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Società: gli Enti non possono più “finanziare” le loro partecipate


Dl n. 78 del 31 maggio 2010, Art. 6, comma 19
di Roberto Camporesi, Commercialista, associato Studio Boldrini di Rimini

Il Governo interviene anche sulle modalità di finanziamento delle società partecipate da Pubbliche amministrazioni contenendo gli aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito e garanzie concesse dagli stessi soci.

La norma fa riferimento ad esigenze di “maggior efficienza” delle società pubbliche e tiene conto dei principi comunitari in termini di economicità e concorrenza. Tali ultimi riferimenti sono peraltro d’obbligo in quanto diversamente lo Stato non avrebbe capacità legislativa sul tema dei modelli organizzativi di regioni, provincie e comuni.

Il divieto imposto dalla norma può essere letto come un ulteriore intervento chiarificatore in tema di società pubbliche che presentano perdite di esercizio: elemento ritenuto foriero di patologie insanabili da parte della società medesima.

Occorre ricordare che la perdita di esercizio è il risultato del conto economico, che misura la riduzione del patrimonio  netto per effetto della gestione sotto il profilo qualitativo, è rappresentata dall’eccedenza dei componenti di reddito negativi (solitamente denominati costi) rispetto ai componenti positivi (solitamente denominati ricavi) e determina una misura che prescinde da aspetti finanziari, come invece avviene nella contabilità dei soci pubblici di tali società.

Inoltre la perdita di esercizio, negli studi di economia di azienda non è di per sé un elemento patologico ma un segnale che in alcune circostanze è del tutto fisiologico come avviene nelle fasi di star up delle società o degli investimenti che poi attraverso la gestione successiva verranno ricoperte dagli utili attesi.

Anche la norma in esame coglie l’aspetto di mera segnalazione indicativa e fa riferimento alle società che registrano perdite consecutive per tre esercizi, ancorché coperte in corso d’anno con riserve disponibili.

Si tratta dunque di società che presentano una situazione che sta cronicizzandosi sotto il profilo economico e che non può essere mascherata con coperture che utilizzano il patrimonio disponibile senza indagare ed affrontare le cause economiche.

Il divieto è indirizzato alle Pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 3, della Legge n. 196/09 soci di società “pubbliche” non diversamente qualificate e quindi ricomprendenti sia le società di capitali, le società cooperative, le società consortili. Non è invece applicabile alle fondazioni, associazioni, aziende speciali e consorzi di enti pubblici.

Le operazioni vietate riguardano:

– gli aumenti di capitale, ad esclusione di quelli di cui all’art. 2447 C.C., vale a dire quelli per ripristinare il capitale sociale al limite legale, condizione necessaria per mantenere in vita la società;

– trasferimenti straordinari, intendendo trasferimenti a titolo eccezionale e quindi non legati a contingenti esigenze gestionali che potrebbero individuarsi in conferimenti in denaro od in natura che non confluiscono a capitale ma a riserva di patrimonio, contributi in conto capitale ecc.;

– aperture di credito: in generale i finanziamenti anche a titolo gratuito che il socio può effettuare, se previsto nello statuto, a favore della società cui partecipa;

– il rilascio di garanzie: ad esempio fidejussioni per garantire debiti contratti dalla società partecipata con il sistema bancario

Il divieto contemplato dalla norma trova comunque una deroga espressa nel caso in cui – letteralmente “sono in ogni caso consentiti” – i trasferimenti avvengano a fronte di (i) convenzioni, (ii) contratti di servizio, (iii) contratti di programma  relativo allo svolgimento di:

– servizi di pubblico interesse  ovvero per

– la realizzazione di investimenti.

La seconda parte della norma in esame fa riferimento ad eventi eccezionali  per i quali può essere richiesta autorizzazione per dare corso  alle operazioni vietate attraverso una procedura alquanto complesso e del tutto inusuale per gli enti locali.

Dalla disposizione in commento si traggono alcune regole che attengono al più vasto fenomeno dei corretti comportamenti che l’ente pubblico deve tenere quando si trova di fronte ad una propria società in perdita.

