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Personale: le norme contenute nella Legge di conversione della Manovra correttiva


di Federica Caponi e Chiara Zaccagnini

È stata pubblicata sulla G.U. n. 176 del 30 luglio 2010 la Legge n. 122/10 di conversione del Dl. n. 78/10, concernente “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, entrata in vigore il 31 luglio scorso.

Di seguito riportiamo le disposizioni della Manovra che interessano la gestione del personale.

Art. 6 – Riduzione dei costi degli apparati amministrativi

Partecipazione a organi di amministrazione

Il comma 2 ha stabilito che a decorrere dal 31 maggio 2010 la partecipazione a organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, nonché la titolarità degli organi degli stessi, è onorifica.

Tale partecipazione consentirà soltanto di ottenere il rimborso delle spese sostenute, nel caso in cui siano già previsti gettoni di presenza, questi non potranno superare l’importo di euro 30 a seduta giornaliera.

Gli atti adottati in violazione di tali disposizioni determineranno responsabilità erariale e saranno nulli.

Gli enti privati che non si adegueranno a tali disposizioni non potranno ricevere contributi o utilità a carico delle pubbliche finanze, fatto salvo l’eventuale devoluzione del 5 per mille.

Quanto previsto dal presente comma non si applica agli enti previsti “nominativamente” dal Dlgs. n. 300/99 e dal Dlgs. n. 165/01.

Inoltre, tale disposizione non si applica alle università, alle camere di commercio, agli enti del servizio sanitario nazionale (enti, tra l’altro, che essendo espressamente richiamati dal Dlgs. n. 165/01 sarebbero già stati esclusi da tale applicazione grazie al richiamo effettuato dal Legislatore nel comma precedente), agli enti indicati nella tabella C della Finanziaria (Legge Finanziaria 2010. Non avendo il Legislatore indicato gli estremi della norma, sembrerebbe corretto pensare che avesse richiamato l’ultima disposizione finanziaria, quella appunto 2010, ma la Tabella C della Legge n. 191/09 non contiene alcun elenco di Enti) e agli Enti previdenziali ed assistenziali nazionali.

La Legge di conversione ha esteso il novero degli enti esclusi da tale norma, richiamando anche gli enti e fondazioni di ricerca e organismi equiparati, le Onlus, alle associazioni di promozione sociale e gli enti pubblici economici che verranno individuati con Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.

Il Legislatore ha inoltre chiarito che tale norma non si applica alle società, anche se tale dubbio non poteva sorgere, in quanto lo stesso art. 6 in commento, al comma 6, contiene una norma ad hoc per tali organismi.

Tale disposizione non si applica neppure ai membri degli organi di amministrazione degli Enti Locali, per i quali il Legislatore ha previsto una norma ad hoc, l’art. 6, comma 3.

Indennità e gettoni di presenza

Il comma 3, non modificato in sede di conversione, ha stabilito che, fermo restando quanto previsto dall’art. 1, comma 58 della Finanziaria 2006, dal 1° gennaio 2011, le indennità, i compensi, i gettoni e le retribuzioni erogati dalle P.A., tra cui gli enti locali (ex art. 1, comma 3, Legge n. 196/09), ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo dovranno essere automaticamente ridotte del 10% rispetto agli importi risultanti al 30 aprile 2010.

Tale riduzione si aggiunge, quindi, a quelle disposte dal Legislatore della Finanziaria 2006 e del Dl. n. 112/08.

Il citato art. 1, comma 58, della Legge Finanziaria 2006 (Legge n. 266/05), aveva previsto la riduzione del 10% delle indennità spettanti agli amministratori (ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali) rispetto agli importi in godimento al 30 settembre 2005 e che tale riduzione fosse efficace per tre anni (31 dicembre 2005 – 31 dicembre 2008).

L’art. 61, comma 10, del Dl. n. 112/08 aveva stabilito che dal 1° gennaio 2009, le indennità di funzione, previste dall’art. 82 del Tuel, fossero ridotte del 30%, rispetto all’ammontare risultante al 30 giugno 2008, per gli Enti che nell’anno precedente non avevano rispettato il Patto di stabilità.

Il comma 10, dell’art. 6, del Dl. n. 78/10 in commento, ha disposto la sospensione della possibilità di incremento prevista dal Tuel fino al 2011.

Fino al 31 dicembre 2013, inoltre, gli emolumenti corrisposti dalle P.A. non potranno superare gli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010.

Il comma 4 non si applica al personale degli enti locali in quanto si riferisce agli incarichi affidati al personale delle amministrazioni centrali autorizzati dal consiglio dei ministri.

Il comma 5 della disposizione in commento ha stabilito che tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, dovranno provvedere all’adeguamento dei rispettivi statuti al fine di assicurare che, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del Decreto, gli organi di amministrazione e quelli di controllo, ove non già costituiti in forma monocratica, nonché il collegio dei revisori, siano costituiti da un numero non superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti.

Anche tale disposizione, che potrebbe sembrare, ad una prima lettura, applicabile anche alle partecipate dagli Enti Locali, in realtà stabilisce dei limiti numerici che per le società di tali enti sono già in vigore dal 2007.

Il comma 729, dell’art. 1, della Legge n. 296/06 (Finanziaria 2007) ha infatti stabilito che il numero complessivo di componenti dei Cda delle società partecipate totalmente, anche in via indiretta, da enti locali, non può essere superiore a tre, ovvero a cinque per le società con capitale, interamente versato, pari o superiore a 2 milioni di Euro, importo determinato con Dpcm. 26 giugno 2007 (“Determinazione dell’importo di capitale delle società partecipate dagli Enti Locali ai fini dell’individuazione del numero massimo dei componenti del consiglio di amministrazione”), pubblicato nella G.U. n. 182 del 7 agosto 2007.

Gli statuti delle partecipate degli enti locali dovrebbero già rispettare tali limiti dal 7 novembre 2007.

