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Revoca di un Assessore: non è necessaria la motivazione essendo un atto sindacale ampiamente discrezionale


Consiglio di Stato, Sez. V, Ordinanza n. 4378 del 27 agosto 2009
di Federica Caponi
Pubblicato su Guida al Pubblico Impiego n. 10 ottobre 2009

Assessori Comunali – Revoca da parte del Sindaco – Necessità di motivazione dell’atto – Non sussiste – Non si applica la Legge n. 241/90, in quanto atto sindacale discrezionale

La revoca degli Assessori da parte del Sindaco esula dall’attività amministrativa della P.A. e dai procedimenti amministrativi, ricollegandosi a valutazioni di opportunità politico-amministrativa rimesse in via esclusiva al Sindaco.

Non occorre, pertanto, la previa contestazione degli addebiti, né è dovuta la comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della Legge n. 241/90.

La revoca degli Assessori costituisce, non diversamente dalla nomina, atto sindacale connotato dalla più ampia discrezionalità di carattere politico-amministrativo e non necessita di una particolare motivazione.

Non può essere condivisa l’interpretazione che ritiene la revoca dell’Assessore caratterizzata da una natura essenzialmente differente dal provvedimento di nomina, in quanto l’art. 46 del Dlgs. n. 267/00, equiparando sostanzialmente tale provvedimento alla nomina, non richiede una specifica motivazione di dettaglio.

Questo l’importante principio ribadito dal Consiglio di Stato, nell’Ordinanza in commento, con la quale ha accolto l’appello presentato da un Comune avverso l’Ordinanza del Tar che aveva disposto la sospensione del Decreto con cui il Sindaco aveva revocato un Assessore.

Il Consiglio di Stato ha così confermato l’interpretazione sostenuta dalla Giurisprudenza amministrativa maggioritaria che, ormai da anni, sostiene che l’atto di nomina e revoca degli Assessori ha natura di atto discrezionale, in quanto afferente al potere di indirizzo e controllo politico-amministrativo e, come tale, non è assoggettato alle disposizioni proprie del procedimento amministrativo.

Il fatto

Nel caso di specie, un Sindaco aveva disposto con proprio Decreto “l’azzeramento” dell’intera Giunta, revocando gli Assessori.

Uno degli interessati ha impugnato l’atto di revoca di fronte al Tar, sostenendo che tale provvedimento, diversamente dalla nomina, costituisce un modo per dare applicazione alle previsioni costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento della P.A., previste dall’art. 97 della Costituzione.

Secondo il ricorrente, in questa prospettiva, la revoca avrebbe dovuto essere giustificata da fatti tali da porre in pericolo l’efficienza dell’azione amministrativa e non da fatti puramente politici, fatta comunque salva la necessaria garanzia di un’effettiva collegialità e della possibile discussione delle scelte amministrative.

Il Tar adito ha accolto la tesi del ricorrente, ritenendo l’atto di revoca della funzioni assessorili caratterizzato da evidente ed inammissibile genericità, in quanto il riferimento al mancato conseguimento del programma di governo sarebbe stato assolutamente generico e non avrebbe individuato concretamente in quali settori e con riferimento a quali obiettivi si sarebbero manifestate le presunte criticità.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto, al contrario, che a tale fattispecie non può applicarsi la disciplina contenuta negli artt. 7 ss. della Legge n. 241/90, stante la natura ampliamente discrezionale dell’atto.

La questione di fondo

La problematica sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato è particolarmente rilevante, in quanto chiarisce la questione relativa alla verifica dell’assoggettabilità o meno agli atti di revoca degli Assessori delle disposizioni vincolanti i procedimenti amministrativi.

Una parte minoritaria della Giurisprudenza amministrativa, infatti, ritiene che la revoca dell’Assessore non possa essere motivata da ragioni di carattere meramente politico, ma debba necessariamente radicarsi nell’esigenza primaria costituita dal buon andamento dell’organo di gestione.

