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La società strumentale di un comune è soggetta ai vincoli del decreto Bersani


Tar Veneto, Sez. I, Sentenza n. 230/09
di Federica Caponi

La gestione del patrimonio immobiliare del Comune, immobili ed infrastrutture, impianti e dotazioni patrimoniali dell’Ente, è servizio strumentale e, pertanto, la società partecipata dallo stesso, affidataria della gestione di tale servizio, è assoggetta ai limiti previsto dall’art. 13 del Dl. n. 223/06 (Decreto Bersani).


Tale società non può quindi partecipare alle gare indette per l’affidamento di altri servizi, ne svolgere attività a favore di soggetti diversi dall’Ente socio, ne assumere partecipazioni in altre società o Enti.
E’ questo l’importante chiarimento fornito dal Tar Veneto nella Sentenza in commento, con la quale ha accolto il ricorso presentato da una società avverso gli atti di gara che stabilivano l’affidamento della gestione di un arenile marittimo ad un Raggruppamento temporaneo di imprese, a cui partecipava anche una Società strumentale del Comune concedente.
I Giudici hanno chiarito che la Società partecipante al Raggruppamento è una società strumentale del Comune socio, costituita ai sensi del richiamato art. 13 e avente, per espressa previsione statutaria, quale oggetto sociale esclusivo la gestione del patrimonio immobiliare del Comune, la gestione degli immobili ed infrastrutture, degli impianti e dotazioni patrimoniali dell’Ente.
Proprio in virtù di tali caratteristiche, l’attività di tale società può rivolgersi esclusivamente ai soggetti costituenti o partecipanti, essendo inibito di orientarsi verso diversi soggetti, pubblici o privati che siano, per lo svolgimento di prestazioni in loro favore, sia che ciò derivi da un affidamento diretto, sia che ciò consegua all’espletamento di una gara.
Nel caso di specie, un Comune aveva indetto una gara per l’affidamento della concessione demaniale marittima finalizzata all’insediamento di stabilimenti balneari.
A tale gara aveva partecipato anche un Raggruppamento di imprese, risultato vincitore, di cui faceva parte anche una Società, interamente partecipata dal Comune concedente, affidataria diretta della gestione del patrimonio immobiliare dell’Ente.
La Società di capitali che si era classificata al secondo posto ha impugnato gli atti di gara, sostenendo l’illegittimità dell’aggiudicazione in quanto tra le imprese partecipanti al Raggruppamento vi era la società strumentale dell’Ente concedente, che come tale può operare esclusivamente con i soggetti costituenti o partecipanti o affidanti e non può svolgere prestazioni a favore di altri soggetti, pubblici o privati, né in affidamento diretto né mediante gara, e non può partecipare ad altre Società o Enti, così come stabilito dall’art. 13 del Dlgs. n. 223/06.
La questione di fondo
La problematica sottoposta ai Giudici amministrativi attiene alla verifica della corretta qualificazione del servizio di gestione del patrimonio immobiliare delle P.A., se abbia natura di servizio strumentale o di servizio pubblico locale.
La questione infatti è di fondamentale importanza al fine di verificare se la società partecipata dall’Ente per la gestione di tale servizio sia assoggettata agli stringenti vincoli dell’art. 13 del Decreto Bersani, tra cui rientra quello di non poter svolgere alcuna attività a favore di soggetti estranei alla compagine sociale.
Secondo la ricorrente, con la partecipazione al Raggruppamento la società strumentale avrebbe violato il divieto di prendere parte ad altre Società od Enti e l’affidamento della concessione avrebbe determinato non soltanto lo svolgimento di attività nei confronti di un soggetto pubblico diverso dal Comune (lo Stato, proprietario dell’area demaniale), ma anche, per effetto dell’acquisita disponibilità dell’area, il rapporto diretto con i cittadini, fruitori dei servizi di spiaggia a pagamento, il cui corrispettivo è determinato e incassato direttamente dal concessionario.
Il Tar si è anche soffermato ad esaminare la natura delle funzioni eserciate in materia di concessioni di beni demaniali dal Comune, dovendo verificare se il servizio di gestione dell’area demaniale sia riconducibile ad un servizio pubblico locale e se per effetto dei poteri devoluti al Comune in tale materia, sia possibile far confluire nel complesso dei beni facenti parte del patrimonio  comunale le aree da assegnare in concessione.
L’approfondimento
L’art. 13 del Dl. n. 223/06 (Decreto Bersani) stabilisce che al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle P.A. regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali Enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli Enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara.
