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Affidamenti diretti: i nuovi Pareri rilasciati dall’Antitrust


L’Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato ha rilasciato nel mese di agosto nuovi Pareri, ai sensi dell’art. 23-bis del Dl. n. 112/08, a fronte di altrettante richieste presentate da parte di Enti Locali, che hanno reso noto la scelta di affidare direttamente la gestione di alcuni servizi pubblici, secondo il modulo organizzativo dell’in house providing.

L’art. 23-bis, comma 4, recentemente novellato dall’art. 15 del Dl. n. 135/09, del Dl. n. 112/08, prevede che gli Enti Locali possano affidare la gestione di servizi pubblici a rilevanza economica, in deroga alla regola generale dell’affidamento tramite gara, in presenza di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento che impediscono il ricorso al mercato.

In tal caso gli Enti devono motivare la scelta dell’affidamento diretto attraverso un’analisi di mercato e chiedere un Parere all’Antitrust.

Di seguito riportiamo i nuovi Pareri recentemente rilasciati dall’Autority.

Asilo Nido

L’Autorità ha risposto negativamente ad un Comune che ha chiesto il Parere in merito alla possibilità di affidare direttamente la gestione del servizio di Asilo nido alla propria partecipata, sostenendo che l’Ente non ha dimostrato la sussistenza delle peculiarità indicate dall’art. 23-bis per la deroga alla regola dell’affidamento tramite procedure ad evidenza pubblica.

Secondo l’Autority, il Comune non ha evidenziato le ragioni che non permettono un efficace e utile ricorso al mercato per l’affidamento della gestione del servizio.

L’Amministrazione Comunale si sarebbe limitata a giustificare la decisione di affidare il servizio attraverso modalità in house sulla base della constatazione secondo cui tale modalità permetterebbe l’applicazione di tariffe più contenute che nell’ipotesi di affidamento tramite gara.

Tale constatazione, tuttavia, sarebbe dovuta derivare da una seppur minima attività di consultazione del mercato finalizzata a verificare l’eventualità che altri operatori fossero nelle condizioni di offrire il medesimo servizio.

La circostanza, peraltro, che operatori terzi abbiano autonomamente manifestato un interesse alla gestione del servizio e, peraltro, a condizioni asseritamene migliori di quelle prospettate dalla partecipata comunale, appare escludere, secondo l’Autorità, la sussistenza di quelle particolari caratteristiche economiche, sociali, geomorfologiche o ambientali del contesto territoriale di riferimento tali da non consentire il ricorso al mercato ai sensi dell’art. 23-bis, comma 3.

Servizio di igiene urbana, raccolta e smaltimento rifiuti

L’Autorità ha risposto negativamente ad alcuni Comuni che hanno chiesto il Parere per l’affidamento diretto del servizio di raccolta, smaltimento rifiuti e igiene urbana.

In particolare, ad un Comune che intendeva affidare ad una società mista la gestione del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti, l’Autorità ha ritenuto che tale affidamento non rientri nell’ambito di applicazione dei commi 3 e 4, dell’art. 23-bis, del Dl. n. 112/08, in quanto il soggetto beneficiario dell’affidamento è una società a capitale misto, pubblico-privato.

Nei casi di affidamento di servizi pubblici locali a favore di società miste, l’Autorità, in linea con gli Orientamenti adottati dalla Commissione Europea, recepiti con il Dl. n. 135/09 che ha modificato l’art. 23-bis, ritiene conforme alle norme a tutela della concorrenza, l’esperimento da parte degli Enti Locali di una gara con procedura ad evidenza pubblica finalizzata non soltanto alla scelta del socio privato, ma anche allo stesso affidamento dell’attività da svolgere e che limiti, nel tempo, il rapporto di parternariato, prevedendo allo scadere una nuova gara.

Per quanto riguarda la richiesta presentata da un Comune per l’affidamento diretto della gestione dei servizi di igiene urbana, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ha risposto negativamente in quanto nello Statuto della partecipata comunale è prevista la possibilità di fornire servizi a favore di altri Enti pubblici e di soggetti privati, non vi sono vincoli territoriali, e alla stessa è lasciata la facoltà di procedere all’assunzione di partecipazioni in altre società o imprese aventi oggetto analogo, affine o connesso al proprio.

