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Legittimo il recupero da parte della P.A. di somme erroneamente corrisposte a un dipendente


Tar Campania – Napoli, Sez. V, Sent. n. 16672/10
di Chiara Zaccagnini

È legittimo il recupero delle somme erroneamente corrisposte dall’Amministrazione a un proprio dipendente, senza che si tenga conto della buona fede del percipiente, in quanto tale recupero risulta come atto dovuto, espressione non rinunciabile di una funzione pubblica vincolata.

Questo è quanto ha affermato il Tar Campania nella sentenza in commento, con la quale ha rigettato il ricorso presentato da un dipendente pubblico avverso le deliberazioni comunali con le quali era stata approvata la revisione della graduatoria Led (Livello Economico Differenziato, previsto dagli artt. 35 e 36 del Dpr n. 333/90 per il personale degli Enti Locali).

Il ricorrente aveva chiesto, in particolare, l’annullamento della parte di atto in cui veniva disposto l’annullamento delle precedenti determinazioni in ordine all’attribuzione del Led, nonché il consequenziale recupero delle somme versate.

Nel caso di specie, il dipendente aveva presentato istanza di partecipazione alla selezione di natura concorsuale, indetta dal Comune, per l’attribuzione del Led.

Con atto era stato attuato tale istituto economico, con relativa approvazione delle graduatorie di merito, distinte per qualifica funzionale di appartenenza e per anno di riferimento.

Con nota dirigenziale successiva, l’Amministrazione aveva comunicato l’adozione dei provvedimenti con cui era stata adottata la revisione della graduatoria in oggetto e accertato il credito vantato dall’Ente, per recuperi da compiere nei confronti dei dipendenti.

Tali atti sono stati impugnati da un dipendente che ha sostenuto che gli stessi non contenevano la motivazione relativa alla necessità di procedere all’annullamento delle graduatorie, al recupero delle somme e alla modifica dei punteggi attribuiti ai titoli culturali, professionali e di servizio valutati.

Il Tar, contrariamente a quanto sostenuto in precedenti sentenze (Tar Campani, Napoli, Sez. VII, Sent. n. 16222/07) in merito alla problematica del recupero delle somme erroneamente corrisposte dall’Amministrazione, ha affermato che tale operazione non costituisce azione assolutamente vincolata, in quanto consistente in un atto di autotutela che deve considerare l’incidenza di tale recupero sulla situazione concreta del soggetto.

Ciò nonostante, con riferimento al caso di specie, i giudici amministrativi hanno ritenuto opportuno seguire il prevalente orientamento giurisprudenziale, secondo cui è comunque “legittimo il recupero delle somme non tenendo conto della buona fede del percipiente, considerando il recupero come un atto dovuto non rinunziabile espressione di una funzione pubblica vincolata” (CdS, Sez. IV, Sent. n. 2651/07; n. 2679/06; n. 4964/05 e n. 4983/05; Tar Toscana, Sez. I, Sent. n. 5465/04; Tar Sicilia, Catania, Sez. II, Sent. n. 1272/03; Tar Lazio, Latina, Sent. n. 143/93).

L’Amministrazione che ha effettuato un errato pagamento a un proprio dipendente, acquisisce la titolarità del diritto soggettivo alla restituzione, al quale si contrappone una correlativa obbligazione del dipendente.

Nel caso in cui l’Amministrazione intenda recuperare le somme indebitamente corrisposte, non deve annullare l’atto con cui è stato provveduto al pagamento delle stesse, in quanto l’indebito si configura coma tale per l’obiettivo contrasto con una norma, con la conseguenza che non vi è obbligo di motivare l’interesse pubblico che induce ad effettuare il recupero patrimoniale (Tar Campania, Napoli, Sez. IV, Sent. n. 681/98).

I giudici amministrativi hanno fatto proprio il principio della normale ripetibilità di tali crediti da parte della P.A., soprattutto nel caso di somme di lieve entità, in quanto tale recupero ha natura di atto dovuto ex art. 2033 c.c., con la conseguenza che “la buona fede del percettore rileva ai soli fini delle modalità con cui il recupero deve essere effettuato, in modo cioè da non incidere in maniera eccessivamente onerosa sulle esigenze di vita del dipendente”.

Secondo il Collegio, pertanto, lo stato psicologico del debitore, in ipotesi in buona fede, di per sé non preclude l’attività di recupero dell’indebito, ma impone l’obbligo di una più rigorosa valutazione degli interessi implicati, in particolare, sotto il profilo del grado di lesione sulle esigenze di vita del dipendente.

Ne consegue che, con specifico riferimento al caso di specie, nell’ipotesi in cui il sacrificio derivante dal recupero sia di lieve entità, l’interesse del dipendente a trattenere gli emolumenti percepiti non può prevalere su quello pubblico alla ripetizione delle somme erogate indebitamente (CdS, Sez. IV, Sent. n. 3516/09; CdS, Sez. V, Sent. n. 1535/04; Tar Veneto, Sez. III, Sent. n. 1072/09; Tar Lazio, Roma, Sez. I-ter, Sent. n. 5466/09; Tar Lazio, Roma, Sez. I, Sent. n. 2764/08; Tar Campania, Salerno, Sez. I, Sent. n. 237/06).

Il Tar Campania ha, pertanto, rigettato il ricorso del dipendente, ritenendo legittimo il recupero delle somme erroneamente corrisposte dall’Amministrazione, senza che si tenga conto della buona fede del percipiente, in quanto tale recupero risulta come atto dovuto, espressione non rinunciabile di una funzione pubblica vincolata.

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