Tali società devono avere un oggetto sociale esclusivo e non possono partecipare ad altre società o Enti.
La previsione di legge impone quindi a tali società, partecipate dagli Enti Locali, di rivolgersi esclusivamente ai soggetti costituenti o partecipanti, essendo loro inibito di orientarsi verso diversi soggetti, pubblici o privati che siano, per lo svolgimento di prestazioni in loro favore, sia che ciò derivi da un affidamento diretto sia che ciò consegua all’espletamento di una gara.
La Giurisprudenza amministrativa ha chiarito di recente che le società ricadenti nel divieto di cui all’art. 13 sono quelle partecipate da Regioni o Enti Locali, costituite per svolgere attività finalizzate alla produzione di beni e servizi da erogare a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica, di cui resta titolare l’Ente di riferimento, e con i quali lo stesso Ente provvede al perseguimento dei suoi fini istituzionali, realizzando quindi attività “rivolte essenzialmente alla P.A. e non al pubblico, diversamente dalla società costituite per la gestione dei servizi pubblici locali che mirano a soddisfare direttamente in via immediata esigenze generali della collettività” (Tar Lazio, Sez. III; Sent. n. 2514/08, Tar Puglia, Sez. II, Sent. n. 4306/02).
Seppure, infatti, tali società strumentali esercitino attività di natura imprenditoriale, ciò che rileva è che siano state costituite per tutelare in via primaria l’interesse e la funzione pubblica dell’Amministrazione di riferimento, per la cui soddisfazione è anche possibile che venga sacrificato l’interesse privato imprenditoriale.
Sussiste, pertanto, il carattere della strumentalità delle società a capitale interamente pubblico o misto rispetto agli Enti pubblici che le hanno costituite o che ne sono soci, ogni qual volta l’attività che queste sono chiamate a svolgere sia rivolta agli stessi Enti promotori o comunque azionisti, per corroborare le funzioni di competenza di tali Amministrazioni pubbliche (nella specie, Enti Locali territoriali) secondo l’ordinamento amministrativo (Tar Veneto, Sez. I, Sent. 788/08 e Tar Lazio, Sez. II, Sent. n. 5192/07).
Allo stesso modo, la società potrebbe essere incaricata dello svolgimento esternalizzato di attività di precipua competenza dell’Ente Locale, che indirettamente svolgerebbe compiti propri dell’Ente.
Tali parametri, secondo i Giudici amministrativi, valgono a offrire un criterio certo e affidabile di distinzione rispetto alle fattispecie in cui dette società sono chiamate a svolgere un servizio pubblico locale, non rivolto direttamente agli Enti pubblici azionisti, bensì ai cittadini-utenti che fruiscono del servizio pubblico (come avviene, ordinariamente, per un concessionario di pubblici servizi, preposto proprio a rendere il servizio agli utenti in luogo della P.A. cui tale compito spetterebbe).
La ratio dell’art. 13 del Decreto Bersani è quella di assicurare la parità degli operatori e di evitare possibili distorsioni o alterazioni della concorrenza e del mercato, situazioni potenzialmente verificabili grazie alla particolare posizione di vantaggio che tali società detengono per effetto della partecipazione pubblica al loro capitale.
E’ quindi imposto a tali società di rivolgersi esclusivamente alle Amministrazioni socie per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali soggetti.
Come sottolineato anche dalla Corte Costituzionale, in occasione del giudizio di legittimità della norma di cui all’art. 13 del citato Decreto Bersani, dette disposizioni mirano a definire i confini tra l’attività amministrativa e l’attività di impresa, quest’ultima come tale soggetta alle regole del mercato, avendo come obiettivo l’eliminazione delle possibili distorsioni della concorrenza (Corte Cost. Sent. n. 326/08).
In particolare, la Corte, nel ritenere né irragionevoli né sproporzionati i limiti imposti dal Legislatore, ha sottolineato come la previsione in base alla quale dette società non possono operare con soggetti diversi dagli Enti territoriali soci o affidanti, imponendo di fatto una separazione societaria e obbligandole ad avere un oggetto sociale esclusivo, mirano ad assicurare la parità nella competizione, che potrebbe essere alterata dall’accesso di soggetti con posizioni di privilegio in determinati mercati.