Per quanto riguarda le società di capitali miste, la stessa disposizione della Finanziaria 2007 ha previsto che “il numero massimo di componenti del Consiglio di Amministrazione designati dai soci pubblici locali, comprendendo nel numero anche quelli eventualmente designati dalle Regioni, non può essere superiore a cinque”, indipendentemente dal capitale sociale versato.

Incarichi di studio e consulenza

Il comma 7 ha stabilito che le P.A., tra cui gli enti locali, dal 2011 e per ogni anno successivo non potranno affidare incarichi a professionisti esterni di studio e consulenza per importi superiori al 20% delle spese sostenute nel 2009.

Tale limite è stato previsto dal Legislatore “al fine di valorizzare le professionalità interne alle Amministrazioni”.

Saranno assoggettati a tale limite soltanto gli incarichi di studio e consulenza ex art. 7, commi 6 e ss del Dlgs. n. 165/01 e non eventuali prestazioni di servizio, così come tale vincolo non riguarda incarichi di ricerca affidati a soggetti esterni.

Tale limite avrà valenza anche per gli incarichi di studio e consulenza conferiti a pubblici dipendenti, ex art. 53 del Dlgs. n. 165/01.

Sono esclusi gli incarichi di studio e consulenza affidati dalle università, dagli enti e dalle fondazioni di ricerca e dagli organismi equiparati.

Per quanto riguarda eventuali incarichi che possono essere affidati dagli enti locali a professionisti esterni, la Legge di conversione ha espressamente previsto che siano esclusi dall’applicazione di tale limite gli incarichi di studio e consulenza “connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario”.

Non dovranno quindi essere calcolate, ai fini del computo del 20%, le spese che gli enti sosterranno dal 2011 in poi per incarichi di studio e consulenza affidati in conseguenza dell’attuazione di tali attività.

Si ritiene, a titolo meramente esemplificativo, che possano essere compresi in tali fattispecie, gli incarichi di studio e/o consulenza connessi, ad esempio a:

–      esternalizzazione di servizi, in quanto tale fattispecie costituisce appunto “privatizzazione di servizi o attività” (ex art. 47, commi da 1 a 4, della Legge n. 428/90 e art. 19, Dlgs. n. 80/98). In caso infatti di esternalizzazione di servizi pubblici, ovvero di costituzione di società miste, a capitale pubblico anche non maggioritario, per lo svolgimento dei servizi pubblici locali o strumentali infatti siano di fronte a processi di privatizzazione, come chiarito anche il Tribunale di Catanzaro, Sez. Civ. I, Sent. n. 588/02;

–      dismissione di attività pubbliche, che siano sussumibili nella fattispecie della “cessione del ramo d’azienda” (ex art. 2112 c.c.), e cioè in “qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento della titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità”. Per “azienda”, infatti, deve intendersi qualsiasi “articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”;

–      riorganizzazione del servizio finanziario, eventualmente a seguito dell’attuazione del così detto federalismo fiscale. Sembra quasi infatti che il Legislatore abbia “ammesso” che l’attuazione delle nuove disposizione in materia di federalismo possa richiedere professionalità particolarmente elevate che potrebbero non essere presenti nell’organico degli enti locali;

–      attuazione del controllo di gestione o passaggio alla contabilità economica.

Resta fermo comunque il fatto che anche tali incarichi dovranno essere affidati nel rispetto di quanto previsto dall’art. 7 e seguenti del Dlgs. n. 165/01 (vedi “Gli incarichi esterni degli Enti Locali”, EDK EDITORE 2010)

La norma contenuta nella Manovra correttiva “sostituisce” per quanto riguarda gli incarichi di consulenza e studio quanto previsto dall’art. 3, comma 56 della Legge n. 244/07, che stabiliva che“il limite massimo della spesa annua per incarichi di collaborazione è fissato nel bilancio preventivo degli enti”.

Per tale tipologia di incarichi quindi gli enti dal 2011 e per gli anni seguenti non potranno spendere più del 20% della spesa sostenuta nel 2009, escluso i costi sostenuti per tali incarichi affidati a seguito di processi di privatizzazione e regolamentazione del servizio finanziario.

Per le altre tipologie di incarichi, al contrario, rimane il limite di spesa che gli enti devono indicare nel bilancio di previsione.

Per quanto riguarda la necessità di programmazione degli incarichi imposta dall’art. 3, comma 55 della citata Finanziaria 2008, la Manovra correttiva non ha introdotto alcuna modifica.

Gli incarichi richiamati dalla norma del Dl. n. 78/10 ovviamente per essere affidati legittimamente dovranno essere previsti dalla legge o inseriti nel programma che il consiglio comunale deve approvare ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. b, del Tuel.

Le norme del Dl. n. 78/10 hanno infatti posto soltanto nuovi limiti di spesa, maggiormente stringenti rispetto alle norme sopra richiamate del legislatore 2008, non prevedendo alcuna modifica alle disposizioni che disciplinano le modalità di affidamento degli incarichi.

Il Legislatore ha ribadito che l’affidamento di incarichi in violazione di tale limite costituirà illecito disciplinare e determinerà responsabilità erariale.

Il Legislatore della Legge di conversione ha inoltre stabilito che non sono assoggettati a tale vincolo le attività sanitarie connesse al reclutamento, avanzamento e impiego del personale delle Forze armate, di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Appare opportuno evidenziare che nel caso in cui vi siano enti che nel 2009 non abbiano sostenuto alcuna spesa per l’affidamento di tali incarichi, questi possano far riferimento alla spesa media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009.

Sembra infatti legittimo interpretare estensivamente l’inciso introdotto dal legislatore della legge di conversione della manovra correttiva all’art. 9, comma 28, ove sono posti limiti di spesa per le assunzioni e si prevede che “le amministrazioni che nell’anno 2009 non hanno sostenuto spese per le finalità previste (…), il limite (…) è computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009”.

