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Personale: forniti chiarimenti in materia di procedimento disciplinare


Funzione pubblica, Circolare n. 14/10
di Alessio Tavanti

Il Dipartimento della Funzione pubblica ha emanato la Circolare n. 14/10, con la quale ha fornito dei chiarimenti su aspetti problematici relativi al procedimento disciplinare alla luce del nuovo sistema introdotto dal Dlgs. n. 150/09.

Tale Decreto ha innovato la suddetta disciplina sostituendo l’art. 55, introducendo i nuovi artt. da 55 bis a 55 novies e abrogando l’art. 56 del Dlgs. n. 165/01 (art. 69 e 72 Dlgs. n. 150/09).

Le nuove norme hanno carattere generale, in quanto trovano applicazione nei confronti di tutte le P.A, di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/01, quindi anche degli Enti locali, il cui personale dipendente c.d. “privatizzato” è soggetto alla disciplina dei contratti collettivi di comparto.

Inoltre si tratta di norme imperative che, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, comma 2 c.c., non possono essere derogate, salvo limitati casi, dalla contrattazione collettiva le cui clausole, in caso di difformità, sono considerate nulle con automatica sostituzione da parte delle disposizioni del citato Decreto.

Pubblicità del codice disciplinare

La contrattualizzazione del personale delle P.A., di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs n. 165/01, ha comportato l’applicazione a tali Amministrazioni della normativa prevista per i dipendenti privati.

In particolare, in materia di procedimento disciplinare si è assistito all’estensione del principio contenuto nell’art. 7, comma 1, della Legge n. 300/70, che impone ai datori di lavoro di portare “a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti” il codice disciplinare.

Tale adempimento, per costante e consolidata giurisprudenza, è ritenuto presupposto imprescindibile e propedeutico ai fini della corretta attivazione dei procedimenti disciplinari e dell’irrogazione delle sanzioni.

Siffatta disposizione, espressamente richiamata nella previgente versione dell’art. 55 Dlgs. n. 165/01, ha trovato successiva collocazione all’interno della contrattazione collettiva del settore pubblico (per gli Enti locali si veda l’art. 3, comma 10, del CCNL 11 aprile 2008).

La nuova disciplina prevista dal Dlgs. n. 150/09, pur eliminando il richiamo al principio contenuto nello Statuto dei lavoratori, fa salva la sua portata anche per i datori P.A., introducendo una norma sulle modalità di pubblicazione che implica la vigenza dell’obbligo di pubblicità.

Infatti, il nuovo art. 55, comma 2 del Dlgs. n. 165/01, introdotto dall’art. 68 del Dlgs. n. 150, ha previsto che “la pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare, recante l’indicazione delle predette infrazioni e relative sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro”.

Pertanto, le Amministrazioni possono assolvere all’obbligo di pubblicità del codice disciplinare mediante la pubblicazione sul sito internet istituzionale.

Secondo la valutazione operata dal Legislatore tale pubblicazione è equivalente all’”affissione in luogo accessibile a tutti” di cui al citato art. 7, luogo che viene identificato dal menzionato art. 55 comma 2, nell’ “ingresso della sede di lavoro”.

Le Amministrazioni potranno completamente sostituire la pubblicità tramite affissione con la pubblicazione on line solo qualora l’accesso alla rete internet sia consentito a tutti i lavoratori, tramite la propria postazione informatica.

Diversamente siffatta pubblicazione non risponderebbe all’esigenza, insita in tale adempimento, di evitare al dipendente il rischio di incorrere in sanzioni per fatti da lui non preventivamente conosciuti, a causa di questa mancanza.

In merito a tale modalità di pubblicazione, la Funzione pubblica raccomanda alle Amministrazioni di darne adeguato risalto con indicazione puntuale della data, oltre che sull’home page internet anche di quella intranet dell’amministrazione al fine di assicurarne la massima visibilità e conoscibilità.

Inoltre, suggerisce alle Amministrazioni di precostituire una prova dell’avvenuta pubblicazione, da utilizzare in caso di eventuali contenziosi, richiedendo alla struttura interna competente alla pubblicazione di comunicare formalmente l’avvenuto adempimento.

La modalità alternativa alla pubblicazione sul sito, a seguito della riforma, è quella dell’affissione all’ingresso della sede di lavoro, unico luogo espressamente considerato dalla norma vigente.

Circa i contenuti della pubblicazione essa deve riguardare sia il codice disciplinare, indicante le procedure, le tipologie di infrazione e le relative sanzioni, sia il codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, idoneo ad integrare le norme contenenti le fattispecie di illecito disciplinare previste dai contratti collettivi e dalla legge.

Titolarità dell’azione disciplinare

La riforma ha valorizzato, in generale, il ruolo del dirigente sottolineando i suoi poteri, tra cui anche quelli concernenti la comminazione di sanzioni nei confronti del personale.

A tal proposito, l’art. 55 bis ha ampliato la competenza del dirigente nella gestione del procedimento disciplinare, attribuendogliene la titolarità anche con riferimento ad ipotesi ulteriori rispetto a quelle del rimprovero verbale e della censura già di sua competenza.