Il Tar ha chiarito che il bando pubblicato dal Comune aveva ad oggetto l’affidamento della concessione demaniale marittima e, in tal senso, l’Amministrazione comunale si era attivata nell’esercizio della funzione amministrativa devoluta dalla Regione ai Comuni, che devono provvedere in ordine al rilascio, al rinnovo ed ad ogni modificazione inerente le concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative.
I compiti affidati ai Comuni in materia di concessioni demaniali marittime sono pertanto di natura esclusivamente amministrativa.
Ne deriva che l’area data in concessione è, e resta, di proprietà dello Stato, in quanto appartenente al demanio statale, essendo devolute ai Comuni le sole funzioni amministrative relative ai procedimenti per il rilascio o il rinnovo o la modifica della concessione demaniale.
Proprio tale condizione rende non corretto ritenere che, per effetto dei poteri devoluti al Comune, le aree demaniali marittime, da assegnare in concessione, farebbero parte del patrimonio comunale.
Tale considerazione non può essere condivisa proprio perché agli Enti territoriali sono devolute in materia funzioni di carattere programmatorio-pianificatorio (alle Regioni) o amministrativo per il rilascio della concessione (ai Comuni), senza tuttavia incidere sul regime giuridico dei beni, che restano in ogni caso di proprietà dello Stato.
Pertanto, trattandosi di concessione di bene demaniale, quindi di proprietà dello Stato e non del Comune, l’attività esercitata dalla società strumentale dell’Ente, in qualità di concessionaria, sarebbe svolta a favore di un soggetto diverso (lo Stato) da quello che l’ha costituita e che ne detiene l’intero pacchetto azionario (Comune).
Il che risulta in contrasto con la precisa disposizione normativa contenuta nell’art. 13 del Decreto Bersani, ed esula dallo stesso oggetto sociale della società, la quale, come società strumentale, deve rivolgersi esclusivamente nei confronti del Comune socio.
Alla Società partecipata dal Comune, cui lo stesso aveva affidato direttamente la gestione del proprio patrimonio, risultava quindi preclusa la partecipazione alla gara indetta dall’Ente stesso, avente ad oggetto un bene di proprietà di altro soggetto, diverso dal Comune, sia per la natura giuridica di società strumentale del Comune, che per contrasto con l’oggetto sociale della stessa Società.
Il Tar ha anche precisato che le attività oggetto della concessione, affidata dal Comune con la procedura ad evidenza pubblica (realizzazione degli insediamenti balneari), hanno come destinatari i soggetti fruitori di tali strutture, quindi ancora una volta soggetti diversi (in questo caso soggetti privati: gli utenti) dal Comune socio.
I Giudici hanno chiarito che tali attività sono certamente di interesse pubblico, in quanto rivolte alla collettività (non solo comunale), che in tal modo può usufruire dell’arenile con tutti i servizi derivanti dall’utilizzo delle strutture ivi insediate, ma tuttavia hanno caratteristiche ben diverse dai servizi pubblici locali, essendo gestite in forma imprenditoriale dal concessionario.
Benché, infatti, il servizio sia rivolto alla collettività, costituita dai possibili utenti delle strutture, non può dirsi finalizzato esclusivamente ai fini di interesse generale, in quanto è comunque presente l’elemento imprenditoriale che caratterizza l’attività del concessionario-gestore degli insediamenti balneari.
Non è stata condivisa dal Tar la tesi sostenuta dal Comune, secondo cui tale servizio avrebbe natura di servizio pubblico, in quanto spetterebbe all’Ente il potere di approvare i prezzi che il gestore degli stabilimenti balneari applicherà al pubblico, analogamente a quanto accade nel caso dei servizi pubblici locali, ove il soggetto concedente si ingerisce nell’organizzazione propria del concessionario, fissando i prezzi che quest’ultimo applicherà nei confronti degli utenti per ogni singola tipologia di prestazione.
Il Tar ha precisato che in tale fattispecie, il Comune è destinatario unicamente della comunicazione del gestore dello stabilimento balneare in ordine ai prezzi, minimi e massimi, che intende applicare.
Il Comune, quindi, non ha alcun potere di approvazione o comunque di ingerenza in ordine alla determinazione dei prezzi che il gestore degli stabilimenti riterrà di applicare nei confronti dell’utenza.
Il che porta ad escludere ogni assimilazione alle procedure per la determinazione delle tariffe per i pubblici servizi e quindi l’assenza di un ulteriore elemento per ricondurre la fattispecie in esame a tale tipologia di servizi.
