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Il mancato pagamento degli introiti relativi a beni appartenenti al patrimonio comunale costituiscono danno erariale


Corte dei conti, Sez. II Centrale d’Appello, Sentenza n. 268/09
di Federica Caponi

Il mancato pagamento degli introiti derivanti da concessioni in uso di beni appartenenti al patrimonio comunale comporta danno erariale.

Nel caso in cui tale danno sia stato causato da più persone, la Corte dei conti deve valutare le singole responsabilità dei soggetti coinvolti, condannando ciascuno per la parte che vi ha preso, ai sensi dell’art. 1, comma 1-quater, della Legge n. 20/94.

Questo è il principio affermato dalla Corte dei conti, nella Sentenza in commento, con la quale ha comunque accolto l’appello presentato da alcuni Amministratori di un Comune, perché il danno è venuto meno, nonostante con il loro comportamento avessero consentito al concessionario di non pagare i canoni per l’uso dello stadio comunale dal 1981 al 1994.

I Giudici contabili di primo grado avevano condannato gli amministratori comunali al pagamento in solido di una somma per mancati introiti relativi alla concessione in uso dello stadio e al pagamento di un ulteriore importo per l’uso del medesimo complesso sportivo da parte della stessa società calcistica senza corresponsione di alcun corrispettivo.

I ricorrenti hanno appellato la Sentenza, sostenendo, tra l’altro, la prescrizione della condotta dannosa.

A tal proposito, la Corte dei conti d’Appello ha chiarito che il dies a quo della prescrizione va individuato nella data in cui la Giunta comunale adottò la determinazione, sia pur non formalizzata, di sospendere l’ingiunzione di pagamento a carico della Società concessionaria.

Secondo i Giudici contabili, infatti, è da quel momento che è si concretizzata definitivamente la condotta gravemente colposa, imputata agli amministratori, accusati di non essersi fattivamente adoperati per il recupero del debito maturato dalla Società ma, anzi, di aver operato per lasciare la stessa indenne da qualunque pagamento.

Non è legittimo, secondo la Corte, sostenere che la prescrizione decorra dalla data di scadenza della Convenzione di concessione in uso del bene comunale.

Alla scadenza dell’atto di concessione, infatti, non si era ancora compiuta la condotta che ha originato l’azione di responsabilità per danno erariale, anche se l’ammontare del debito era già determinato.

Secondo la Corte, per quanto riguarda l’elemento soggettivo nel caso di specie, la condotta degli amministratori ha evidenziato, per fatti concludenti, un atteggiamento di estrema incertezza sulla posizione debitoria della società concessionaria dello stadio di calcio, essendo state reiteratamente intraprese e, poi, bloccate per i più svariati motivi le iniziative utili al recupero dei ratei non pagati per l’uso del complesso.

In tale quadro, appare significativo proprio l’atto che ha determinato l’effetto di sospendere l’ingiunzione di pagamento a carico della società e, cioè, di sospendere proprio lo strumento che avrebbe consentito il recupero del debito, essendo rimaste inevase tutte le richieste di adempimento avanzate fino ad allora.

Tant’è che altrettanto inefficaci si sono dimostrati anche i successivi atti di richiesta di pagamento inoltrati dagli amministratori negli anni successivi, proprio per il convincimento, soprattutto in capo alla società, che gli amministratori non avevano una reale intenzione di perseguire, con ogni mezzo utile, il recupero dei canoni non pagati.

E, in effetti, risulta chiaro dagli atti che il recupero è avvenuto solo a seguito del Decreto ingiuntivo del 1994, la cui opposizione è stata respinta dal Tribunale di Bari con la Sentenza n. 626/04.

Secondo la Corte dei conti, pertanto, i comportamenti tenuti dagli amministratori “sono stati certamente connotati da colpa grave e, quindi, in ipotesi di accertata attuale sussistenza del danno, la responsabilità dovrebbe essere affermata non in via solidale – come disposto dai Giudici di primo grado – ma in forma parziaria, tenendo conto dell’incidenza causale di ciascuno alla produzione del danno, ai sensi dell’art. 1, comma 1-quater, della Legge n. 20/94, come modificata dal Dl. n. 543/96, convertito in Legge n. 639/96”.

Il citato art. 1, comma 1-quater stabilisce infatti che “se il fatto dannoso è causato da più persone, la Corte dei conti, valutate le singole responsabilità, condanna ciascuno per la parte che vi ha preso”.

Per quanto riguarda l’elemento oggettivo, altra condizione determinate, assieme a quello soggettivo, al fine della verifica dell’esistenza della responsabilità amministrativa, non può affermarsi che il danno all’epoca della condotta trasgressiva non si era ancora concretizzato.

La Corte, innanzitutto, ha chiarito che nessun dubbio sussiste sul fatto che la Società abbia omesso di effettuare il pagamento dei corrispettivi dovuti per la concessione in uso dello stadio comunale, corrispettivi che erano previsti dalla Convenzione stipulata nel 1981, per qualsiasi manifestazione a pagamento nella percentuale del 2% degli incassi netti, da versare alla Tesoreria comunale entro il decimo giorno successivo allo svolgimento di ogni manifestazione.

E’ stato, pertanto, dimostrato che all’epoca dei fatti il Comune avesse subito un danno pari alle somme non incassate, oltre i diritti di mora previsti dalla Convenzione stessa, danno la cui attualità e concretezza non può dirsi neutralizzata dalla circostanza che il debito poteva essere recuperato perché non ancora prescritto.

E’ sufficiente, al riguardo, rilevare che la questione della riscossione dei canoni non fu seriamente affrontata dagli amministratori per tutto il periodo della loro durata in carica, che si è protratta per altri tre anni dopo la “determinazione del danno”.

Ed è ovvio – soprattutto con una valutazione ex ante – che l’inerzia così protratta nel tempo avrebbe reso sempre più incerta nell’an e nel quando la recuperabilità del debito.

La Corte dei conti ha, però, precisato che il danno – concreto e attuale al momento della citazione in giudizio e della decisione resa in primo grado – è venuto meno a seguito del citato Decreto ingiuntivo  e, pertanto, in tali limiti può essere accolto l’appello degli amministratori.

La Corte dei conti ha quindi accolto il ricorso, riformando la Sentenza di primo grado, ma ha chiarito che “le ragioni di tale accoglimento non escludono la sussistenza originaria del danno né della colpa grave“.

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