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Amministratori ex Ipab: è illegittima la decadenza automatica a seguito di nuove elezioni amministrative


Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza n. 6691/09
di Federica Caponi
Pubblicato sul Sole24Ore Online

Ex Ipab – Consiglio di Amministrazione – Nomina membri da parte del Sindaco – Elezioni amministrative comunali – Decadenza automatica Cda – Illegittimità – Sussiste

E’ illegittima la decadenza automatica dei membri del Consiglio di Amministrazione di un Istituto di assistenza anziani (ex Ipab), nominati dal Sindaco del Comune, a seguito di nuove elezioni amministrative che comportino il cambio dell’Amministrazione.

La cessazione anticipata da un incarico può avvenire soltanto a seguito dell’accertamento dei risultati conseguiti e nel rispetto del giusto procedimento, poiché il perseguimento dell’interesse connesso alla scelta delle persone più idonee all’esercizio delle funzioni pubbliche deve avvenire indipendentemente da ogni considerazione per gli orientamenti politici.

Ex Ipab – Membri Consiglio di Amministrazione – Nomina fiduciaria del Sindaco ex art. 50, comma 8 del Tuel – Elezioni amministrative comunali – Potestà di revoca da parte del nuovo Sindaco – Non sussiste

Sussiste un rapporto fiduciario tra Amministrazione comunale e Enti con attività collegate o rispetto ai quali sia prevista la nomina di amministratori da parte del Comune stesso.

Il rapporto fiduciario, tuttavia, non vuol dire coincidenza di orientamento politico o, addirittura, di opinione politica, in quanto tale relazione si deve misurare nel campo delle scelte concrete e nella adesione o meno agli indirizzi amministrativi e di gestione dell’Ente di riferimento.

L’art. 50, comma 8, del Dlgs. n. 267/00 stabilisce che spetta al Sindaco o al Presidente della Provincia, sulla base degli indirizzi stabiliti dal Consiglio, la nomina, la designazione e la revoca dei rappresentanti del Comune e della Provincia presso Enti, Aziende ed Istituzioni.

Il dettato del citato articolo del Tuel potrebbe essere interpretato nel senso di riconoscere in capo al Sindaco la competenza a revocare i rappresentanti del Comune in un Istituto di assistenza e beneficenza (ex Ipab) nominati dalla precedente Amministrazione, invocando la decadenza automatica degli stessi dalla carica, anche in ragione del venir meno del rapporto fiduciario che contrassegna incarichi di tale natura.

L’Istituto della decadenza automatica, il così detto spils system, non si accorda con le tradizioni, le regole, le prassi e i criteri comportamentali prevalenti nel nostro Paese, nonostante i tentativi, peraltro sporadici e asistematici, di introdurlo nel contesto nazionale.

La regola dello spoils system non può essere applicata al di là delle specifiche previsioni di legge.

Questi gli importanti principi ribaditi dal Consiglio di Stato nella Sentenza in commento, con la quale ha respinto l’appello presentato da un Sindaco avverso la Sentenza di primo grado del Tar che aveva dichiarato illegittimo l’atto di revoca dei membri del Consiglio di amministrazione di un Istituto di assistenza, nominati dalla precedente Amministrazione.

Nel caso di specie, a seguito delle elezioni amministrative, si era determinato in un’Amministrazione comunale, un cambio della maggioranza politico-amministrativa.

Il Sindaco neo eletto aveva invitato tutti i rappresentanti del Comune a rassegnare l’incarico conferito dalla precedente Amministrazione, affermando la sostanziale decadenza di tutte le nomine, effettuate durante il mandato elettivo, in corrispondenza con la cessazione dell’ufficio di Sindaco e lo scioglimento del Consiglio comunale.

Non avendo ricevuto le dimissioni, il Sindaco con proprio Decreto disponeva la revoca dei membri del Cda.

Tale atto veniva impugnato dagli interessati davanti al Tar, che accoglieva il ricorso, dichiarando che la competenza alla revoca era della Regione e comunque, in ogni caso, la mera indicazione del difforme orientamento dell’elettorato non poteva costituire causa necessaria e sufficiente per dare luogo alla procedura di revoca.

La Sentenza del Tar è stata impugnata dal Comune davanti al Consiglio di Stato, che ha confermato la pronuncia di primo grado, ritenendo illegittima la decadenza automatica dei rappresentanti del Comune presso Enti o Aziende a seguito di nuove elezioni amministrative.

