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Indennità supplementare fine servizio: è legittima soltanto per i trattamenti già deliberati al 1° marzo 1966 e non è ammissibile alcuna rivalutazione


Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza n. 1358/09
di Federica Caponi

Comuni e Province – Personale – Ripristino dell’indennità supplementare di fine servizio deliberata con atto successivo al 1° marzo 1966 – Illegittimo


La Legge n. 152/68 ha introdotto, per i dipendenti degli Enti Locali, il divieto legale di trattamenti aggiuntivi di fine servizio, cristallizzando, con riferimento ai trattamenti pregressi espressamente fatti salvi, i criteri di liquidazione.
E’, pertanto, illegittimo ipotizzare che gli stessi possano trovare meccanismi di computo diversi da quelli disciplinati dalla citata disposizione, approvati con atti successivi al 1° marzo 1966.

Premessa la validità dei trattamenti già deliberati in favore del personale in servizio al 1° marzo 1966, è errato ipotizzare che gli Enti locali abbiano il potere di intervenire successivamente in materia, sia pur soltanto al fine di modulare gli importi dei pregressi trattamenti dovuti, in base a quanto stabilito dall’art. 17, comma 2, della Legge n. 152/68 e dell’interpretazione autentica recata dalla Legge n. 746/69.
Ne consegue che ben può un Ente Locale, in autotutela, annullare un atto con il quale era stato introdotto un meccanismo di calcolo, non previsto in precedenza, della predetta indennità e con cui erano stati previ in considerazione compensi accessori nella base di calcolo del citato trattamento supplementare di fine servizio dalla Legge n. 152/68.
E’ questo l’importante principio ribadito dal Consiglio di Stato, con la Sentenza in commento, con la quale ha respinto il ricorso in appello presentato da alcuni ex dipendenti provinciali avverso una Delibera con la quale la Giunta aveva annullato un proprio precedente atto del 1976, che recava un criterio di calcolo dell’indennità supplementare di fine servizio, diverso rispetto a quello disciplinato in una Delibera del 1962.
Il Tar, in primo grado, rigettava il ricorso proposto dai ricorrenti, ritenendo illegittima la Delibera approvata nel 1976, poichè in contrasto con la disciplina contenuta nell’art. 17 della Legge n. 152/68 e legittima la decisione dell’Ente Locale di annullare tale atto in via di autotutela.

Il fatto
Nel caso di specie, una Provincia con atto di Giunta del 1998 aveva ritirato in autotutela un precedente atto deliberativo del 1976 con il quale, nel riconfermare la corresponsione dell’indennità supplementare di fine servizio in favore del personale dipendente, in servizio al 1° marzo 1966, era stato disposto un criterio di calcolo non conforme a quello già previsto nell’originaria Delibera istitutiva del trattamento del 1962.
La Delibera del 1998 era stata impugnata in primo grado dai ricorrenti che contestavano l’annullamento della Delibera del 1976, ritenendolo legittimo e sostenendo che non sarebbe stato in ogni caso sorretto da un interesse pubblico significativo, recando al contrario un sicuro pregiudizio all’affidamento dei beneficiari del trattamento supplementare, maturato in oltre vent’anni di efficacia della Delibera annullata.
Secondo i ricorrenti, per il personale degli Enti locali, il divieto legale (ex art. 17, Legge n. 152/68) relativo ai trattamenti supplementari di fine servizio (aggiuntivi rispetto al trattamento dovuto dagli Enti previdenziali), conterrebbe un’espressa norma di salvaguardia per i trattamenti già deliberati dagli organi competenti entro il 1° marzo 1966.
Inoltre, in riferimento al personale in servizio a tale data, la presunta clausola di salvaguardia legittimerebbe l’adozione, da parte di ciascun Ente locale, di deliberazioni incidenti sulla misura del trattamento, finalizzate al riallineamento con i trattamenti previdenziali previsti dal personale alle dipendenze dello Stato.
I Giudici amministrativi hanno chiarito che la validità dei trattamenti già deliberati in favore del personale in servizio al 1° marzo 1966 non può essere estesa fino al punto di consentire agli Enti di intervenire nella materia anche successivamente, sia pur soltanto al fine di modulare gli importi dei pregressi trattamenti dovuti.