Secondo tale interpretazione, una volta che gli organi del Comune si sono costituiti sulla base della legittimazione elettorale, essi devono pur sempre funzionare nell’interesse dell’intera collettività territoriale e nel rispetto del principio di imparzialità e buon andamento.

Conseguenza di tale impostazione è che, tranne i casi in cui venga a mutare l’assetto politico risultante dalle urne e, quindi, la legittimazione elettorale degli organi di governo dell’Ente (come ad esempio in caso di sopravvenuto mutamento della maggioranza con conseguente sfiducia del Sindaco e scioglimento del Consiglio comunale), le ragioni meramente politiche si dovrebbero arrestare alla fase costitutiva.

La revoca dell’Assessore, secondo alcuni Tar, dovrebbe pertanto essere motivata, e ciò non per ragioni politiche, ma per le comuni esigenze di trasparenza, imparzialità e buon andamento.

Le ragioni politiche assumono rilievo nella comunicazione della revoca che il Sindaco deve fare al Consiglio comunale.

Non dovrebbero però essere tali esigenze quelle poste alla base della necessaria motivazione del provvedimento di revoca.

La revoca sindacale del singolo Assessore dovrebbe pertanto essere ispirata e motivata da ragioni che attengono comunque al buon andamento dell’organo di gestione e non a mere esigenze di partito o di coalizione, che dovrebbero restare decisamente sullo sfondo (Tar Puglia Lecce, Sez. I, Sent. n. 831/07).

Alla base del provvedimento di revoca, secondo la tesi sostenuta dal Tar, ci dovrebbe essere un interesse di carattere generale alla rimozione dell’Assessore, interesse il quale non potrebbe essere “utilitaristicamente” rapportato all’esigenza di varare alcuni atti, pur di particolare importanza per il prosieguo del mandato e per le stesse dinamiche amministrative dell’Ente Locale.

A tale interpretazione si è opposta ormai da diversi anni la Giurisprudenza amministrativa maggioritaria che ritiene che all’atto di revoca non possa applicarsi l’obbligo di motivazione, ai sensi di quanto disposto dalla legge in materia di procedimento amministrativo.

In particolare, la Giurisprudenza del Consiglio di Stato ha evidenziato come la questione sia caratterizzata da un contesto legislativo di riferimento che è stato oggetto di numerose modifiche negli ultimi anni.

E’ stata la Legge n. 81/93 che ha stabilito che il Sindaco ed il Presidente della Provincia sono gli organi responsabili dell’amministrazione del Comune o della Provincia, propongono gli indirizzi generali di governo da approvare da parte del Consiglio ed ha attribuito esclusivamente al Sindaco o al Presidente della Provincia, eletti non più dal Consiglio ma dal corpo elettorale, la potestà di nominare e revocare uno o più assessori, prevedendo solo che ne sia data motivata comunicazione al Consiglio.

La successiva Legge n. 265/99 ha assegnato direttamente al Sindaco o al Presidente della Provincia, sentita la Giunta, il compito di formulare il programma di governo, senza prevederne una formale approvazione da parte del Consiglio.

Infine, il vigente Dlgs. n. 267/00 ha disposto che spetta al Sindaco e al Presidente della Provincia nominare i componenti della Giunta.

Spetta altresì al Sindaco e al Presidente della Provincia “revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al Consiglio” (ex art. 46, Dlgs. n. 267/00).

Secondo il Consiglio di Stato, generalmente le disposizioni del Tuel concernono direttamente la motivazione del provvedimento, in conformità al disposto dell’art. 3 della Legge n. 241/90.

La revoca, infatti, si pone come fattispecie anomala rispetto al principio generale sopra rihiamato, in quanto è lo stesso Tuel che espressamente per tale provvedimento richiede una comunicazione motivata al Consiglio comunale, ma non anche una giustificazione da rendere al diretto interessato, né uno specifico voto di ratifica da parte dell’Organo consiliare stesso.

Secondo il Consiglio di Stato, tale previsione trova la propria ratio nella volontà del Legislatore di favorire l’effettiva gestione dell’Amministrazione locale da parte del Sindaco o del Presidente della Provincia, senza assegnare un eccessivo rilievo all’eventuale cessazione di singoli assessori nello svolgimento quinquennale del mandato, purché ciò sia sostanzialmente condiviso dal Consiglio, anche implicitamente.

