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Il RPCT può essere anche responsabile dell’UPD


L’Anac, con delibera 700/2019 ha chiarito che non c’è incompatibilità tra la funzione di Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT) e l’incarico di componente o titolare dell’ufficio dei procedimenti disciplinari (UPD), qualora sia costituito come organo collegiale dell’Amministrazione, salvo il caso in cui il soggetto coinvolto nell’azione disciplinare sia proprio lo stesso RPCT.

L’Anac è intervenuta a seguito del ricevimento di numerose segnalazioni relative all’assegnazione allo stesso soggetto del ruolo di RPCT e di quello di componente o titolare dell’ufficio procedimenti disciplinari, ritenendo necessario effettuare un approfondimento finalizzato a orientare le Amministrazioni su tale questione.

L’Anac ha richiamato la Circolare della Funzione pubblica 1/2013, che evidenziava l’opportunità di evitare il doppio ruolo in capo allo stesso soggetto, per ridurre al massimo il configurarsi di situazioni di conflitto d’interesse.

L’Autorità ha però rilevato che dal 2013, nel corso dell’attività consultiva e di vigilanza svolta, è emerso che, in taluni casi, tenere distinte le due figure può risultare particolarmente complesso, prima di tutto per questioni organizzative, legate alle ridotte dimensioni dell’Ente.

Inoltre, l’orientamento maggioritario della giurisprudenza ritiene che la situazione di conflitto di interessi, nello svolgimento di entrambe le funzioni, sussista nel solo caso in cui sia coinvolto nel procedimento disciplinare proprio il RPC. In tal caso, l’Anac ha chiarito che l’Ufficio dei procedimenti disciplinari può avviare il procedimento disciplinare anche d’ufficio, senza che la segnalazione provenga da altri dirigenti o responsabili della struttura (in tal senso, Suprema Corte di Cassazione civile, Sez. lavoro, n. 25379/2017, 17582/2019, 3467/2019).

Al contrario, negli altri casi, il fatto che il RPCT indichi i nominativi dei soggetti che non hanno correttamente attuato le misure in tema di prevenzione della corruzione e della trasparenza, non preclude un’ulteriore e distinta valutazione da parte dell’UPD, in merito alla gravità del comportamento e alla necessità di attivare un procedimento disciplinare (Corte di Cassazione, Sez. Lav., sentenza 23268/2017).

L’Anac ha quindi precisato che lo svolgimento delle funzioni di RPCT e di responsabile UPD, sebbene non sia la scelta organizzativa migliore, soprattutto per gli enti di maggiori dimensioni, è comunque corretta e legittima, pertanto, i procedimenti realizzati non sono viziati da nullità, in ossequio al principio di tassatività delle ipotesi di nullità degli atti, come sancito anche dal Tribunale di Monza, Sez. lavoro, nella sentenza del 20 febbraio 2015.

Pertanto, l’Anac ha chiarito che:

  • non c’è incompatibilità tra il ruolo di RPCT e responsabile UPD nel caso in cui l’Ufficio Procedimenti Disciplinari sia un organo collegiale;
  • sussiste una situazione di conflitto d’interesse nel caso in cui il soggetto coinvolto nel procedimento disciplinare sia lo stesso RPCT;
  • è auspicabile che gli enti di medie-grandi dimensioni mantengano distinte le due figure, soprattutto nel caso in cui l’UPD sia costituito in forma monocratica. In tale ultimo caso, l’Anac ha richiamato gli enti a valutare con estrema attenzione la propria organizzazione, tenuto conto delle funzioni svolte dal RPCT e della preferenza accordata dal legislatore alla garanzia di autonomia del RPCT stesso.

 

Leggi la delibera

Anac del.700.2019


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