Altrimenti, nel caso in cui alcuni enti non abbiano avuto spese nel 2009 per tali incarichi l’unica soluzione dovrebbe essere quella di non poterli affidare nel 2011 e negli anni seguenti, almeno fino a quando il legislatore non deciderà di modificare tale disposizione e tale interpretazione non appare condivisibile.

Infine appare necessario ricordare che la spesa cui gli enti devono far riferimento per calcolare il 20% non è quella complessivamente sostenuta nel 2009 per gli incarichi esterni (o il tetto massimo di spesa inserito nel bilancio di previsione).

La spesa è soltanto quella sostenuta (quindi, quanto erogato e non impegnato) dagli enti per le stesse tipologie di incarichi.

Tale somma dovrà presumibilmente essere calcolata dagli enti, in quanto il dato storico e ormai consolidato, certificato anche con il conto annuale trasmesso alla Ragioneria Generale dello Stato entro il 31 maggio 2010, potrebbe non riguardare solo incarichi di studio e consulenza.

Spese di formazione, sponsorizzazioni e missioni

Il comma 8 dell’art. 6 ha previsto che, a decorrere dal 2011, le spese sostenute dagli enti locali per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza dovranno essere ridotte dell’80% rispetto a quelle sostenute nel 2009.

Il comma 9 ha previsto che a partire dal 2011 gli enti locali non potranno più effettuare spese per sponsorizzazioni.

Il comma 12 ha stabilito che dal 1° gennaio 2011, le Amministrazioni (ex art. 1, comma 3, Legge n. 196/09) tra cui gli enti locali, dovranno ridurre del 50% le spese sostenute per missioni nel 2009.

Tale limite non si applica alle missioni internazionali di pace e delle Forze armate, dei vigili del fuoco, delle forze di polizia, del personale di magistratura e per quelle indispensabili ad assicurare la partecipazione a riunioni presso organismi internazionali o comunitari e alle attività ispettive.

Gli atti posti in essere in violazione di tali disposizioni costituiranno illecito disciplinare e determineranno responsabilità erariale.

Tale limite di spesa potrà essere derogato in casi eccezionali, previa adozione da parte dell’organo di vertice dell’Amministrazione di un provvedimento che motivi tale scelta.

Tale atto dovrà essere trasmesso preventivamente agli organi di controllo ed agli organi di revisione dell’ente.

La norma ha stabilito che, a decorrere dal 31 maggio 2010, le disposizioni contenute nell’art. 15 Legge n. 836/73 e nell’art. 8 della Legge n. 417/78 non si applicano più “al personale contrattualizzato” di cui al Dlgs. n. 165/01 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi.

Tali disposizioni disciplinano il “trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali” e, pertanto, la norma in commento non si applica al personale degli enti locali.

Non deve trarre in inganno il richiamo al “personale contrattualizzato” con il quale in via generale si intende il personale in regime di pubblico impiego privatizzato, il quale trova la fonte primaria del rapporto di lavoro, appunto, nel contratto collettivo e nelle principali fonti legislative del rapporto di lavoro privatistico richiamate dall’art. 2, comma 2 del Dlgs. n. 165/01.

Il legislatore ha richiamato espressamente tale categoria di personale perché oggi anche i dipendenti statali (ad eccezione di quelli pubblici ex art. 3 del Dlgs. n. 165/01) sono “contrattualizzati”, cioè hanno la fonte normativa di riferimento per la disciplina del trattamento economico fondamentale e accessorio esclusivamente (o almeno così dovrebbe essere) nel contratto collettivo.

Il comma 13 ha previsto che dal 2011 gli enti locali dovranno ridurre del 50% la spesa annua sostenuta per attività “esclusivamente” di formazione rispetto a quella sostenuta nel 2009.

Gli atti posti in essere in violazione di tali disposizioni costituiranno illecito disciplinare e determineranno responsabilità erariale.

Il legislatore della legge di conversione ha inserito l’inciso “esclusivamente” di formazione.

Non appare chiaro quale altre spese nella dizione “spese di formazione” avrebbero potuto essere considerate e quale, quindi, sia stato il motivo per cui è stato inserito l’avverbio “esclusivamente”.

Non sembrerebbe logico, ad esempio, considerare eventuali spese di aggiornamento e informazione non qualificabili come “formazione”, altrimenti le uniche spese di formazione potrebbero essere quelle di qualificazione professionale e, quindi, la norma sarebbe di fatto svuotata di contenuto.

Tra l’altro, proprio in un momento in cui gli enti sono chiamati a molti sacrifici economici, a lavorare presumibilmente con sempre maggiori carenze d’organico e a rinunciare anche a eventuali supporti esterni (come stabilito anche dal comma 7 sopra richiamato), tale disposizione che limita fortemente la possibilità di aggiornamento e formazione dei dipendenti pubblici, appare poco logica.

Il legislatore richiama spesso il principio dell’autosufficienza degli organici della P.A. e al contempo richiede ai dipendenti pubblici di essere sempre più competenti e professionali, ma impone di limitare del 50% le spese di formazione.

Non sempre gli interventi legislativi sembrano coerenti e seguire il buon senso.

Spese auto di servizio

Il comma 14 ha stabilito che dal 2011 le Amministrazioni pubbliche, tra cui gli enti locali, dovranno ridurre del 20% le spese sostenute per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture, nonché per l’acquisto di buoni taxi, rispetto a quella sostenuta nel 2009.

Tale limite potrà essere derogato, con riferimento al solo 2011, nel caso in cui siano in essere contratti pluriennali.

Saranno esclusi da tale riduzione le spese relative alle autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica (quindi anche dei vigili urbani).

Il comma 20 ha stabilito che tali disposizioni non si applicheranno in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli Enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiranno disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica.

Gli Enti Locali, non essendo richiamati espressamente da tale disposizione, saranno vincolati al rispetto di tali norme.

Il comma 21, che impone alle P.A. di versare le somme provenienti dalle riduzioni di spesa imposte dalla norma in commento nel bilancio dello Stato, ovviamente non si applica agli enti locali.

