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Pubblico impiego: il lavoratore che ha prestato la propria attività ha diritto alla retribuzione anche se il rapporto di lavoro è nullo


Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza n. 1374/09
di Chiara Zaccagnini

L’esistenza di una prestazione lavorativa di fatto comporta il riconoscimento del trattamento economico.


Questo l’importante principio riaffermato dal Consiglio di Stato nella Sentenza in commento, con la quale ha accolto il ricorso di un soggetto, che aveva chiesto l’accertamento di un rapporto di lavoro di pubblico impiego ai fini del riconoscimento degli effetti retributivi e previdenziali.
Nel caso di specie, l’appellante sosteneva di aver svolto la propria attività lavorativa presso l’Azienda Sanitaria Locale dal giugno 1984 al 27 febbraio 1986. Nel periodo successivo, sino alla data di assunzione a tempo indeterminato, avvenuta il 15 febbraio 1990, la ricorrente sosteneva di aver continuato a svolgere ininterrottamente la medesima attività lavorativa, senza recepire alcuna retribuzione.
L’interessata ha prestato una formale istanza, volta ad ottenere il pagamento della retribuzione rivendicata.
L’USL, con Deliberazione, affermava che nel periodo di riferimento la ricorrente non era stata incaricata di specifiche mansioni da soggetti legittimati ad impegnare l’Amministrazione stessa.
Con riferimento alla domanda volta all’accertamento di un rapporto di pubblico impiego il Consiglio di Stato ha precisato che il rapporto di lavoro subordinato per un dipendente pubblico può maturare anche in assenza di un provvedimento formale di assunzione. Importante principio già radicato nella Giurisprudenza del lavoro e proprio del rapporto di lavoro subordinato di natura privatistica.
Nel caso in cui venga instaurato un rapporto, infatti spetta al datore provare che non si è in presenza di un lavoro subordinato, ma di un vincolo di natura diversa.
Nel caso in cui il presunto rapporto di pubblico impiego sia nato sulla base di atti o comportamenti diversi da quelli presi in considerazione dalla legge, il Giudice amministrativo può accertare se lo stesso, seppur nullo, possieda le caratteristiche del lavoro subordinato e se l’interessato ha diritto alla retribuzione ed alla regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale, ai sensi dell’art. 2126 c.c..
I Giudici amministrativi hanno, pertanto, dichiarato fondato il capo di domanda volto all’accertamento di un rapporto di pubblico impiego a termine, ai soli fini degli effetti retributivi e previdenziali.
Richiamando il principio costantemente riaffermato dalla Corte di Cassazione, secondo il quale ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, l’assunto della sua riconducibilità ad un rapporto diverso esige, da parte del datore di lavoro, una prova rigorosa, che nel caso di specie non è stata fornita.
Il Consiglio di Stato ha quindi condannato l’Azienda Sanitaria Locale alla liquidazione delle competenze stipendiali, determinate nella misura prevista dagli accordi sindacali del comparto sanità, vigenti in quel periodo e spettanti alla ricorrente.

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