In ogni caso, se anche l’assenza della tariffa di per sé può non escludere che possa configurarsi un pubblico servizio, certo la sua mancanza, nel caso di specie, è sintomatica dell’assenza dei tratti costitutivi del pubblico servizio, evidenziando, al contrario, la natura prettamente imprenditoriale dell’attività del gestore dello stabilimento balneare, che fissa i prezzi per i servizi resi esclusivamente al fine di trarne profitto.
Conclusioni
I Giudici hanno dichiarato illegittima la partecipazione della Società partecipata dal Comune e affidataria del servizio di gestione del patrimonio comunale, alla gara indetta dallo stesso Ente per l’affidamento della concessione demaniale marittima, finalizzata all’insediamento di stabilimenti balneari.
Il Tar ha chiarito che la società partecipata dal Comune svolge un servizio strumentale e, pertanto, è assoggettata ai limiti previsti dall’art. 13 del Decreto Bersani.
Tali società devono avere un oggetto sociale esclusivo, non possono partecipare ad altre società o Enti e devono svolgere attività esclusivamente a favore dei soggetti costituenti o partecipanti, essendo loro inibito di orientarsi verso diversi soggetti, pubblici o privati che siano, sia che ciò derivi da un affidamento diretto sia che ciò consegua all’espletamento di una gara.
La Società strumentale del Comune non poteva, quindi, partecipare al Raggruppamento di imprese che ha presentato domanda per l’affidamento della concessione e non poteva essergli affidato lo svolgimento di nessun altro servizio da realizzare a favore di Enti diversi dal Comune socio.
I Giudici hanno anche precisato che le attività oggetto della concessione demaniale non hanno natura di servizio pubblico, in quanto, benché rivolte alla collettività, non sono finalizzate esclusivamente alla realizzazione di interessi generali, essendo presente l’elemento imprenditoriale che caratterizza l’attività del concessionario-gestore degli insediamenti balneari.

Sintesi
Il fatto
Un Comune ha indetto una gara per l’affidamento di una concessione demaniale marittima finalizzata all’insediamento di stabilimenti balneari.
A tale gara ha partecipato anche un Raggruppamento di imprese, risultato successivamente vincitore, di cui faceva parte anche una Società, interamente partecipata dal Comune concedente, affidataria diretta della gestione del patrimonio immobiliare dell’Ente.
La Società di capitali, che si era classificata al secondo posto, ha impugnato gli atti di gara, sostenendo l’illegittimità dell’aggiudicazione in quanto tra le imprese partecipanti al Raggruppamento vi era la società strumentale dell’Ente concedente, che come tale può operare esclusivamente con i soggetti costituenti o partecipanti o affidanti e non può svolgere prestazioni a favore di altri soggetti, pubblici o privati, né in affidamento diretto né mediante gara, e non può partecipare ad altre Società o Enti, così come stabilito dall’art. 13 del Dlgs. n. 223/06.
La decisione
I Giudici hanno dichiarato che il servizio di gestione del patrimonio dell’Ente è attività strumentale, in quanto ha ad oggetto la realizzazione di attività rivolte essenzialmente alla P.A. e non al pubblico, diversamente dalla società costituite per la gestione dei servizi pubblici locali che mirano a soddisfare direttamente in via immediata esigenze generali della collettività.
Pertanto, tale organismo è vincolata al rispetto dei limiti previsti dall’art. 13 del Decreto Bersani, che impone il divieto, tra gli altri, di partecipare ad altre società o Enti, di non poter svolgere attività a favore di soggetti diversi dai soci, sia che ciò derivi da un affidamento diretto sia che ciò consegua all’espletamento di una gara.
La Società strumentale del Comune pertanto non poteva partecipare al Raggruppamento di imprese che ha presentato domanda per l’affidamento della concessione e non poteva essergli affidato lo svolgimento di nessun altro servizio da realizzare a favore di Enti diversi dal Comune socio.
I precedenti
La Sentenza del Tar Veneto ha confermato che costituiscono servizi strumentali le attività rivolte essenzialmente alla P.A. e non al pubblico, finalizzate alla produzione di tutti quei beni e servizi erogati a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica di cui resta titolare l’Ente di riferimento e con i quali lo stesso Ente provvede al perseguimento dei suoi fini istituzionali.
In tal senso si era espresso anche il Tar Lazio, Sez. III, Sent. n. 2514/08, il Tar Veneto, Sez. I, Sent. n. 788/08, il Tar Lazio, Sez. III, Sent. n. 5192/07, il Tar Puglia, Sez. II, Sent. n. 4306/02.

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