Per completezza si osserva che nel nostro ordinamento trovano altresì riferimenti normativi:

a) le fattispecie che consentono all’ente locale di ricorrere all’indebitamento per finanziare le proprie società: art. 3, comma 19, della legge finanziaria 2003, norma di interpretazione autentica dell’art. 119 della Cost.;

b) le fattispecie della ricapitalizzazione delle società che gestiscono servizi pubblici locali attraverso debiti fuori bilancio riconoscibili ex art. 194 del Tuel (D.lgs. n. 267/2000)

Circa le modalità di copertura delle risorse finanziarie destinate alle operazioni di ricapitalizzazione e/o copertura di perdite di partecipate emerge la disposizione dell’art. 3 comma 18 della Legge finanziaria 2004 (legge n. 350/03 citata) che prevede che gli enti “… non possono ricorrere all’indebitamento per il finanziamento di conferimenti rivolti alla ricapitalizzazione di aziende o società finalizzata al ripiano di perdite. A tale fine l’istituto finanziatore, in sede istruttoria, è tenuto ad acquistare dall’ente l’esplicitazione specifica dell’investimento da finanziare e l’indicazione che il bilancio dell’azienda  o della società partecipata, per la quale si effettua l’operazione, relativo all’esercizio finanziario precedente l’operazione di conferimento di capitale, non presenta una perdita di esercizio.

Emerge l’orientamento che afferma la natura sostanziale delle spese per ripiano,  e che ritiene che, ferma restando la destinazione a capitale delle somme finalizzate al ripiano, esse non rappresentano un investimento in senso proprio (Corte costituzionale sent. n. 425/04), trattandosi di spesa non finanziabile attraverso il ricorso al debito. Ha affermato la Corte dei conti che, al di là della qualificazione formale, è da ritenersi, che, sotto il profilo sostanziale, in conformità ai canoni di sana gestione, le spese per ripiano di perdite e ricapitalizzazioni di organismi partecipati debbano essere considerate spesa corrente, e, come tali, essere tenute in considerazione nel calcolo dei saldi di comparto ( Corte Conti sezione regionale Abruzzo, sent. n. 1/08). Inoltre, il ricorso all’alienazione di beni patrimoniali disponibili per far fronte agli oneri finanziari connessi al ripiano di perdite e a ricapitalizzazioni, anche a prescindere dall’aver fatto ricorso al debito per l’acquisto del bene patrimoniale, solo formalmente rispetta il principio sanzionato dal richiamato art. 119 Cost., in quanto l’utilizzo dell’entrata in conto capitale per spese correnti comporta che per le spese d’investimento occorra far ricorso all’indebitamento, con incremento delle passività patrimoniali e degli oneri finanziari a carico di ogni esercizio, ovvero che non si possa ridurre il debito residuo preesistente (S.R. Abruzzo n. 587/07).

Circa il finanziamento della perdita di esercizio quale debito fuori bilancio “legittimamente riconoscibile” ex art. 194 Tuel, si riporta quanto stabilito dall’Osservatorio per la finanza locale (nota integrativa al principio contabile n. 2  relativo ai debiti fuori bilancio approvata il 3/04/2008)

Punto 16

Il debito riconoscibile di cui alla lettera c) dell’art. 194, comma 1, del Tuel è quello derivante da ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, delle sole società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali.

Il termine ricapitalizzazione identifica un’azione specifica, di ricostituzione del capitale deliberato dai soci per la costituzione della società, normativamente disciplinata e non è suscettibile di interpretazione estensiva ad altre fattispecie di ripianamento di perdite d’esercizio.

La posizione debitoria non è riconoscibile nel caso di società di capitali non costituite per l’esercizio di servizi pubblici.

Punto 17

La formulazione della lettera c) dell’art. 194 del Tuel comporta che può essere riconosciuta la tipologia di debito fuori bilancio ivi prevista soltanto laddove la reintegrazione del capitale sociale della società di cui l’Ente possiede una quota, avvenga nelle forme e nei limiti della disciplina di cui al codice civile o di altre norme speciali cui il legislatore fa espresso rinvio.

Il riconoscimento del debito deve prevedere anche una valutazione sulla progettazione e organizzazione dei controlli interni che devono ricomprendere il controllo sugli organismi partecipati e l’organizzazione del monitoraggio sull’andamento gestionale dei medesimi.

Con l’ultima norma contenuta nella Manovra si risolve ogni dubbio circa il fatto che le operazioni di investimenti possono essere attuate anche attraverso aumenti di capitale (ovvero trasferimenti eccezionali, aperture di credito e concessioni di garanzie) da parte degli enti locali a favore delle società partecipate anche in presenza di perdite di esercizio: risulta evidente infatti la distinzione fra un’operazione per la “ricapitalizzazione” di una società finalizzata alla copertura di perdita rispetto all’aumento di capitale per effettuare un investimento tramite la società partecipata.

Scarica il testo del Dl 78

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