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CC Centrale Controllo, del. n. 7 – I limiti alla rinnovabilità dell’incarico dirigenziale


Il provvedimento con il quale si dispone il rinnovo di un incarico dirigenziale deve compiutamente indicare le particolari esigenze di servizio atte a giustificare il ricorso a tale istituto, alternativo al nuovo conferimento.

Questo il principio ribadito dalla Corte dei Conti, sez. centrale del controllo di legittimità sugli atti, con la deliberazione n. 7 depositata il 28 aprile 2016.

La procedura per l’assegnazione degli incarichi dirigenziali trova una sua compiuta disciplina nell’articolo 19 del d.lgs. 165/2001.

Tale disposizione, al comma 1-bis, impone all’amministrazione di rendere conoscibili il numero e la tipologia dei posti di funzione dirigenziale che si rendono vacanti ed i criteri di scelta, al fine di valutare i dirigenti disponibili all’assegnazione dell’incarico.

L’istituto del rinnovo è disciplinato dal comma 2 che prevede la facoltà di avvalersi dell’istituto della conferma, per estendere il periodo di durata dell’incarico.

Come evidenziato dai magistrati contabili, le previste procedure di valutazione comparativa (introdotte dal d.lgs. 150/2009) rispondono, oltre che ad un interesse dei singoli candidati, anche a quello di assicurare la trasparenza e la neutralità nell’assegnazione delle funzioni.

Di conseguenza, è possibile procedere in deroga al generale criterio della concorsualità solo se peculiari esigenze di funzionamento esigono la permanenza nell’incarico del dirigente già assegnato in precedenza.

Tali esigenze devono necessariamente essere evidenziate nel provvedimento di conferma mediante adeguata motivazione.

In particolare, motivi apprezzabili per far ricorso alla conferma potrebbero essere rappresentati dall’alto livello di specializzazione dei compiti assegnati all’Ufficio, dalla particolare competenza posseduta e dai buoni risultati raggiunti dal Dirigente preposto.

Va evidenziato, inoltre, che la previsione della rinnovabilità dell’incarico deve comunque incontrare limiti nella ragionevole durata dello stesso e soggiacere alle prescrizioni imposte dalla normativa anticorruzione, attraverso la fissazione di criteri di rotazione per gli incarichi esposti al rischio corruttivo.

Nello stesso senso la recente legge n. 124/2015 recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche” che, con riferimento alla durata degli incarichi, indica il periodo di quattro anni e contempla la facoltà di rinnovo per ulteriori due senza procedura selettiva per una sola volta, purché sorretta da idonea motivazione.

Leggi la deliberazione
CC sez. centrale controllo legittimità, del. 7 – 2016


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