La revoca dell’incarico di Assessore sembrerebbe pertanto posta essenzialmente nella disponibilità del Sindaco e, come tale, la comunicazione motivata appare tendenzialmente diretta al mantenimento di un corretto rapporto collaborativo tra il Sindaco, la Giunta ed il Consiglio, il quale potrebbe eventualmente opporsi ad un atto del genere, ma con l’estremo rimedio della mozione di sfiducia motivata (così come previsto dall’art. 37 della Legge n. 142/90, come sostituito dall’art. 18 della Legge n. 81/93, e dall’art. 52 del Dlgs. n. 267/00), comportante però, in caso di approvazione, lo scioglimento del Consiglio stesso.

In base a tale quadro normativo, quindi secondo la Giurisprudenza amministrativa, l’obbligo di motivazione del provvedimento di revoca “può dirsi senz’altro assolto ove la motivazione si fondi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrative”, rimesse in via esclusiva al Sindaco o al Presidente della Provincia, attinenti ad esigenze sia di carattere generale, quali i rapporti con l’opposizione od i rapporti interni alla maggioranza consiliare, sia di carattere particolare, quali la necessità di maggiore operosità ed efficienza in specifici settori dell’Amministrazione o l’affievolirsi del rapporto fiduciario tra il capo dell’Amministrazione e il singolo assessore (Consiglio di Stato, Sez. V, Sent. n. 280/09).

Non sarebbe pertanto necessario specificare i singoli comportamenti addebitati all’interessato, avuto riguardo alla natura del procedimento, non tipico sanzionatorio, bensì di revoca di un incarico fiduciario, insindacabile in sede di legittimità, se non sotto profili formali e di manifesta irragionevolezza od illogicità, stante l’ampia discrezionalità spettante al Sindaco.

In quest’ottica, anche in merito al problema della necessità o meno dell’informazione dell’inizio del procedimento, il Consiglio di Stato ha ritenuto “che la revoca dell’incarico di assessore comunale sia immune dalla previa comunicazione dell’avvio del procedimento in considerazione della specifica disciplina normativa vigente in materia”.

Le prerogative della partecipazione, disciplinate con la Legge n. 241/90, “possono essere invocate quando l’ordinamento prende in qualche modo in considerazione gli interessi privati”, perchè ritenuti idonei di incidere sull’esito finale per il migliore perseguimento dell’interesse pubblico, mentre “tale partecipazione diventa indifferente in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al Sindaco”.

Spetta, infatti, al Sindaco in via autonoma la scelta e la responsabilità della compagine di cui avvalersi per l’amministrazione del Comune nell’interesse della comunità locale, con sottoposizione del merito del relativo operato unicamente alla valutazione del Consiglio comunale. Il Legislatore, con la previsione contenuta nell’art. 46 del Tuel, ha voluto, al fine di consentire di risolvere immediatamente eventuali crisi nell’ambito del governo locale, semplificare il procedimento, che si articola nella valutazione della situazione da parte del Sindaco, nella scelta sindacale di modificare la composizione della Giunta nell’interesse della comunità locale e nella comunicazione motivata di ciò al Consiglio comunale, “senza l’interposizione della comunicazione dell’avvio del procedimento all’assessore assoggettato alla revoca, la cui opinione è irrilevante per la normativa attuale, salvo che non venga fatta propria dal Consiglio comunale” (Consiglio di Stato, Sent. n. 209/07).

Conclusioni

Il Consiglio di Stato, nell’Ordinanza in commento, ha accolto l’appello presentato dal Comune e ha respinto l’Istanza cautelare di primo grado, confermando l’orientamento consolidato della Giurisprudenza amministrativa, secondo cui la revoca degli assessori costituisce, non diversamente dalla nomina, atto sindacale connotato dalla più ampia discrezionalità di carattere politico-amministrativo e non necessita di una particolare motivazione.

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