Tali previsioni statutarie, secondo l’Autorità, conferiscono alla società la possibilità di effettuare determinati investimenti di risorse economiche in altri mercati, anche non contigui, in vista di una eventuale espansione in settori diversi da quelli rilevanti per l’Ente pubblico conferente.

Ciò non consente, pertanto, di ritenere sussistente il requisito della prevalenza dell’attività oggetto di affidamento nei confronti dell’Ente pubblico affidante.

L’Autorità ha inoltre chiarito che in tal caso la possibilità di procedere ad un affidamento diretto appare esclusa anche dall’art. 23-bis, comma 9, laddove è stabilito il divieto, per i soggetti già titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati mediante procedure competitive, quale la partecipata comunale, di acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi o di svolgere servizi o attività per altri enti pubblici.

Inoltre, la stessa Amministrazione non ha dimostrato la sussistenza delle condizioni legittimanti in house providing e, quindi, delle ragioni che non permettono un efficace e utile ricorso al mercato per l’affidamento della gestione dei servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati nonché delle relative attività di complemento.

L’Amministrazione Comunale, infatti, si è limitata a giustificare la decisione di affidare tali servizi attraverso modalità in house sulla base della constatazione secondo cui tale modalità permetterebbe l’applicazione di tariffe più contenute che nell’ipotesi di affidamento tramite gara.

A tal fine, peraltro, l’Amministrazione ha utilizzato quali termini di riferimento i valori della gara d’appalto svolta nel 2006 per l’affidamento del medesimo servizio attualizzandoli, in base alla variazione Istat.

Tale constatazione, secondo l’Autorità, sarebbe dovuta derivare da un’attività di comparazione tra diverse offerte, ad esito di una consultazione del mercato finalizzata a verificare le proposte degli operatori presenti nel mercato in grado di offrire i servizi oggetto di affidamento e di rispondere pertanto alle esigenze dell’Amministrazione.

All’Autorità non sono, dunque, stati forniti elementi utili per valutare l’effettiva efficacia e utilità del mancato ricorso al mercato.

L’Antitrust ha risposto negativamente anche ad un altro Ente, che aveva richiesto il Parere dell’Antitrust per l’affidamento diretto del medesimo servizio, alla propria partecipata, il cui Statuto consente alla stessa di fornire servizi a favore di altri Enti pubblici, in assenza di vincoli territoriali, nonché la possibilità per la medesima società di procedere all’assunzione di partecipazioni in altre società o imprese pubbliche aventi oggetto analogo, affine o connesso al proprio.

Il Parere negativo è stato motivato dal fatto che tali previsioni statutarie conferiscono alla partecipata la possibilità di effettuare determinati investimenti di risorse economiche in altri mercati, anche non contigui, in vista di un’eventuale espansione in settori diversi da quelli rilevanti per gli Enti pubblici conferenti e ciò non consente di ritenere sussistente il requisito della prevalenza dell’attività, oggetto di affidamento, nei confronti dell’Ente pubblico affidante.

Inoltre, anche in tal caso, la possibilità di affidare il servizio di igiene urbana e le relative attività complementari è, peraltro, esclusa, nel caso in esame, dall’art. 23-bis, comma 9, laddove è previsto il divieto per i soggetti già titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati mediante procedure competitive, quale la partecipata dal Comune, di acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi o di svolgere servizi o attività per altri Enti pubblici.

Infine, nel caso di specie, l’Amministrazione non ha dimostrato la sussistenza delle peculiarità legittimanti l’affidamento diretto del servizio.

L’Ente si è limitato a giustificare la decisione di affidare direttamente il servizio sulla base della constatazione secondo cui tale modalità permetterebbe l’applicazione di tariffe più contenute che nell’ipotesi di affidamento tramite gara.

Tale constatazione, tuttavia, sarebbe dovuta derivare da un’attività di comparazione tra diverse offerte, ad esito di una consultazione del mercato finalizzata a verificare le proposte degli operatori presenti nel mercato in grado di offrire i servizi oggetto di affidamento e di rispondere pertanto alle esigenze dell’Ente.