Segretari comunali e provinciali

Art. 7 – Soppressione ed incorporazione di enti ed organismi pubblici; riduzione dei contributi a favore di enti

(commi 31-ter/31-septies)

Il Legislatore nella legge di conversione ha aggiunto i commi 31-ter/31-octies alla norma in commento, sopprimendo l’Agenzia dei segretari, modificando alcune disposizioni del Tuel e stabilendo di fatto “un ritorno al passato” per i segretari degli enti locali.

La norma ha stabilito infatti che dal 31 luglio 2010 è stata soppressa l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali, istituita dall’art. 102 del Tuel.

Tutti i rapporti in essere facenti capo all’Agenzia sono trasferiti al Ministero dell’interno, comprese le risorse strumentali e di personale ivi in servizio, comprensive del fondo di cassa.

Con Decreto dello stesso Ministro dell’interno saranno stabilite le date di effettivo esercizio delle funzioni trasferite e saranno individuate le risorse umane, strumentali e finanziarie riallocate presso il Ministero.

I dipendenti a tempo indeterminato saranno inquadrati nei ruoli del Ministero dell’interno, sulla base di apposita tabella di corrispondenza approvata con il medesimo decreto.

I dipendenti trasferiti manterranno il trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell’inquadramento.

AI fine di garantire la continuità delle attività di interesse pubblico facenti capo all’Agenzia, fino al perfezionamento del processo di riorganizzazione, l’attività svolta dalla stessa continuerà ad essere esercitata presso la sede e gli uffici a tal fine utilizzati.

Il contributo a carico degli enti locali, previsto dal comma 5 dell’art. 102 del Tuel sarà soppresso dal 1° gennaio 2011 e da quella data saranno corrispondentemente ridotti i contributi ordinari a favore degli stessi enti, per essere destinati alla copertura degli oneri derivanti dalla soppressione dell’Agenzia.

I criteri della riduzione saranno definiti con Decreto del Ministro dell’interno che dovrà essere adottato entro il 28 ottobre 2010 (90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione).

Sono stati abrogati gli artt. 102 e 103 del Tuel e tutti i richiami all’Agenzia sono da intendere riferiti al Ministero dell’interno.

Art. 9 – Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico

Retribuzioni e rinnovi contrattuali

Il comma 1 ha stabilito che per il 2011-2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti delle P.A., tra cui gli Enti Locali, anche di qualifica dirigenziale, compreso il trattamento accessorio, non potrà superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante nel 2010, “al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno”, fermo in ogni caso quanto previsto per le progressioni di carriera comunque denominate (comma 21, terzo e quarto periodo) – “maternità, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio”, fatto salvo l’indennità di vacanza contrattuale (comma 17, secondo periodo) e quanto previsto per il personale del comparto scuola (ex art. 8, comma 14).

Tale disposizione è stata modificata dalla legge di conversione che ha in qualche modo “stemperato” il testo della norma originaria del decreto.

In particolare, il legislatore ha precisato che dal 2011 al 2013 le retribuzioni dei pubblici dipendenti saranno bloccate a quanto da ciascun dipendente percepito nel 2010.

Al fine del computo della retribuzione che costituirà il quantum massimo percepibile da ciascun dipendente non devono essere considerati:

–        eventuali arretrati contrattuali;

–        affidamento di incarichi, ad esempio di PO o funzioni dirigenziali o conseguimento della qualifica dirigenziale in corso d’anno 2010;

–        le indennità accessorie, ma fisse (turno, rischio, disagio, etc.) legate all’espletamento di determinate attività, e lo straordinario;

–        eventi quali maternità, malattia o altro evento che abbiano determinato ad esempio nel 2010 una decurtazione del trattamento retributivo. In tal caso, il quantum massimo nel 2011 non dovrà essere costituito da quanto effettivamente percepito nel 2010, ma da quanto avrebbe dovuto essere percepito in assenza degli eventi (malattia, maternità o altro) che hanno determinato una decurtazione della retribuzione: Pensiamo ad esempio al caso di una dipendente, incaricata di PO, che nel 2010 sia stata per gran parte assente per maternità, alla stessa sarà stata erogata l’indennità di posizione, ma quella di risultato potrebbe essere stata erogata eventualmente solo in parte o per niente, proprio in virtù dell’assenza prolungata dal servizio. La stessa dipendente al rientro in servizio nel 2011 potrà percepire eventualmente anche l’indennità di risultato, ovviamente a seguito di valutazione positiva del proprio operato, senza che la minor retribuzione percepita nel 2010 possa costituire alcun impedimento.

Il legislatore in sede di conversione ha aggiunto inoltre l’inciso “fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate”.

Il terzo periodo del comma 21 si riferisce al personale in regime di diritto pubblico (magistrati, personale militare e altri, ex art. 3, Dlgs. n. 165/01), pertanto, tale richiamo non riguarda i dipendenti degli enti locali.

Al contrario il quarto periodo del comma 21, della norma in commento, stabilisce che “per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici”.

Tale inciso, considerato che per personale contrattualizzato si intende quello in regime di pubblico impiego “privatizzato”, tra cui quello degli enti locali, sembrerebbe quindi essere applicabile anche ai dipendenti di tali enti.

Nella versione originaria del Decreto al comma 1 non vi era alcun richiamo al comma 21, il quale si applicava quindi esclusivamente ai dipendenti di cui all’art. 3 del Dlgs. n. 165/01, in esso richiamati.

Che interpretazione è possibile dare del novellato comma 1 dell’art. 9 in commento?

Sembrerebbe di fatto che il legislatore avesse stabilito che nel triennio 2011-2013 eventuali progressioni verticali (“di carriera comunque denominate”) disposte dagli enti possano essere attuate, ma non determineranno alcun effetto economico, ma soltanto giuridico.

