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Basilicata, del. 68/2020 – Maggiorazione retributiva al professionista


Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla possibilità di rinnovare una convenzione per l’utilizzo di un tecnico dipendente di un altro ente, ex art. 1, comma 557 della legge 311/2004. L’ente infatti non ha adeguate professionalità tecniche all’interno. Il sindaco in particolare si è rivolto ai giudici contabili al fine di verificare la fattibilità di riconoscere al tecnico individuato, dipendente a tempo indeterminato di un altro ente, una maggiorazione retributiva “indipendente” rispetto a quella derivantegli dalla posizione di ruolo occupata nell’ente datore di lavoro.

I magistrati contabili della Basilicata,  con la deliberazione n. 68, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 30 dicembre 2020, hanno ricordato che la prassi applicativa di questi anni ha precisato i limiti esterni al potere consultivo intestato alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, occupandosi di ulteriori problematiche connesse all’esercizio della funzione consultiva, ivi comprese quelle relative all’interpretazione dei contratti collettivi di lavoro del personale appartenente al comparto “pubblico”.

In particolare, le S.R. si sono pronunciate in sede di nomofilachia con Delibera 50/2010, con la quale hanno evidenziato che “l’interpretazione delle clausole dei contratti collettivi trova una sua compiuta disciplina nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.”. Inoltre, “(…) in base ad un costante orientamento (cfr. ex multis anche Sezione delle autonomie n. 5/AUT/2006 del 17 febbraio 2006) non possono ritenersi ammissibili, al fine di scongiurare possibili interferenze e condizionamenti, i quesiti che formano oggetto di esame da parte di altri Organi”.

Inoltre, sempre le S.R. nella deliberazione 56/2011 hanno affermato che “in sede consultiva e di nomofilachia, le Sezioni della Corte dei conti non possono rendere parere sull’interpretazione e sul contenuto della norma del contratto collettivo nazionale di lavoro (…) poiché, come più volte specificato, l’interpretazione delle norme contrattuali rientra nelle funzioni che il legislatore ha attribuito all’ARAN”. L’attività consultiva devoluta alla Corte dei Conti, dunque, non può riguardare questioni oggetto di esame da parte di altri organi e, in particolare, per quanto d’interesse, non può spingersi all’interpretazione di clausole e norme conseguenti alla contrattazione collettiva in quanto questa è demandata, per la parte pubblica, all’Aran ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. 165/2001 che stabilisce che “Quando insorgono controversie sull’interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano per definire consensualmente il significato delle clausole controverse”.

Pertanto, la Corte dei Conti, nella deliberazione in commento, ha chiarito che la richiesta di parere attiene direttamente al riconoscimento ad un dipendente pubblico utilizzato da altra amministrazione locale, ex art. 1, comma 557, della Legge 311/2004, di ulteriori emolumenti, pertanto, esula dalla materia della contabilità pubblica inerendo, invece, alla disciplina dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle p.a. La disciplina dello “scavalco di eccedenza” nonché del relativo trattamento economico trova, infatti, la sua principale fonte regolatrice nei contratti collettivi vigenti in materia (art. 2, comma 3, art. 40 e art. 45 d.lgs. 165/2001).

La richiesta di parere è stata quindi ritenuta oggettivamente inammissibile, in quanto ha ad oggetto un quesito relativo a un caso specifico che, tra le altre, sottende valutazioni attinenti alla concreta attività gestionale ed amministrativa di esclusiva competenza dell’Ente.

Leggi la Deliberazione

CC Sez. Controllo Basilicata del. n. 68-20


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