La questione di fondo
La Legge n. 152/68 ha riordinato profondamente la materia previdenziale per i dipendenti degli Enti locali, adottando una disciplina molto più favorevole per il personale e, contemporaneamente, ha risolto definitivamente, con l’art. 17, il problema dei trattamenti supplementari che in precedenza erano stati deliberati da numerosi Enti.
Il citato art. 17 ha stabilito che “è fatto divieto alle Amministrazioni degli Enti locali di corrispondere trattamenti supplementari di fine servizio e pensionistici in favore dei propri dipendenti in aggiunta al trattamento dovuto dagli Enti previdenziali cui il personale medesimo è iscritto per legge”.
Il comma 2 ha previsto che i trattamenti supplementari di fine servizio e pensionistici deliberati dagli organi competenti a favore del personale degli Enti locali entro il 1° marzo 1966 e debitamente approvati dagli organi di tutela, siano mantenuti limitatamente al personale in servizio a tale data.
Tali trattamenti supplementari devono essere decurtati di una somma pari all’ammontare dell’aumento apportato in base alle disposizioni della citata Legge n. 152/68 al trattamento di servizio corrisposto dall’Inadel.
Tale disposizione ha stabilito, pertanto, la soppressione di ogni trattamento supplementare per il personale entrato in servizio dopo il 1° marzo 1966 (data dalla quale, per l’art. 4 della stessa Legge, decorre il nuovo trattamento previdenziale), il mantenimento ad esaurimento di tali trattamenti supplementari per coloro che erano rimasti in servizio alla data 1° marzo 1966, ma in misura ridotta, e cioé con decurtazione di somme pari all’aumento del trattamento previdenziale apportato con la stessa Legge (ex art. 17, commi 2 e 3).
L’art. 1 della Legge n. 746/69, nel dare interpretazione autentica al citato art. 17, ha precisato che “i trattamenti supplementari di fine servizio e pensionistici deliberati dagli organi competenti a favore del personale degli Enti locali entro il 1 marzo 1966 e debitamente approvati dagli organi di tutela, sono mantenuti limitatamente al personale in servizio a tale data, anche nei casi ove per i provvedimenti concessivi di detti Enti sia intervenuto l’annullamento ex art. 6 Tu. 3 marzo 1934, n. 383”.
Sono state sollevate anche questioni di presunta illegittimità costituzionale per la disciplina introdotta dall’art. 17.
In particolare, era stato evidenziato che in tal modo la reviviscenza delle Delibere annullate era stata disposta solo a vantaggio del personale che risultasse in servizio alla data del 1 marzo 1966, con esclusione, dal beneficio predetto del personale che, a quella data fosse risultato già collocato a riposo, cosicché ne sarebbe derivata una disciplina ingiustificatamente differenziata nei riguardi di quest’ultima categoria di personale.
Non era chiaro per quale ragione, nel quadro di un regime volto a riconoscere la retroattiva legittimità ai trattamenti supplementari istituiti prima del 1 marzo 1966, fosse stata riconosciuta la inoperatività degli annullamenti di ufficio nei riguardi del personale in servizio al 1 marzo 1966 e non anche di quello cessato prima di tale data.
In tal modo, il Legislatore ha fissato al 1° marzo 1966 la data di applicazione del nuovo ordinamento, dal quale non vengono in alcun modo toccati i dipendenti già cessati dal servizio alla medesima data.
Nello stabilire questa data il Legislatore ha fatto uso del potere discrezionale che gli é proprio quando determina il momento dal quale una legge deve produrre i suoi effetti.
In merito a tale disposizione, “non può contrastare con il principio di uguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, perché lo stesso fluire di questo costituisce di per sé un elemento diversificatore in rapporto a situazioni concernenti sia gli stessi soggetti come gli altri componenti dell’aggregato sociale” (Corte Cost., Sent. n. 138/77).
Appare opportuno anche precisare che trattandosi di controversia avente ad oggetto l’indennità premio di fine servizio, spettante ad ex dipendenti degli Enti locali, potrebbe essere considerata una fattispecie di competenza del giudice ordinario, attesa la sua natura di controversia di carattere previdenziale.
E’ vero, infatti, che le controversie relative alla liquidazione del trattamento di fine rapporto erogato in favore del personale degli Enti locali sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto investono posizioni di diritto soggettivo inerenti ad un rapporto previdenziale con l’istituto erogatore, autonomo rispetto al rapporto di pubblico impiego che ne costituisce solo il presupposto (Cons. Stato, Sez. VI, 22 ottobre 2002, n. 5797; 12 febbraio 2001, n. 671).