Il legislatore, quindi, dopo aver introdotto norme particolarmente stringenti per le progressioni verticali (art. 24 Dlgs. n. 150/09), sembrerebbe avesse stabilito che anche nel caso in cui queste siano effettuate nel rispetto delle novellate disposizioni del Dlgs. n. 165/01 (art. 52, comma 1-bis, così come modificato dalla Riforma Brunetta), produrrebbero esclusivamente effetti giuridici e non economici.

Sembrerebbe quindi che per il triennio 2011-2013 siano bloccate dal punto di vista retributivo le progressioni verticali e quelle orizzontali?

Secondo una prima interpretazione testuale del comma 1 della norma in commento sembrerebbero bloccate, non potendo essere considerate quali “eventi straordinari della dinamica retributiva”, né “variazioni dipendenti da eventuali arretrati”, né “conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno”, ma anzi rientrando nel trattamento economico “ordinariamente” spettante, fondamentale e accessorio.

In attesa di eventuali norme di chiarimento, l’interpretazione più corretta potrebbe proprio essere quella letterale.

Il comma 2 ha previsto che, per tutti i dipendenti compresi i dirigenti, per gli stessi anni 2011-2013, le retribuzioni superiori a 90.000 euro lordi annui dovranno essere ridotte del 5% per la parte eccedente tale importo e fino a 150.000 euro.

Quelle superiori a 150.000 euro dovranno essere decurtate del 10% per la parte eccedente 150.000 euro.

A seguito di tale riduzione il trattamento economico complessivo non potrà comunque essere inferiore 90.000 euro lordi annui.

Tali decurtazioni non produrranno effetti ai fini previdenziali.

Inoltre, per i dirigenti “a contratto” anche degli enti locali, il Legislatore ha previsto che dal 31 maggio 2010 e fino al 31 dicembre 2013, i trattamenti economici complessivi non potranno essere superiori a quelli erogati al precedente titolare ovvero, in caso di rinnovo, dal medesimo titolare, ferma restando la riduzione prevista in precedenza.

E’ stato aggiunto il comma 2-bis all’art. 9 in commento, il quale stabilisce che dal 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l’ammontare complessivo del fondo incentivante, anche dei dirigenti, degli enti locali non potrà superare l’importo del 2010.

La norma impone inoltre che il fondo debba essere “automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio”.

Tale disposizione ha una portata dirompente.

E’ necessario comunque evidenziare che il legislatore con tale disposizione legifera in una materia che ai sensi dell’art. 45 del Dlgs. n. 165/01 è demandata alla contrattazione.

Negli ultimi tempi il legislatore ci ha abituato alla riduzione drastica delle competenze della contrattazione, tanto che sembrerebbe corretto parlare di “ripubblicizzazione” del pubblico impiego, ma forse l’unica competenza lasciata ai contratti, anche dopo l’entrata in vigore della Riforma Brunetta è (o forse faremmo meglio a dire era) il trattamento economico dei dipendenti.

In particolare, il nuovo comma 2-bis dell’art. 9 in commento dispone in termini esattamente contrari alle norme contrattuali del comparto enti locali che disciplinano le modalità di costituzione del fondo incentivante.

Anche la norma contenuta nell’art. 6-bis del Dlgs. n. 165/01 impone la riduzione del fondo incentivante, ma a seguito di processi di esternalizzazione o affidamento in appalto o concessione di servizio, in conseguenza cioè di attività o servizi che l’ente non svolge più direttamente con il proprio personale.

La nuova disposizione, che non può non essere letta in stretta correlazione con le norme dell’art. 14 e del così detto blocco del turn over, impone agli enti, a seguito di eventuali cessazioni, non sostituibili e di conseguente riduzione del personale in servizio, a parità (perché no) di servizi e attività erogate e garantite dal restante personale, che a quest’ultimo sia ridotta la produttività.

La norma del Ccnl. del comparto enti locali prevede, al contrario, che il fondo debba essere ridotto solo a seguito di riduzione della dotazione organica, secondo il principio che il minor numero di dipendenti che garantisce le stesse prestazioni svolte in precedenza da un numero maggiore di dipendenti in servizio abbia diritto a percepire una produttività maggiore, essendo maggiori le prestazioni realizzate.

Il comma 3 ha stabilito che, sempre per tali dirigenti, dal 31 maggio 2010 non saranno applicate le disposizioni normative e contrattuali che autorizzano la corresponsione, a loro favore, di una quota dell’importo derivante dall’espletamento di incarichi aggiuntivi.

La legge di conversione non ha modificato il comma 4, che ha previsto che i rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle P.A. per il biennio 2008-2009 non potranno, in ogni caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2%.

Tale disposizione “si applica anche ai contratti ed accordi stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto”, pertanto, anche al contratto del 31 luglio 2009 del Comparto Enti Locali.

Le clausole contrattuali difformi “sono inefficaci a decorrere dalla mensilità successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto – quella di giugno 2010 – e i trattamenti retributivi saranno conseguentemente adeguati”.

L’unico Comparto contrattuale escluso è quello sicurezza-difesa e dei Vigili del fuoco.

Sarebbe stato quanto meno opportuno che il legislatore avesse fatto chiarezza sulle modalità applicative di tale disposizione, ma così non è stato.

La maggior parte degli enti ha ritenuto che l’aumento percentuale delle retribuzioni da considerare non potesse che essere quello complessivo previsto dal nuovo contratto e non ha calcolato gli effettivi aumenti determinati alle retribuzioni dei dipendenti a seguito dell’applicazione del Ccnl. 31 luglio 2009.

I commi 5-12 si applicano agli Enti di ricerca, alle P.A. centrali e agli Enti pubblici non economici (ex art. 1, comma 523, Legge n. 296/06).

“Mancano” ancora i commi 13 e 14 (dal comma 12 il testo del Decreto “passa” ai commi 15 e 15-bis che si applicano al Comparto scuola.

Il comma 16 al Comparto Sanità.

