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Emilia Romagna, del. 67/2022 – Divieto di soccorso finanziario per le società in liquidazione


Un sindaco ha avanzato un quesito riguardo la corretta applicazione del divieto di soccorso finanziario, di cui ex art. 14, comma 5 del d.lgs. 175/2016, in caso di società interamente partecipata, in situazione deficitaria e in stato di liquidazione.

Nello specifico, si chiede di sapere se, in caso di apposito accantonamento disposto dal comune, di cui all’art. 21, comma 1, d.lgs. 175/2016, l’ente possa farsi carico dei debiti della società in liquidazione, nell’intento di tutelare un interesse pubblico.

I magistrati contabili dell’Emilia Romagna, con deliberazione n. 67/2022, depositata il 14 giugno 2022, ricordano che il meccanismo dell’accantonamento di cui all’art. 21, d.lgs. 175/2016, risponde alla necessità di salvaguardia degli equilibri finanziari nonché alla responsabilizzazione degli enti locali nel perseguire la sana gestione degli organismi partecipati.

Allo stesso tempo, però, si evidenzia che l’obbligo contenuto nell’art. 21 “ non comporta tout court l’insorgenza dell’obbligo di ripiano delle perdite o l’assunzione dei debiti del soggetto partecipato, poiché l’accantonamento (…) non ha eliso i limiti al soccorso finanziario nei confronti degli organismi partecipati, né esonera l’ente dalla dimostrazione, in caso di soccorso finanziario, della sussistenza di un particolare interesse a coltivare la società partecipata”.

La duplice ratio delle disposizione vincolistiche in materia di soccorso finanziario risponde da un lato all’esigenza di tutela della concorrenza di mercato a livello eurounitario e dell’esclusione, quindi, di ogni privilegio che lo possa alterare, e dall’altro alle disposizioni nazionali sulla razionalizzazione delle società partecipate da p.a.

A questo i magistrati contabili aggiungono anche la necessità, nel caso di accollo di un debito altrui da parte di un soggetto di diritto pubblico, di una motivazione che dia evidenza della ragione economico-giuridica dell’operazione, poiché, diversamente, si configurerebbe come un “ingiustificato favore verso i creditori della società”.

Rispetto al caso di specie, i magistrati contabili ritengono che nelle ipotesi di società in liquidazione diventa difficile dimostrare in termini di razionalità economica la scelta dell’ente di accollarsi l’onere dei debiti, poiché si tradurrebbe in una scelta priva delle finalità proprie di duraturo riequilibrio strutturale; nemmeno la sussistenza di uno specifico interesse pubblico e la connessa infungibilità della prestazione fornita dalla maggior creditrice della società in house sarebbero rilevanti in tal senso.

Tra l’altro, i magsitrati contabili evidenziano la palese contraddizione tra un eventuale provvedimento con cui l’ente partecipante eroga somme per far fronte alle passività societarie, e un atto di indirizzo precedentemente deliberato dall’organo consiliare, in sede di ricognizione delle partecipazioni, con cui si dispone la liquidazione della società e quindi l’assenza di una possibile continuità aziendale.

In conclusione, se il Comune provvedesse ad accollarsi il debito sia con apporto finanziario ma anche facendo ricorso agli accantonamenti del fondo di cui all’art. 21, per i magistrati contabili “verrebbe a mancare la causa in concreto dello strumento privatistico utilizzato, non essendo prevista dalla legge e dalle ipotesi pretorie, dall’altro sarebbe mal esercitato il potere pubblicistico con impatto finanziario ulteriormente negativo per l’ente locale

 

Leggi la delibera

CC 67-2022 Emilia Romagna

 

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