La controversia in esame, tuttavia, attiene all’erogazione di un trattamento supplementare di fine servizio ai sensi della Legge n. 152/68 e, quindi, ad una prestazione che non ha natura previdenziale in senso stretto (carattere che hanno solo quelle prestazioni erogate da un Ente, statutariamente preposto alla previdenza obbligatoria, nell’ambito di un rapporto che trova fonte esclusiva nella legge ed ha causa, soggetti e contenuto diversi dal rapporto di lavoro), ma è connotata da una stretta inerenza sostanziale al pregresso rapporto di pubblico impiego in quanto, pur avendo un contenuto genericamente previdenziale, è dovuta dallo stesso datore di lavoro non in forza di una legge, ma di un’obbligazione da quest’ultimo assunta autonomamente nell’ambito di una previdenza interna aziendale a carattere integrativo (e non sostitutivo) delle prestazioni erogate dagli Enti previdenziali (Cassazione civile, Sez. un., 6 febbraio 1997, n. 1135; 27 aprile 2004, n. 8020; Consiglio di Stato, Sez. V, 24 ottobre 2002, n. 5834).
Con la conseguenza che, nel regime anteriore al nuovo riparto di giurisdizione di cui al D. n. 29/93 (oggi trasfuso nell’art. 63 del Dlgs. n. 165/01), le controversie sulla predetta indennità, alla stregua della natura pubblicistica di detto rapporto, sono devolute alla giurisdizione del Giudice amministrativo.
Il Consiglio di Stato, nella Sentenza in commento, ha precisato che l’art. 17 della Legge n. 152/68 nell’introdurre il più volte citato divieto legale di trattamenti aggiuntivi di fine servizio, ne ha definito, con riferimento ai trattamenti pregressi espressamente fatti salvi, i criteri di liquidazione.
Non è legittimo, pertanto, secondo i Giudici amministrativi, ipotizzare che gli Enti Locali possano adottare, successivamente al 1° marzo 1966 meccanismi di computo diversi da quelli deliberati in precedenza.
La finalità perseguita da Legislatore con la Legge n. 152/68, in particolare il citato comma 3 dell’art. 17, è stata indubbiamente quella di assicurare la conservazione, a titolo transitorio, dei pregressi trattamenti supplementari, ma anche un contenimento degli oneri finanziari a carico degli Enti locali tenuti al pagamento.
Alla luce di tali considerazioni, anche la doglianza dei ricorrenti relativa alla presunta non sussistenza dell’interesse pubblico all’annullamento in autotutela della Delibera con la quale venivano disposte modalità di calcolo dell’indennità supplementare diverse rispetto al dettato legislativo del 1968, è stata respinta.
Il Consiglio di Stato ha infatti ritenuto legittimo l’annullamento considerando gli invitabile e oggettivi effetti negativi che un’interpretazione delle norme citate quale quella assecondata dalla Delibera del 1976, oggetto di ritiro in autotutela, avrebbe avuto sulle finanze locali.
I Giudici hanno anche chiarito che il preteso affidamento che gli interessati potevano aver tratto dall’ultradecennale vigenza della citata Delibera del 1976 non poteva costituire elemento condizionante la decisione in merito alla verifica della legittimità dell’agire della Provincia.
Infatti, benché i ricorrenti avessero potuto far affidamento a vedersi corrispondere l’indennità supplementare di fine servizio secondo i criteri di calcolo in tale ultima Delibera, appare evidente che si tratta di affidamento maturato contra legem, avente in ogni caso carattere del tutto recessivo rispetto al ben più appariscente e pregnante interesse pubblico al contenimento della spesa degli Enti locali, oggetto di particolare protezione dalla stessa disposizione normativa recante il divieto di trattamenti previdenziali e pensionistici aggiuntivi.
Conclusioni
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello presentato dai ricorrenti e ha confermato la Sentenza di primo grado del Tar, ritenendo corretta la decisione della Provincia di annullare in autotutela la Delibera del 1976 con la quale erano stati introdotti compensi accessori nella base di calcolo del trattamento supplementare di fine servizio e un meccanismo di calcolo dell’indennità stessa non previsto in precedenza.
La Legge n. 152/68, infatti, “nell’introdurre pro futuro il più volte citato divieto legale di trattamenti aggiuntivi di fine servizio, ne ha cristallizzato, con riferimento ai trattamenti pregressi espressamente fatti salvi, i criteri di liquidazione”.
I Giudici amministrativi hanno ritenuto, dunque, illegittimo che gli Enti Locali possano trovare meccanismi di computo dell’indennità supplementare diversi rispetto a quanto dagli stessi disciplinato prima del 1° marzo 1966.

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