Il comma 17 ha stabilito che “non si dà luogo, senza possibilità di recupero, alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012” per il personale delle P.A., tra cui gli enti locali, fatta salva l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale a decorrere dal 2010, secondo le modalità previste dalla Finanziaria 2009 (dal mese di aprile, ex art. 2, comma 35, Legge n. 203/08).

Tale norma ha stabilito di fatto il blocco non solo degli aumenti contrattuali, ma soprattutto della contrattazione del 2010-2012, imponendo di fatto uno stop anche alla Riforma Brunetta, che per la parte relativa all’utilizzo della produttività per la valorizzazione del merito (cioè forse la parte più importante della Riforma) non potrà essere attuata senza l’aggiornamento dei contratti, ai quali spetta in via esclusiva la disciplina dei trattamenti economici dei dipendenti.

I commi 18-27 non si applicano agli enti locali.

Il comma 28 non si applica ai dipendenti degli enti locali, in quanto il legislatore richiama espressamente “le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali (…), gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici, di cui all’art. 70, comma 4, del Dlgs. n. 165/01”.

Tale norma impone il blocco del 50% rispetto alla spesa sostenuta nel 2009 dei contratti a tempo determinato.

Tali disposizioni costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

Anche in tal caso il legislatore non ha richiamato gli enti locali, che pertanto, sono esclusi dall’applicazione di tale norma.

Il legislatore ha previsto che nel caso in cui le amministrazioni nel 2009 non abbiano sostenuto spese per le finalità previste ai sensi della disposizione in commento, il limite di spesa deve computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009.

Tale disposizione contiene una clausola “di chiusura” che potrebbe essere applicata da parte di tutti gli enti per l’applicazione di tutti i limiti di spesa previsti nella Decreto, ogni qual volta nel 2009 gli enti non abbiano sostenuto determinate spese che il legislatore vuol limitare dal 2011.

Per il comma 29 vedi società partecipate.

Il comma 30 non si applica agli enti locali.

Il comma 31 non si applica al personale degli enti locali.

Tale disposizione infatti concerne  i trattenimenti in servizio previsti dall’art. 72 del Dl. n. 112/08, secondo le procedure disciplinate dai commi da 7 a 10 della stessa norma.

L’art. 72 non si applica ai dipendenti degli enti locali, in quanto dispone in merito al trattenimento in servizio dei dipendenti delle “amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali (…), gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici, di cui all’art. 70, comma 4, del Dlgs. n. 165/01”.

Soltanto il comma 11 del Dl. n. 112/08 (non richiamato dal comma 31 in commento) si applica agli enti locali, in quanto stabilisce che per gli anni 2009, 2010 e 2011, “le P.A., di cui all’art. 1, comma 2, del citato Decreto n. 165/01” possono, a decorrere dal compimento dell’anzianità massima contributiva di quaranta anni del personale dipendente, risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro e il contratto individuale, anche del personale dirigenziale, con un preavviso di sei mesi, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici.

Il comma 31 in commento richiama espressamente “i trattenimenti in servizio previsti dalle predette disposizioni (commi 7-10 dell’art. 72 del Dl. n. 112/08) possono essere disposti esclusivamente nell’ambito delle facoltà assunzionali consentite dalla legislazione vigente in base alle cessazioni del personale e con il rispetto delle relative procedure autorizzatorie”.

Tale disposizione non si applica ai trattenimenti in servizio dei magistrati (art. 16, comma 1-bis, Dlgs. n. 503/92.

Non si applica agli enti locali neppure la disposizione contenuta nell’art. 16, comma 1, del citato Decreto n. 503/92 (modificato dal comma 7, dell’art. 72, del Dl. n. 112/08, in quanto l’inciso che riguardava le P.A. di cui all’art. 1 , comma 2, del Dlgs. n. 165/01 (tra cui gli enti locali) è stato soppresso dall’art. 33 del Dl. n. 223/06.

Il comma 32 stabilisce che le P.A. che alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, anche in dipendenza dei processi di riorganizzazione, non intendono, anche in assenza di una valutazione negativa, confermare l’incarico conferito al dirigente, possono conferire al medesimo dirigente un altro incarico, anche di valore economico inferiore.

Il comma 36 ha stabilito che per gli enti di nuova istituzione, non derivanti da processi di accorpamento o fusione di precedenti organismi, limitatamente al quinquennio decorrente dall’istituzione, le nuove assunzioni, previo esperimento delle procedure di mobilità, fatte salve le maggiori facoltà assunzionali eventualmente previste dalla legge istitutiva, possono essere effettuate nel limite del 50% delle entrate correnti ordinarie aventi carattere certo e continuativo e, comunque nel limite complessivo del 60% della dotazione organica.

A tal fine, gli enti dovranno predisporre piani annuali di assunzioni da sottoporre all’approvazione da parte dell’ente vigilante d’intesa con il Dipartimento della Funzione Pubblica ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Tale disposizione sembrerebbe applicabile ad esempio alle Aato o agli enti locali (province) costituiti dal 2005 ad oggi.

Art. 12 – Interventi in materia previdenziale

Il comma 1 ha stabilito che dal 2011 cambieranno le decorrenze della pensione di vecchiaia per coloro che raggiungeranno i limiti di età, secondo le seguenti modalità:

a)      per i lavoratori dipendenti, la decorrenza sarà fissata 12 mesi dopo il momento del raggiungimento dei requisiti di età e di contribuzione;

b)      per i lavoratori autonomi e per gli iscritti alla gestione separata inps, la decorrenza sarà fissata in 18 mesi dalla data di maturazione dei requisiti necessari;

Tali limiti non si applicano al comparto scuola in quanto la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno (art. 59, comma 9, della Legge n. 449/97).

I limiti di età, sopra richiamati, per il settore privato sono:

–        per gli uomini 65 anni;

–        per le donne 60 anni;

nel settore pubblico sono:

–        per gli uomini 65 anni;

–        per le donne 61 anni nel 2010, 62 anni nel 2011 e un incremento pari ad un anno per ogni biennio, fino al raggiungimento di 65 anni (ex art. 22-ter Dl. n. 78/10).