La cessazione anticipata da un incarico può avvenire soltanto a seguito dell’accertamento dei risultati conseguiti, poiché la scelta dei soggetti idonei all’esercizio di pubbliche funzioni non può avvenire sulla base del mero riferimento a diversi orientamenti politici.

La questione di fondo

La questione sottoposta all’esame del Consiglio di Stato riguarda l’interpretazione dell’art. 50, comma 8 del Tuel, in forza del quale, sulla base degli indirizzi stabiliti dal Consiglio, il Sindaco provvede alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del Comune presso Enti, aziende ed istituzioni.

I Giudici amministrativi hanno affrontato la questione relativa alla verifica della sussistenza o meno in capo al Sindaco della competenza a revocare i rappresentanti del Comune in un Istituto di assistenza e beneficenza, nominati dalla precedente Amministrazione.

Il Consiglio di Stato ha preliminarmente chiarito che il riferimento all’ambito territoriale nel quale si sviluppa la vicenda in tale specifica materia, non è senza rilievo, posto che, a seguito di quanto previsto dai commi 2 e 7 dell’art. 25 del Dpr. n. 616/77, oltre che dalla modifica del Titolo V della Costituzione, le Regioni hanno variamente legiferato in materia di assistenza.

Nel caso di specie, infatti, la Regione si è costituita in giudizio contro il Comune, sostenendo la propria esclusiva competenza a revocare i componenti di istituzioni di assistenza.

Gli appellanti hanno sostenuto l’esistenza e l’operatività di una specifica causa di decadenza dei componenti nominati dall’Amministrazione comunale, in seno ad organismi, quali le Istituzioni di beneficenza e assistenza, in particolare ove si verifichi, a seguito di consultazione elettorale, il cambio della maggioranza consiliare, richiamando anche la Deliberazione del Consiglio comunale con cui erano stati definiti gli indirizzi per la disciplina delle nomine dei rappresentanti del Comune presso enti, aziende ed istituzioni.

L’approfondimento

Per quanto riguarda l’Istituto della decadenza automatica, parte della giurisprudenza ha affermato che l’art. 50, comma 8 del Tuel, non si limita a fissare le attribuzioni del Sindaco, ma definisce anche la regola (di portata generale e prevalente sulle norme statutarie anteriori dei diversi enti, aziende e istituzioni, che eventualmente stabilissero in senso difforme), secondo cui le nomine e le designazioni di rappresentanti delle Amministrazioni locali devono considerarsi di carattere fiduciario (Cons. Stato, Sez. V, Sent. n. 178/05).

Tali designazioni rifletterebbero il giudizio di affidabilità espresso attraverso la nomina, ovvero la fiducia sulla capacità del nominato di rappresentare gli indirizzi di chi l’ha designato, orientando l’azione dell’organismo nel quale si trova ad operare, in senso quanto più possibile conforme agli interessi di chi gli ha conferito l’incarico.

Ne conseguirebbe che la cessazione del mandato del Sindaco e lo scioglimento del Consiglio comunale, finirebbero per travolgere tutte le nomine effettuate durante il mandato elettivo.

La norma del Tuel sarebbe espressione per gli Enti Locali anche del principio della revocabilità dei rappresentanti dell’Amministrazione comunale (Tar Sardegna, Sent. n. 311/3).

Tale orientamento è da ritenersi superato dai rilievi espressi dalla Corte costituzionale.

La Consulta, in merito al così detto spoils system, ha chiarito che la cessazione anticipata da un incarico deve avvenire in seguito all’accertamento dei risultati conseguiti e nel rispetto del giusto procedimento, poiché il perseguimento dell’interesse connesso alla scelta delle persone più idonee all’esercizio della funzione pubblica deve avvenire indipendentemente da ogni considerazione per gli orientamenti politici (Corte Cost. Sent. n. 104/07).

La decadenza automatica non soddisfa l’esigenza di preservare un rapporto diretto fra organo politico e organo direttivo-gestionale.

La decadenza automatica dall’incarico a seguito del verificarsi di un evento – il cambio di Amministrazione – che è indipendente dal rapporto tra organo politico e organo di vertice, violano l’art. 97 della Costituzione, sotto il duplice profilo dell’imparzialità e del buon andamento dell’Amministrazione.

L’art. 97 della Costituzione, infatti, sottopone gli uffici pubblici ad una riserva (relativa) di legge, sottraendoli all’esclusiva disponibilità del governo.

