che lavora in regime privatistico.

Proprio secondo tale disciplina, l’organo preposto all’eventuale liquidazione della società, nell’ambito delle procedure di liquidazione, può correttamente disporre anche il licenziamento dei suoi dipendenti.

Va, quindi, precisato che all’eventuale decisione dell’Ente di procedere alla “reinternalizzazione” dei compiti/funzioni, già affidati alla  società esterna, non è correlabile ad alcun dovere/potere di acquisire nel contempo gli organici della società stessa.

2.1 Personale assunto direttamente dalla società senza procedure selettive

Quando il personale sia stato assunto dalla società senza il rispetto di alcuna procedura selettiva (pertanto, senza il rispetto dei principi di trasparenza e imparzialità), l’eventuale trasferimento “diretto” dalla partecipata, posta in liquidazione, al Comune socio, confliggerebbe con il principio di concorsualità nell’accesso a pubbliche funzioni, normativamente previsto dall’art. 35 del citato Decreto n. 165/01.

Tale disposizione, come già accennato in precedenza, detta le condizioni e i presupposti per procedere alle nuove assunzioni da parte delle P.A.

L’impraticabilità di un tale “trasferimento diretto” è confermato anche da un’attenta disamina e interpretazione dell’art. art. 17 del Dl. n. 78/09, che, nel disciplinare altri vincoli di contenimento delle spese, espressamente rivolte alle società controllate (cit. art. 17, comma 22-bis), pur prevedendo numerose disposizioni in materia assunzionale, non contempla in alcun modo il passaggio diretto dalla società all’Ente socio.

La Corte dei Conti della Lombardia, nella Deliberazione n. 1014/10 in commento, ha chiarito che poiché il personale interessato al trasferimento al Comune era stato assunto direttamente dalla società, senza il previo espletamento delle procedure selettive, previste per l’assunzione di personale alle dipendenze della P.A., non poteva trovare applicazione l’art. 2112 del Codice Civile.

2.2 Personale assunto direttamente dalla società con procedure selettive (ex art. 35 Dlgs. n. 165/01)

Tale ultima precisazione, fornita dai giudici contabili della Lombardia, sembrerebbe ammettere, a contrario, che nel caso in cui sia coinvolto personale assunto direttamente dalla società, con il rispetto di procedure selettive, il passaggio diretto dalla società all’Ente di tali dipendenti sia legittimo.

A tal proposito, è necessario ricordare che dal 2008 anche le società partecipate sono obbligate, in caso di nuove assunzioni, al rispetto delle procedure ex art. 35, comma 3 del citato Dlgs. n. 165/01 (ex art. 18 del Dl. n. 112/08).

A sostegno della tesi che ritiene legittimo il passaggio diretto dalla società al Comune dei dipendenti della partecipata, se assunti con procedure selettive, può essere richiamato anche quanto previsto dall’art. 76, comma 8, del Dl. n. 112/08.

Il Legislatore con tale norma ha infatti previsto l’obbligo solo per determinati Enti dell’espletamento di un concorso ai fini dell’inserimento nell’organico di un Ente pubblico di ex dipendenti trasferiti a propri organismi strumentali.

Il citato art. 76 prevede infatti che il “personale delle aziende speciali create dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (…) non può transitare, in caso di cessazione dell’attività delle aziende medesime, alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di riferimento, se non previa procedura selettiva di natura concorsuale e, in ogni caso, a valere sui contingenti di assunzioni effettuabili in base alla vigente normativa”.

Al contrario, la Corte dei Conti della Sardegna, nella Deliberazione n. 109/10 in commento, ha ritenuto non legittimo il passaggio diretto dall’Azienda speciale al Comune di personale dell’Ente strumentale, benché lo stesso sia stato assunto con il rispetto delle procedure selettive.

I giudici della Sardegna hanno precisato che tale modalità di integrazione delle strutture burocratiche dell’Ente comunale confligge con il principio di concorsualità.

Tale interpretazione più rigorosa, ad oggi, potrebbe essere maggiormente condivisibile o quanto meno sembrerebbe più coerente con i principi dell’ordinamento.

E’ opportuno, infine, segnalare anche che se fosse seguita l’altra tesi, più “permissiva”, potrebbero aprirsi ulteriori problematiche connesse ad esempio alla verifica della legittimità o meno del passaggio diretto di personale tra partecipate e P.A. non necessariamente legato alla messa in liquidazione della società.

Se, cioè, si ritenesse rispettato l’art. 97 della Cost. nelle fattispecie oggetto delle Deliberazioni in commento, perché non ammettere anche la mobilità volontaria (ex art. 30 Dlgs. n. 165/01) del personale delle Società partecipate verso Enti pubblici?

A tal proposito, la Funzione pubblica in numerosi pareri (tra gli altri, Parere n. 6/06; Parere n. 207/05; Parere n. 194/04), ha chiarito che è inapplicabile la mobilità volontaria “in entrata” dalla società al Comune in quanto in tali organismi, anche se a maggioranza pubblica, il rapporto di lavoro del personale è disciplinato dalle norme di diritto privato.

La Funzione pubblica ha precisato che non è possibile invocare, per attuare la mobilità, “le norme in materia di evidenza pubblica vigenti per tali organismi”.

Tali norme, infatti, sono finalizzate alla tutela della concorrenza, oltre che del buon andamento e dell’imparzialità, e pertanto l’ambito di applicazione delle stesse è certamente differente da quello di applicazione delle norme sull’organizzazione e sul rapporto di lavoro con le P.A.

La Funzione pubblica ha precisato che non è applicabile l’istituito della mobilità volontaria neppure a favore di dipendenti di una Azienda speciale, trasformata successivamente in Spa, verso il Comune.

Nel Parere n. 194/04 ha fornito alcuni chiarimenti in merito al trasferimento per mobilità nei ruoli di un’Azienda sanitaria locale di un dipendente di un’Azienda speciale del Comune trasformata in società per azioni.

Il Dipartimento della Funzione Pubblica ha precisato che la trasformazione in società per azioni dell’Azienda speciale conferma che il rapporto di lavoro del personale da essa dipendente è disciplinato esclusivamente dalle norme vigenti per il settore del lavoro privato, con la conseguenza che non è possibile attivare le procedure di mobilità, che possono trovare applicazione solo nei confronti dei dipendenti delle P.A. nel rispetto dell’art. 97 della Costituzione.

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