Il comma 2 ha stabilito che tale sistema avrà valenza anche per coloro che matureranno il diritto alla pensione di anzianità dal 1° gennaio 2011, ma che non avranno raggiunto i limiti di età di cui al comma 1.

Il comma 7 che l’indennità di buonuscita, del premio di servizio, del trattamento di fine rapporto e di ogni altra indennità equipollente corrisposta una-tantum, comunque denominata spettante a seguito di cessazione a vario titolo dall’impiego, sarà effettuata:

a)      in un unico importo annuale, nel caso in cui l’ammontare complessivo, al lordo delle relative trattenute fiscali, sarà complessivamente pari o inferiore a 90.000 euro;

b)      in due importi annuali se l’ammontare complessivo, al lordo delle relative trattenute fiscali, sarà complessivamente superiore a 90.000 euro ma inferiore a 150.000 euro. Il primo importo annuale sarà pari a 90.000 euro e il secondo all’ammontare residuo;

c)      in tre importi annuali nell’ipotesi in cui l’ammontare complessivo, al lordo delle relative trattenute fiscali, sarà complessivamente uguale o superiore a 150.000 euro. Il primo importo annuale sarà pari a 90.000 euro, il secondo a 60.000 euro e il terzo all’ammontare residuo.

Il comma 9 ha stabilito che le nuove disposizioni, relative alla rateizzazione della liquidazione, non saranno applicate ai collocamenti a risposo per limiti di età che avverranno entro il 30 novembre 2010 e per le prestazioni scaturenti dalle domande di cessazione dall’impiego presentate e accolte prima del 31 maggio 2010, a condizione che la cessazione avvenga entro il 30 novembre 2010.

Il comma 10 ha stabilito che a decorrere dal 1° gennaio 2011 sarà esteso anche ai dipendenti degli enti locali (ex art. 1, comma 3, Legge n. 196/09) il calcolo della liquidazione secondo le regole disciplinate dall’art. 2120 (“Disciplina del Trattamento di fine rapporto”) c.c., con l’applicazione dell’aliquota del 6,91%.

La Legge di conversione ha introdotto i commi da 12-bis a 12-terdecies.

I commi 12-bis e 12-ter hanno stabilito che dal 1° gennaio 2015 i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva, i requisiti anagrafici di 65 anni e di 60 anni per il conseguimento della pensione di vecchiaia dovranno essere aggiornati con cadenza triennale.

Dal 2013 l’Istat dovrà rendere disponibile, entro il 30 giugno di ogni anno, il dato relativo alla variazione nel triennio precedente della speranza di vita accertato dall’Istat in relazione al triennio di riferimento. In sede di prima applicazione, questo aggiornamento non potrà superare i tre mesi e l’aggiornamento non dovrà essere effettuato nel caso di diminuzione della speranza di vita.

Il comma 12-quater ha disposto che l’adeguamento dei requisiti anagrafici dovrà essere applicato anche ai regimi pensionistici armonizzati e alle altre gestioni pensionistiche per cui siano previsti, alla data di entrata in vigore della legge di conversione (31 luglio 2010) requisiti diversi da quelli vigenti nell’assicurazione generale obbligatoria.

Nel caso in cui l’adeguamento triennale dei requisiti anagrafici comporti, con riferimento al requisito per il pensionamento di vecchiaia, un aumento dello stesso tale da superare di una o più unità il valore di 65, il coefficiente di trasformazione sarà esteso anche per le età corrispondenti a valori superiori a 65 anni (comma 12-quinquies).

Secondo quanto disciplinato dal comma 12-sexies, dal 1° gennaio 2010 il requisito anagrafico di 60 anni delle dipendenti della P.A. dovrà essere incrementato di un anno.

Tale requisito dovrà essere ulteriormente incrementato di quattro anni dal 1° gennaio 2012 ai fini del raggiungimento dell’età di 65 anni.

I risparmi che scaturiranno dall’applicazione di questa disposizione confluiranno nel Fondo a sostegno dell’economia reale presso la Presidenza del Consiglio, per sostenere le politiche sociali a favore delle lavoratrici.

Dal 1° luglio 2010 le ricongiunzioni delle posizioni assicurative dei dipendenti pubblici o privati, che non avranno maturato i requisiti per andare in pensione, non saranno più gratuite, ma avranno lo stesso costo del riscatto dei corsi universitari di studio.

Art. 13 – Casellario dell’assistenza

Il comma 1 ha stabilito che dovrà essere istituito presso l’Inps un casellario dell’assistenza, consistente in una banca dati che raccoglierà le informazioni sui redditi e sugli elementi relativi ai soggetti che hanno diritto alle prestazioni assistenziali.

Il casellario costituisce l’anagrafe generale delle posizioni assistenziali e delle relative prestazioni, condivisa tra tutte le amministrazioni, tra cui gli enti locali, e gli organismi gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, che dovranno fornire obbligatoriamente i dati e le informazioni contenute nei propri archivi e banche dati, per la realizzazione di una base conoscitiva per la migliore gestione della rete dell’assistenza sociale, dei servizi e delle risorse (comma 2).

Il comma 3 della norma in commento ha disposto che le informazioni dovranno essere raccolte attraverso gli enti interessati, i quali dovranno trasmettere, obbligatoriamente in via telematica, i dati e le informazioni relative a tutte le posizioni contenute nei propri archivi e banche dati, secondo le modalità che saranno stabilite dall’Inps.

Le modalità di attuazione dovranno essere disciplinate con Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (comma 4).

L’Inps e le P.A. interessate, tra cui gli enti locali, dovranno provvedere all’attuazione di quanto previsto da tale norma con le risorse umane e finanziarie a disposizione (comma 5).