La Corte Costituzionale ha costantemente affermato che “il principio di imparzialità stabilito dall’art. 97 della Costituzione – unito quasi in endiadi con quelli della legalità e del buon andamento dell’azione amministrativa – costituisce un valore essenziale cui deve informarsi, in tutte le sue diverse articolazioni, l’organizzazione dei pubblici uffici” (Corte Cost., Sent. n. 104/07).

L’imparzialità e il buon andamento dell’amministrazione esigono che la posizione dei membri di nomina sindacale sia circondata da garanzie.

In particolare, la decisione dell’organo politico relativa alla cessazione anticipata dall’incarico deve rispettare il principio del giusto procedimento.

La dipendenza funzionale dell’organo di vertice nominato dal Sindaco non può diventare dipendenza politica.

Il Consiglio di amministrazione di Enti o Aziende partecipate dal Comune è sottoposto alle direttive del vertice politico e al suo giudizio e, in seguito a questo, può essere allontanato, ma non può essere messo in condizioni di precarietà che consentano la decadenza senza la garanzia del giusto procedimento.

La Giurisprudenza, inoltre, ha precisato che tra l’Ente Locale e il Cda di una Ex Ipab, o comunque con Enti che svolgono attività collegate o rispetto ai quali sia prevista la nomina di amministratori da parte del Comune, sussiste indubbiamente un rapporto fiduciario.

Tale fiduciarietà, tuttavia, non può consistere nella coincidenza di orientamento politico o, addirittura di opinione politica, essendo ben evidente che tale relazione si deve misurare nel campo delle scelte concrete e nella adesione o meno agli indirizzi amministrativi e di gestione dell’ente di riferimento.

Il Consiglio di Stato, nella Sentenza in commento, ha chiarito che è sempre necessario valutare in concreto (cioè sulla base dei contegni e delle scelte gestionali) l’attività degli amministratori di una Ipab nominati da un Comune, per la legittima revoca degli stessi.

In ogni caso, secondo i Giudici, è venuta meno nel nostro ordinamento, la logica della decadenza automatica, che presuppone il sistema “predatorio” nel rinnovo delle cariche pubbliche, meglio noto come “spoils system”.

Il sistema predatorio, recepito dall’ordinamento pubblico statunitense, non si accorda con le tradizioni, le regole, le prassi e finanche i criteri comportamentali prevalenti nel nostro Paese, nonostante i tentativi, peraltro sporadici e asistematici, di introdurlo nel contesto nazionale.

La regola dello spoils system non può essere applicata al di là delle specifiche previsioni di legge, tra le quali non rientra il caso di specie.

L’Istituto della decadenza automatica, disciplinata in altri ordinamenti, determina la sostanziale sostituzione dell’intero apparato di staff e di line e, a cascata, di molte posizioni intermedie.

Tutto questo non è certo praticabile in un ordinamento come il nostro, qualificato da sostanziale tutela delle situazioni in atto e delle strutture nel complesso considerate.

Per disciplinare legittimamente la revoca automatica, occorrerebbe una legittimazione costituzionale che non solo manca, ma è anche positivamente esclusa dall’art. 97 della Costituzione.

Nel caso di specie, inoltre, tali nomine riguardavano la gestione di un Istituto di assistenza, con compiti di sicura natura tecnica e amministrativa.

Tali posizioni, pertanto secondo i Giudici amministrativi, non assumono, sotto profili di qualche rilievo, un’incidenza per dir così politica.

Ne consegue che i soggetti investiti della relativa funzione sono tutelati anche dall’art. 3 della Costituzione, nel combinato disposto con l’art. 97 della stessa Carta costituzionale.

Una modifica dettata dalla diversità di orientamento politico (o addirittura dell’opinione politica) costituirebbe, a questa stregua, una palese violazione del principio di eguaglianza riferito a soggetti che espletano funzioni amministrative.

Secondo il Consiglio di Stato, quindi, nel caso di specie, non può che essere considerato legittimo l’atto di revoca dei membri del Cda di una ex Ipab, adottato dal Sindaco sulla scorta del mero cambio di indirizzo polito dell’Ente.

Per quanto riguarda, inoltre, la competenza del Sindaco in ragione di quanto prescritto dall’art. 50, comma 8 del Tuel, i Giudici hanno precisato che non può ritenersi esistente un assoluto potere di revoca in capo al Sindaco, in assenza di peculiari previsioni legislative specifiche.

