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Vigile urbano: è reato rifiutarsi di obbedire agli ordini impartiti dal Comandante


Corte di Cassazione, Sez. VI Penale, Sent. n. 38119/09
di Chiara Zaccagnini

Il vigile urbano che rifiuta di obbedire agli ordini che gli vengono impartiti dal superiore gerarchico, Comandante del corpo di appartenenza, è colpevole del reato di rifiuto di obbedienza, di cui all’art. 329 c.p.

Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, con la quale ha rigettato il ricorso presentato da un vigile avverso la sentenza di appello che aveva dichiarato il ricorrente colpevole del reato di cui all’art. 329 c.p.

Il ricorrente, agente di polizia municipale, era stato condannato dal Tar a due mesi e quindici giorni di reclusione (condanna convertita nella sanzione pecuniaria di € 2.850,00 di multa), in quanto aveva più volte rifiutato di adempiere agli ordini che gli erano stati impartiti dal Comandante, allontanandosi dall’ufficio senza giustificato motivo.

Avverso tale sentenza il dipendente comunale aveva proposto appello, chiedendo l’assoluzione e l’eliminazione dell’aggravante.

La Corte d’appello aveva confermato quanto deciso dal Tar, escludendo l’aggravante relativa all’aver commesso il fatto violando i doveri inerenti allo svolgimento di una pubblica funzione o di un pubblico servizio, prevista dall’art. 61 n. 9 c.p.

Il ricorrente ha proposto, infine, ricorso per Cassazione, chiedendo l’annullamento di tale decisione.

Nel caso di specie l’agente di polizia aveva rifiutato di effettuare un posto di controllo e due sopralluoghi presso attività artigiane del luogo, allontanandosi dall’ufficio senza giustificato motivo.

Secondo la giurisprudenza prevalente sono “soggetti attivi del reato di cui all’art. 329 c.p., da un lato, i militari, dall’altro lato, gli agenti della forza pubblica, comprendendo in tale categoria gli agenti di pubblica sicurezza, i carabinieri, le guardie di finanza, i vigili del fuoco, gli agenti di custodia e le persone ad essi equiparate, nonché tutti quegli organismi pubblici non militarizzati i cui dipendenti sono investiti di potestà di coercizione diretta sulle persone e sulle cose ai fini dell’ordine e della sicurezza pubblica”.

Pertanto, il c.d. rifiuto di obbedienza di cui all’art. 329 c.p., ha come destinatari, i militari e gli agenti

della forza pubblica, definizione che non ricomprende gli agenti della polizia giudiziaria, in quanto la qualità di agente della forza pubblica impone che il soggetto sia investito di un potere di coercizione diretta su persone o cose ai fini di tutela dell’ordine o della sicurezza pubblica.

Tale definizione porta ad escludere la sussistenza del reato tutte le volte che la condotta omissiva riguardi l’espletamento di un’attività meramente amministrativa.

L’art. 329 c.p. considera come fatto punibile il rifiuto di obbedienza agli ordini impartiti dalle componenti autorità, riferendosi non sono agli agenti della forza pubblica non militarizzata ma anche agli ordini emanati da autorità civili non sovrordinate e a quelli dei superiori gerarchici, ai quali il potere viene riconosciuto dai singoli ordinamenti interni.

“Tra poteri coercitivi, intesi come caratterizzati dal legittimo uso della forza in funzione del conseguimento di finalità di natura pubblica precisamente determinate, rientrano quelli connessi con i settori della pubblica amministrazione riservati per legge alla competenza dei vigili urbani e inerenti alla funzione istituzionale loro propria, e, in particolare, quelli relativi alla disciplina della circolazione stradale ed al controllo della regolarità degli esercizi commerciali”.

In conclusione, la Cassazione ha chiarito che commette il reato di rifiuto di obbedienza il vigile urbano che non adempie agli ordini impartiti dal superiore Comandante della polizia municipale, di instaurare un posto di controllo della circolazione stradale e di eseguire sopralluoghi per la verifica di regolarità degli esercizi commerciali, come nel caso di specie.

La Corte di Cassazione ha, quindi, rigettato il ricorso presentato dal vigile urbano in quanto privo di fondamento.

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