Art. 14 – Patto di stabilità interno ed altre disposizioni sugli Enti territoriali

Limiti in materia di assunzione di personale

Il comma 3 ha stabilito che in caso di mancato rispetto del patto di stabilità 2010, e anche degli anni successivi, i trasferimenti dovuti agli enti locali inadempienti saranno ridotti, nell’anno successivo, in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l’obiettivo programmatico predeterminato.

La riduzione sarà effettuata con Decreto del Ministero dell’Interno a valere sui trasferimenti corrisposti dallo stesso Ministero, con esclusione di quelli destinati all’onere di ammortamento dei mutui.

A tal fine, il Ministero dell’Economia dovrà comunicare entro i 60 giorni successivi al termine stabilito per la trasmissione della certificazione relativa al patto di stabilità, l’importo della riduzione da operare per ogni singolo Ente.

In caso di mancata trasmissione da parte dell’Ente della certificazione relativa al Patto, verranno azzerati automaticamente i trasferimenti spettanti, fatto salvo per quelli destinati all’ammortamento dei mutui.

In caso di insufficienza dei trasferimenti, ovvero nel caso in cui fossero stati in parte o in tutto già erogati, la riduzione verrà effettuata a valere sui trasferimenti degli anni successivi.

Il comma 5 ha stabilito che tali disposizioni “modificano quanto stabilito in materia di riduzione di trasferimenti statali dall’art. 77-bis, comma 20, del Dl. n. 112/08 (…) e integrano le disposizioni recate dall’art. 77-ter, commi 15 e 16, dello stesso Decreto”.

Il comma 7 ha modificato il comma 557 dell’art. 1, della Finanziaria 2007, che disciplina i vincoli in materia di assunzione per gli Enti assoggettati al Patto di stabilità, e inoltre ha introdotto, secondo la nuova formulazione dettata dalla Legge di conversione, i commi 557-bis e 557-ter.

Il novellato comma 557 stabilisce che gli Enti Locali devono assicurare la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle Amministrazioni e dell’Irap, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell’ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento:

a) riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei lavoratori cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile;

b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici, con l’obiettivo di ridurre l’incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organici;

c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le Amministrazioni statali.

A tal fine, costituiscono spese di personale anche quelle sostenute per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per la somministrazione di lavoro, per il personale di cui all’art. 110 del Tuel, nonché per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all’Ente.

Il Legislatore ha introdotto nel comma 557 la definizione di spesa di personale contenuta nell’art. 76, comma 1, del Dl. n. 112/08, che infatti è stato abrogato.

In caso di violazione di tali norme si applicherà agli Enti il divieto imposto in caso di mancato rispetto del Patto (art. 76, comma 4, Dl. n. 112/08).

Gli Enti non potranno cioè assumere personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di co.co.co. e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto.

Gli Enti, inoltre, non potranno stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi di tale divieto.

Il Legislatore ha abrogato alcuni commi dell’art. 76 del Dl. n. 112/08, il comma 1 (definizione di spese di personale), il comma 2 [norma che sospendeva l’efficacia della deroga ai vincoli di spesa per nuove assunzioni per i comuni non assoggettati al Patto (art. 3, comma 121, Legge n. 244/07, soppresso dal comma dell’art. 14 in commento) e che permetteva a quelli con meno di 10 dipendenti di poter derogare a tali limiti, contenuti nel comma 562 della Finanziaria 2007] e il comma 5 che imponeva agli Enti sottoposti al Patto di ridurre l’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, con particolare riferimento alle dinamiche di crescita della spesa per la contrattazione integrativa (comma 8).

Il comma 9 della norma in commento ha novellato anche il comma 7 del citato art. 76 “a far data – però – dal 1° gennaio 2011”.

Il novellato comma 7 dell’art. 76 del Dl. n. 112/08 stabilisce che gli Enti nei quali l’incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 40% delle spese correnti non potranno procedere a nuove assunzioni a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale.

Gli Enti che avranno tale percentuale al di sotto del 40% potranno assumere nel limite del 20% della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente.

Tale nuovo stringente vincolo si applica, come detto, dal 1° gennaio 2011 e con riferimento alle cessazioni verificatesi nel 2010, mentre fino al 31 dicembre 2010 gli Enti potranno assumere nel caso in cui, rispettando comunque gli altri limiti di spesa di personale, avranno tale percentuale al di sotto del 50%.

Il comma 10 ha definitivamente soppresso il terzo periodo del comma 562 dell’art. 1 della Finanziaria 2007, che disciplina la deroga ai vincoli in materia di spesa di personale per i comuni non assoggettati al Patto, norma che ha avuto efficacia soltanto per pochi mesi (1° gennaio 2008 – 25 giugno 2008).

Il comma 11 ha stabilito che le province e i comuni con più di 5.000 abitanti potranno escludere dal saldo rilevante, ai fini del rispetto del patto per il 2010, i pagamenti in conto capitale effettuati entro il 31 dicembre 2010 per un importo non superiore allo 0,78% dei residui passivi in conto capitale risultanti dal rendiconto dell’esercizio 2008, a condizione che abbiano rispettato il Patto nel 2009.

Per il 2010 non saranno applicati i commi 23, 24, 25 e 26 dell’art. 77-bis del Dl. n. 112/08, che premiavano gli Enti virtuosi, stabilendo che in caso di rispetto del Patto gli stessi potevano, “nell’anno successivo a quello di riferimento, escludere dal computo del saldo un importo pari al 70% della differenza, registrata nell’anno di riferimento, tra il saldo conseguito dagli enti inadempienti al patto di stabilità interno e l’obiettivo programmatico assegnato”.

Pertanto, gli Enti che hanno rispettato il Patto 2009, nel 2010 non potranno avere il vantaggio previsto dal comma 23 del citato art. 76.

Il Legislatore ha previsto che per il 2010 ai Comuni sia attribuito un contributo di 200 milioni da ripartire con Dm. e i criteri di ripartizione dovranno tener conto della popolazione e del rispetto del patto.

Tali contributi non dovranno essere conteggiati tra le entrate valide ai fini del Patto stesso.

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