Infatti, ai sensi del comma 1, il dirigente responsabile della struttura espleta l’intero procedimento per tutte le infrazioni “di minor gravità “, intendendo per tali quelle comportanti l’irrogazione di sanzioni inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione sino a dieci giorni.

Per le infrazioni di maggior gravità o nel caso in cui il responsabile della struttura non sia un dirigente, l’intera procedura deve essere svolta dall’ufficio procedimenti disciplinari (U.P.D).

Il responsabile della struttura non dirigente è competente esclusivamente ad irrogare la sanzione del rimprovero verbale che resta soggetta alla disciplina della contrattazione collettiva.

La Funzione pubblica chiarisce che l’espressione in “possesso della qualifica di dirigente”, cui la norma fa riferimento, riguarda sia i dirigenti a tempo indeterminato che i titolari di incarico dirigenziale con contratto a tempo determinato, inclusi i soggetti preposti ai sensi ai sensi dell’art. 110 del Dlgs. n. 267/00 per gli Enti locali o di analoghe norme previste negli ordinamenti delle altre Amministrazioni.

In linea con l’orientamento espresso dall’ANCI, negl’Enti locali privi di qualifica dirigenziale detta competenza non può essere riconosciuta in capo al dipendente titolare di P.O. cui siano state attribuite le funzioni dirigenziali ai sensi dell’art. 109, comma 2, del Dlgs. n. 267/00, in quanto mancanti di tale necessaria qualifica.

L’osservanza di dette previsioni è di fondamentale importanza per le conseguenze che derivano dalla violazione della regola rispetto alla sanzione comminata.

Infatti, la violazione di una norma di legge imperativa comporta la nullità della sanzione irrogata (in tal senso Cass., Sez. lav., Sent. n. 2168/04; Cass., Sez. lav., Sent. n. 20981/09).

Ufficio procedimenti disciplinari (U.P.D.)

In linea con la normativa previgente l’art. 55-bis, comma 4, prevede l’individuazione, da parte di ciascuna Amministrazione, dell’ufficio competente per i procedimenti disciplinari (U.P.D.).

Tale adempimento è rimesso alla discrezionalità organizzativa delle varie Amministrazioni, le quali possono provvedervi, anche senza la costituzione di un apposito ufficio, attribuendo la competenza ad una delle strutture esistenti titolare di più ampie attribuzioni, fermo restando che trattasi comunque di una competenza da esercitare in via esclusiva.

La competenza dell’U.P.D. è relativa alle ipotesi in cui il responsabile della struttura non abbia qualifica dirigenziale e, comunque, per le infrazioni di maggior gravità.

Relativamente a tale ultima possibilità, non essendo specificato se il responsabile dell’U.P.D. debba essere dirigente, per gli Enti locali privi della qualifica dirigenziale può presentarsi il caso di attribuzione a funzionari non dirigenti.

In proposito, il rinvio al “proprio ordinamento” operato dal citato comma 4 dell’art. 55 bis per la costituzione degli U.P.D., legittima gli Enti locali privi di qualifica dirigenziale all’individuazione della responsabilità dell’Ufficio, nella figura del Responsabile di servizio, ai sensi del citato art. 109, comma 2, del Tuel.

Nell’ottica della riforma, la particolare professionalità giustifica la competenza funzionale del servizio, ovviando anche alla mancanza della qualifica.

Diversa opzione per l’Ente locale, ad avviso della Funzione pubblica, potrebbe essere rappresentata dall’attribuzione di tali funzioni al segretario comunale, opportunamente investito ai sensi dell’art. 97, comma 4, lett. d), del Tuel, oppure dalla costituzione di un U.P.D. in convenzione con altri Enti, ai sensi dell’art. 30, comma 4, del Tuel.

La Funzione pubblica non fornisce alcun chiarimento in merito alla competenza per i procedimenti disciplinari relativi a eventuali infrazioni di minor gravità realizzate dai dirigenti o Responsabili di servizio.

In proposito, appare logico segnalare la possibilità riservata agli Enti locali di disciplinare tale ipotesi all’interno dei propri regolamenti, nel senso di riconoscere tale attribuzione all’U.P.D. stante la sua  già riconosciuta competenza per le infrazioni di maggiore gravità.

Se il dirigente che ha commesso l’illecito è il responsabile dell’U.P.D, l’Ente potrà prevedere la sua sostituzione con altro dirigente, investito della funzione esclusivamente per lo specifico caso.

A differenza della normativa previgente, è stato eliminato l’obbligo di preventiva “segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora” per l’avvio del procedimento da parte dell’ufficio competente.

Ciò comporta che detto ufficio può anche attivarsi autonomamente qualora acquisisca notizia di eventuali infrazioni. Tale conclusione è ricavabile del medesimo comma 4, nella parte in cui fa riferimento alla decorrenza del termine per la contestazione dell’addebito.