Pulizia immobili comunali

Per quanto riguarda la richiesta di Parere presentata all’Antitrust, circa la possibilità di affidare direttamente alla partecipata comunale, il servizio di pulizia di alcuni immobili comunali, l’Autority ha chiarito che tale attività non è riconducibile alla categoria dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, di cui all’articolo 23-bis del Dl. n. 112/08.

Infatti, la natura del servizio pulizia è caratterizzata dalla mera strumentalità rispetto ai bisogni dell’Amministrazione locale, trattandosi di servizio non diretto a soddisfare in via immediata esigenze della collettività.

Gestione e riscossione della Tariffa di Igiene urbana

Per quanto riguarda la richiesta di Parere, presentata da un Comune, in merito alla possibilità di affidare tramite il modello dell’in house providing del servizio di gestione e di riscossione della tariffa di igiene ambientale (Tia), l’Antitrust ha precisato che tali servizi hanno natura strumentale rispetto ai bisogni dell’Ente e non sono riconducibili alla categoria dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.

Car sharing

L’Antitrust, con riferimento alla gestione del servizio di car sharing, ha ritenuto che l’Amministrazione Comunale non abbia dimostrato la sussistenza delle condizioni legittimanti l’affidamento diretto alla propria partecipata e delle ragioni che non permettono un efficace e utile ricorso al mercato per l’affidamento della gestione di tale servizio.

L’Amministrazione Comunale si è limitata a fornire soli elementi, di carattere qualitativo e quantitativo, a supporto dei vantaggi dell’affidamento in house alla Società partecipata dal Comune in termini di efficienza ed economicità, senza confrontarli con i potenziali benefici delle alternative, che potevano emergere da una consultazione del mercato finalizzata a verificare la presenza di operatori in grado di offrire i servizi oggetto di affidamento e di rispondere più efficientemente alle esigenze dell’Amministrazione.

Al contrario, sulla base delle informazioni agli atti, non risulta che l’Ente abbia dato adeguata pubblicità alla scelta di affidare direttamente il servizio, né che abbia proceduto altrimenti a verificare la presenza sul mercato di operatori che, singolarmente o in forma associata, fossero in grado di offrire i servizi oggetto di affidamento.

La circostanza, documentata dall’Ente, che la maggior parte delle procedure ad evidenza pubblica, esperite da altri Enti Locali per l’individuazione del gestore del servizio di car sharing, non si siano concluse con esito favorevole, secondo l’Antitrust, non appare costituire un elemento oggettivo comprovante l’inesistenza di operatori privati disponibili a offrire tale servizio nel Comune, alle condizioni di contribuzione e ai costi dello stesso che sono garantite dalla Società partecipata.

Al riguardo, peraltro, la sola evidenza di perdite nell’erogazione del servizio, e la conseguente necessità di concessione di sussidi, non risulta idonea a dimostrare la mancanza di utilità ed efficacia del ricorso al mercato e la conseguente necessità dell’affidamento in-house.

Secondo l’Autority, inoltre, l’Amministrazione, anche affidando mediante gara la gestione del servizio di car sharing, potrebbe mantenere forme di indirizzo delle modalità di espletamento del servizio, grazie al contratto di servizio, nonché impegni a favore del gestore, imponendo nel bando la presentazione di un business plan.

L’Antitrust ha chiarito che gli Enti Locali potrebbero prevedere l’erogazione di un compenso a favore del privato, nel caso in cui gli obblighi e gli indirizzi imposti nel contratto di servizio agli affidatari risultassero tali da compromettere la redditività aziendale.

In tal caso, secondo l’Autority, proprio la procedura ad evidenza pubblica condurrebbe a minimizzare i costi derivanti dalla gestione del car sharing, realizzando una riduzione del costo complessivamente sopportato dalla collettività.

L’Antitrust ha risposto negativamente in quanto il Comune non ha fornito elementi utili per valutare l’effettiva efficacia e utilità del mancato ricorso al mercato, soprattutto in considerazione del fatto che la necessità di concedere sussidi a contribuzione dei costi per l’erogazione del servizio e l’esito negativo di procedure ad evidenza pubblica, bandite da altre P.A. con caratteristiche economiche, sociali e dimensionali diverse rispetto a quelle dell’Ente procedente, non rappresentano, di per sé, elementi dirimenti contrari all’individuazione del fornitore del servizio di car sharing attraverso procedure competitive.

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