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Dipendenti P.A.: l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati può essere mantenuta solo se non sono affidate altre funzioni dirigenziali


Corte di Cassazione, S.U. Civili, Sentenza n. 18359 del 19 agosto 2009
di Federica Caponi

Un dipendente comunale può mantenere l’iscrizione nell’elenco speciale dell’Ordine degli Avvocati solo se è addetto all’Ufficio legale dell’Ente, che deve costituire un’unità organica autonoma.

Nel caso in cui al dipendente sia affidata anche la responsabilità di altre Aree, questo è incompatibile con il mantenimento dell’iscrizione all’Ordine forense.

Questo l’importante principio ribadito dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nella Sentenza in commento, con la quale ha respinto il ricorso presentato da un dipendente comunale, iscritto all’ordine degli Avvocati, avverso l’atto del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati della Provincia competente che aveva dichiarato la sussistenza di una condizione di incompatibilità tale da non consentire la permanenza del legale nell’elenco speciale.

Nel caso di specie, al dipendente Avvocato, dirigente dell’Ufficio Legale dell’Ente, erano stati assegnati anche “compiti dirigenziali per quanto riguardava settori del Personale, del Demanio Marittimo e del Commercio”.

Il Consiglio dell’Ordine aveva considerato tali responsabilità di rilevante peso ed importanza, rispetto alle funzioni e compiti dell’Ente nel loro complesso, ed osservato che il coinvolgimento in tali unità organizzative, oltre a far venir meno il carattere dell’esclusività, determinava anche una situazione (ancorché potenziale) di conflitto d’interessi, pertanto, una condizione di incompatibilità tale da non consentire, conclusivamente, la permanenza del legale nell’elenco speciale.

Il dirigente interessato aveva presentato ricorso al Consiglio nazionale chiedendo l’annullamento della Delibera del Consiglio forense.

Il Consiglio Nazionale forense aveva rigettato il ricorso e cancellato l’Avvocato dall’Elenco Speciale annesso all’Albo degli Avvocati, ritenendo che le ulteriori funzioni dirigenziali assegnate al dipendente fossero confliggenti con i principi elaborati dalla Giurisprudenza in tema di requisiti necessari per l’iscrizione nell’elenco speciale, in quanto consentivano allo stesso di svolgere simultaneamente attività legale e attività certamente amministrativa.

Il dipendente ha proposto ricorso per Cassazione avverso tale decisione del Consiglio nazionale forense.

La Corte di Cassazione ha chiarito che la costante interpretazione dell’art. 3 della Legge professionale forense ha sempre evidenziato la natura eccezionale della deroga prevista per gli addetti agli Uffici Legali di Enti pubblici, alla regola generale della professione forense consistente nell’incompatibilità con il lavoro subordinato e la conseguente necessità d’interpretazione restrittiva della norma, non suscettibile d’interpretazione analogica.

Il senso e la ratio di tale disposizione è individuabile nel particolare “status” derivante dal rapporto d’impiego pubblico che è tale da preservare presumibilmente l’avvocato-dipendente dal rischio di condizionamento nell’esercizio della sua professione.

La Corte ha anche ricordato che i requisiti necessari per l’iscrizione nell’elenco speciale degli Avvocati per i dipendenti pubblici sono:

  • – esistenza presso l’Ente di un Ufficio legale costituente un’entità organica autonoma nell’ambito della struttura disegnata dalla sua pianta organica;
  • – svolgimento da parte degli addetti, con libertà ed autonomia, delle funzioni di competenza, con sostanziale estraneità all’apparato amministrativo, in posizione d’indipendenza e con esclusione da ogni attività di gestione;
  • – esercizio nell’interesse dell’Ente soltanto dell’attività professionale, giudiziaria ed extragiudiziaria.

Nel caso di specie, secondo la Cassazione, confliggeva con i principi sopra richiamati il simultaneo svolgimento, anche se in parte temporaneo, da parte del dipendente, di attività legale e di attività certamente amministrativa mancando quindi l’esclusività che, assicurando l’autonomia della funzione, ne garantiva l’indipendenza preservandola da condizionamenti, requisito questo essenziale per la tutela della funzione sociale dell’Avvocato anche nel caso del suo servizio a favore dei soli interessi pubblici dell’Ente di appartenenza.

Pertanto, l’ulteriore affidamento al professionista di diversi incarichi amministrativi (tra l’altro, non irrilevanti), escludeva il concetto di esclusività nella funzione legale da intendersi in senso oggettivo ed esterno, incidendo in maniera decisiva sullo schema tradizionale che ritiene il cumulo di incarichi preclusivo dell’iscrizione nell’elenco speciale.

Tali considerazioni, secondo la Corte di Cassazione, sono confermative dei principi enunciati dalla Giurisprudenza di legittimità in ordine al carattere eccezionale della norma di cui all’art. 3, comma 4, lett. b) del Rd. n. 1578/33 e alla possibilità di iscrizione degli avvocati e procuratori legali, nell’elenco speciale previsto dalla citata norma, soltanto sul presupposto imprescindibile della “esclusività”dell’espletamento da parte loro dell’ attività di assistenza, rappresentanza e difesa dell’Ente pubblico presso il quale prestano la propria opera, nelle cause e negli affari dell’Ente stesso.

Pertanto, la Corte di legittimità ha respinto il ricorso del dipendente e ha ritenuto legittimo l’atto del Consiglio nazionale forense che ha disposto la cancellazione del dipendente avvocato dall’elenco speciale per il coinvolgimento dello stesso nell’ attività amministrativa dell’Ente.

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