Una volta investito correttamente della procedura da parte del dirigente, l’U.P.D. sarà tenuto a svolgere il procedimento sulla base dell’istruttoria il cui esito potrà essere l’archiviazione o l’irrogazione della sanzione appropriata, che potrà consistere anche in una sanzione di minore gravità, nonostante la competenza in merito del dirigente rimettente.

Le sanzioni disciplinari nei confronti dei dirigenti per gli illeciti ex artt. 55 bis e 55 sexies

L’art. 55, comma 4, del Dlgs. n. 165/01 contiene una norma speciale relativa a specifiche infrazioni imputabili ai dirigenti, prevedendo una deroga al regime ordinario sulla competenza per l’irrogazione delle sanzioni.

La disposizione concerne gli illeciti puntualmente introdotti dalla riforma Brunetta con l’obiettivo di assicurare l’effettivo esercizio dell’azione e contrastare situazioni di collusione.

In particolare si tratta delle ipotesi di:

Tale disposizione riconosce alla contrattazione collettiva la possibilità di disciplinare diversamente le norme procedimentali, ad eccezione degli aspetti relativi all’individuazione degli organi competenti a gestire le varie fasi della procedura che, in base ai principi costituzionali, resta riservata a fonti normative.

Nelle ipotesi di infrazione sopra descritte, nessun problema si pone nel caso di infrazione commessa da un dipendente non dirigente, infatti, in tal caso, la procedura sarà interamente gestita dall’U.P.D.

Diversamente, per il caso in cui le suddette infrazioni si riferiscano ad un dirigente, la procedura segue le regole previste per i procedimenti curati dall’U.P.D. (art. 55 bis comma 4), eccezion fatta per l’organo competente ad irrogare la sanzione.

La disposizione in commento, la cui formulazione è chiaramente riferita alle Amministrazioni centrali, per essere applicata alle altre Amministrazioni necessita, sul punto, di un adattamento da effettuare attraverso l’esercizio dei poteri normativi ed organizzativi tipici di ciascun ordinamento, ricercando le diverse soluzioni sostanziali all’interno della particolare organizzazione di ciascun Ente.

Negli Enti locali l’attribuzione delle funzioni in questione, secondo la Funzione pubblica, potrebbe essere compiuta in favore del segretario comunale o provinciale, opportunamente investito ai sensi dell’art. 97, comma 4, lett. d), del medesimo Decreto.

Stante il carattere speciale della competenza ad irrogare le sanzioni previste dalla disposizione in commento, è da rilevare che per tutte le altre ipotesi di illecito rimane ferma la disciplina generale prevista dall’art. 55 bis anche per i procedimenti nei confronti di un dirigente.

Il nuovo rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale

Il Dlgs. n. 150/09  ha modificato il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale.

L’art. 55 ter del Dlgs. n. 165/01, ha disposto che, attualmente la regola generale è quella di proseguire e concludere il procedimento disciplinare che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali è pendente un procedimento penale.

Tale regola, inderogabile nel caso di esercizio dell’azione disciplinare per infrazioni di minor gravità, trova un  temperamento nella possibilità di sospensione del procedimento disciplinare per le infrazioni di maggior gravità che presentino particolare complessità per l’accertamento del fatto addebitato al dipendente e nel caso in cui, all’esito dell’istruttoria, non si disponga di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione.

In tali casi il procedimento è ripreso entro 60 giorni dalla comunicazione della sentenza all’Amministrazione di appartenenza del lavoratore ed è concluso entro 180 giorni.

Riguardo alla comunicazione della sentenza all’Amministrazione procedente, l’art. 70 del Dlgs. n. 150/09 ha inserito il nuovo art. 154 ter nel Dlgs. n. 271/89 “Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale” secondo cui “La cancelleria del giudice che ha pronunciato sentenza penale nei confronti di un lavoratore dipendente di un’amministrazione pubblica ne comunica il dispositivo all’amministrazione di appartenenza e, su richiesta di questa, trasmette copia integrale del provvedimento. La comunicazione e la trasmissione sono effettuate con modalità telematiche, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, entro trenta giorni dalla data del deposito”.

La ripresa del procedimento disciplinare sospeso avverrà solo a seguito della conoscenza della sentenza integrale, comprensiva della motivazione, poiché l’istruttoria deve tener conto di quanto risultante in sede penale (art. 653 c.p.p., richiamato dal comma 4 dell’art. 55 ter). Pertanto, il relativo termine decorre dal ricevimento della comunicazione della sentenza integrale, non essendo sufficiente la conoscenza del dispositivo.

Detta conclusione vale anche per l’ipotesi di riapertura del procedimento disciplinare nel caso in cui sia necessario adeguare le relative determinazioni conclusive alle risultanze del giudizio penale (art. 55 ter, comma 3).

In tal senso la Funzione pubblica, al fine di agevolare la celerità delle procedure, raccomanda all’Amministrazione giudiziaria di provvedere con la massima tempestività alla comunicazione del dispositivo e, ove disponibile, a trasmettere direttamente copia integrale della sentenza, anziché il solo dispositivo, anche a prescindere dalla richiesta.

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