Nel caso di specie, la competenza alla revoca spetta alla Regione e negli atti legislativi regionali è riaffermato che la revoca dei membri del Cda deve trovare spunto e giustificazione nel concreto operato dei soggetti designati, che deve discostarsi dall’orientamento politico-amministrativo perseguito dall’Ente Locale.

Conclusioni

Il Consiglio di Stato ha chiarito che è illegittima la revoca dei rappresentanti del Comune presso Enti o Aziende quando si ravvisa nel concreto operare e nelle scelte di tali amministratori un obiettivo contrasto con gli indirizzi deliberati dal Comune.

Soltanto allora si pongono le condizioni per l’esercizio del potere di revoca.

La nomina dei rappresentanti del Comune presso un Ente è basata su un rapporto fiduciario, ma tale vincolo, tuttavia, non può concretizzarsi nel mero orientamento politico o, addirittura, nella stessa opinione politica, in quanto tale relazione si deve misurare nel campo delle scelte concrete e nella adesione o meno agli indirizzi amministrativi e di gestione dell’Ente di riferimento.

Il Consiglio di Stato ha così respinto l’appello del Comune, confermando la pronuncia del Tar che in primo grado aveva dichiarato l’illegittimità dell’atto sindacale di revoca, in quanto la decadenza dei rappresentanti del Comune presso Enti, Aziende o Istituti deve essere motivata sulla base del concreto operato dei soggetti designati, benché la nomina abbia carattere fiduciario.

Sintesi

Il fatto

A seguito delle elezioni amministrative, che avevano determinato un cambio della maggioranza politico-amministrativa nel Comune, il Sindaco neo eletto aveva invitato tutti i rappresentanti del Comune presso una ex Ipab a rassegnare l’incarico conferito dalla precedente amministrazione, sostenendo la sostanziale decadenza di tutte le nomine, effettuate durante il mandato elettivo, in corrispondenza con la cessazione dell’ufficio di Sindaco e lo scioglimento del Consiglio comunale

Gli amministratori non si erano dimessi e il Sindaco con proprio Decreto li aveva revocati.

Tale atto era stato impugnato di fronte al Tar dagli interessati e il Tribunale amministrativo aveva accolto il ricorso.

Il Comune aveva allora impugnato la Sentenza, sostenendo che la nomina aveva carattere eminentemente fiduciario e, pertanto, a seguito del cambiamento del vertice dell’Amministrazione comunale, questi dovevano cessare automaticamente dalla carica.

La decisione

Il Consiglio di Stato ha chiarito che è illegittima la decadenza automatica in quanto la cessazione anticipata può avvenire soltanto a seguito dell’accertamento dei risultati conseguiti e nel rispetto del giusto procedimento, poiché il perseguimento dell’interesse connesso alla scelta delle persone più idonee all’esercizio delle funzioni pubbliche deve avvenire indipendentemente da ogni considerazione per gli orientamenti politici.

I Giudici hanno precisato che la nomina dei rappresentanti del Comune presso l’Istituito di assistenza è basata su un rapporto fiduciario, ma tale vincolo, tuttavia, non può concretizzarsi nel mero orientamento politico o, addirittura, nella stessa opinione politica, in quanto tale relazione si deve misurare nel campo delle scelte concrete e nella adesione o meno agli indirizzi amministrativi e di gestione dell’Ente di riferimento.

Il Consiglio di Stato ha, pertanto, respinto l’appello, confermando la Sentenza di primo grado, dichiarando illegittimo l’atto sindacale di revoca.

I precedenti

Il Consiglio di Stato ha confermato l’orientamento che si è consolidato in giurisprudenza a seguito della Pronuncia della Corte Costituzionale n. 104/07.

Sul tema della decadenza automatica, si era in precedenza pronunciato in senso contrario proprio lo stesso Consiglio, nella Decisione n. 178/05 (seguita anche da alcuni Tar).

In tale occasione, i Giudici avevano ritenuto che la cessazione del mandato del Sindaco e lo scioglimento del Consiglio comunale finissero per travolgere tutte le nomine effettuate durante il mandato elettivo.

Tale indirizzo è da ritenersi superato dai rilievi espressi dalla Corte costituzionale con Sentenza n. 104 del 2007.

In tale Pronuncia, la Corte ha affermato il principio generale che la cessazione anticipata da un incarico può avvenire soltanto in seguito all’accertamento dei risultati conseguiti e nel rispetto del giusto procedimento, poiché il perseguimento dell’interesse connesso alla scelta delle persone più idonee all’esercizio della funzione pubblica deve avvenire indipendentemente da ogni considerazione per gli orientamenti politici.

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