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Urbanistica: i cittadini sono legittimati ad impugnare il Piano comunale contro l’inquinamento acustico


Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza n. 9301/09
di Alessio Tavanti

I cittadini possono impugnare il piano di zonizzazione acustica adottato dal Comune ove, anche a prescindere da un incidenza diretta sulle loro proprietà, dimostrino che le scelte pianificatorie incidono sul loro godimento e valore.

E’ questo il principio sancito dal Consiglio di Stato, con la Sentenza in commento, la quale ha respinto il ricorso presentato da un Comune e da una società proprietaria di un insediamento industriale, avverso la Sentenza di primo grado che aveva annullato gli atti relativi al suddetto piano.

In particolare, il contenzioso amministrativo traeva origine dalle censure mosse da un gruppo di cittadini costituiti in associazione al Piano nella sua concezione generale, nonché  rispetto al suo iter formativo, nei cui confronti erano state formulate numerose osservazioni peraltro disattese dal Comune che aveva provveduto ad approvarlo definitivamente.

Riproposte con ricorso dinanzi al Tar Piemonte, le suddette censure venivano ritenute fondate con conseguente annullamento del Piano.

Contro tale decisione il Comune e la società appellanti, riproponevano vari motivi di gravame tra i quali, in primo luogo, il difetto di legittimazione da parte degli originari ricorrenti ad impugnare il Piano sostenendo, contrariamente al Giudice di primo grado, a tale scopo non idonea la mera qualità di residenti sul territorio comunale.

Il Consiglio di Stato, ha ritenuto infondato il suddetto motivo di ricorso in quanto pur tenendo presente il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in materia di impugnazione dei piani territoriali, l’interesse a ricorrere deve di regola essere riferito alla titolarità di aree direttamente incise dalle scelte pianificatorie, “non è affatto escluso che i cittadini residenti nel Comune interessato possano impugnare anche parti del piano non riguardanti direttamente le loro proprietà, laddove dimostrino che le scelte pianificatorie incidono sul godimento e sul valore di esse” (cfr., ad esempio, Cons. Stato, Sez. IV, Sent. n. 5516 del 10 agosto 2004).

Principio valido, a maggior ragione, nel caso siano dedotti motivi di censura tali da travolgere il Piano nel suo complesso, in quanto afferenti l’impostazione di fondo dell’attività pianificatoria ovvero carenze istruttorie precedenti l’attività medesima.

Le stesse peculiarità del Piano in questione, inoltre, rendono ancor più forte detta esigenza che, stante la sua finalità tesa ad individuare il livello generale di inquinamento acustico consentito nel Comune, è per sua natura caratterizzato da un approccio globale, in cui le varie porzioni di territorio non possono essere considerate isolatamente, ma al contrario sono fortemente interdipendenti.

In tal senso è da intendersi il criterio fondamentale, che il legislatore statale ha inteso porre alle Regioni nella disciplina del Piano in questione, consistente nel divieto di contatto diretto di aree – anche appartenenti a Comuni diversi, ma confinanti – in cui vi sia un significativo discostamento nei valori di qualità individuati (art. 4, comma 1, lettera a), Legge n. 447/95).

Ulteriore motivo di impugnazione della sentenza, concerne l’indebito sindacato che il T.A.R. avrebbe esercitato sulle scelte pianificatorie.

In proposito, pur essendo innegabile l’ampio margine di discrezionalità riservato all’Amministrazione nel merito delle scelte da adottare in tale materia, è pur sempre riconosciuto il sindacato del Giudice amministrativo in presenza di gravi illogicità, irrazionalità o travisamenti che denuncino la sussistenza del vizio di eccesso di potere.

Ciò vale a fortiori laddove sia lo stesso legislatore a porre precisi limiti alla discrezionalità del pianificatore, come avviene nella specie con la previsione della necessità che la zonizzazione acustica del territorio tenga conto della destinazione d’uso esistente delle varie aree, ovvero col già richiamato divieto di contatto diretto fra aree aventi classificazione acustica sensibilmente diversa.

Tali argomenti, ad avviso del Consiglio di Stato, valgono ad affermare che, nel caso di specie, il Tar nella pronuncia di annullamento del piano, abbia rispettato i suddetti limiti senza incidere nel merito delle scelte di cui era titolare l’Ente.

I Giudici amministrativi hanno ritenuto, poi, privi di pregio gli argomenti dedotti dagli appellanti in ordine alla ritenuta illegittimità del Piano ove, senza tener conto della preesistente destinazione del territorio comunale, ha previsto un sensibile innalzamento dei valori di rumorosità delle varie porzioni di territorio, derivandone una tutela eccessiva agli insediamenti industriali esistenti in contrasto anche con la disciplina legislativa regionale in materia.

In proposito, l’Amministrazione appellante pur riconoscendo il generale innalzamento dei valori di qualità nel senso indicato dal Tar,  ha ritenuto tale scelta compatibile con le finalità del Piano di bilanciare l’interesse alla tutela dell’ambiente con quello alla tutela delle attività produttive esistenti.

Argomento questo che, data la scarsità di insediamenti produttivi, non è apparso idoneo a superare i puntuali rilievi svolti nella sentenza impugnata, secondo i quali le scelte in concreto operate più che tutelare gli impianti produttivi esistenti, hanno finito per penalizzare le aree a destinazione agricola.

Da ciò ne è derivata, di fatto, una zonizzazione acustica che non ha tenuto conto della destinazione d’uso esistente nelle varie aree del territorio, ma di quella che esse avrebbero potuto avere in futuro, con i connessi superiori livelli di rumore eventualmente sussistenti e col risultato di un piano che anziché tendere al risanamento dell’inquinamento ha finito per darne una legittimazione.

Del tutto inconsistenti sono state ritenute le ulteriori censure alla sentenza di primo grado nella parte in cui ha individuato specifici vizi nell’attività istruttoria, in particolare concernenti l’inadeguatezza delle cartografie utilizzate e la mancata rinnovazione  dei rilievi sull’intensità del traffico veicolare, precedente l’elaborazione del Piano.

Infatti, gli argomenti addotti dagli appellanti in proposito, ossia il fatto che il Comune è riuscito ad adottare il Piano in questione, nonché il fatto che l’Amministrazione provinciale e numerosi residenti sono stati in grado di formulare approfondite osservazioni non potevano valere in alcun modo a fornire la prova dell’adeguatezza ed esaustività dell’istruttoria compiuta, a fronte della violazione di una specifica direttiva nonché di puntuali rilievi in ordine all’inattendibilità di taluni dati posti a base della zonizzazione.

Alla luce della disamina dei motivi di appello presentati, il Consiglio di Stato ha ritenuto le argomentazioni addotte non idonee ad intaccare le motivazioni rese in primo grado  dal Tar e in conseguenza, ha respinto entrambi gli appelli, confermando integralmente la sentenza impugnata.

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