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Mancata o falsa attestazione della presenza in ufficio: è danno all’erario


Il dipendente pubblico che elude il sistema di rilevazione delle presenze sul luogo di lavoro, allontanandosi temporaneamente dall’ufficio (dopo aver “timbrato il cartellino” attestando il suo ingresso) senza motivazione e senza autorizzazioni, e soprattutto senza far risultare l’allontanamento (ovvero senza timbrare la sua uscita dal posto di lavoro ed il suo rientro), in aggiunta alle responsabilità penali e disciplinari, risponde del danno cagionato all’amministrazione.

Questo il principio espresso dalla Corte dei Conti, sez. giur. Basilicata, con la sentenza n. 8 depositata il 6 marzo 2019.

Nel caso di specie l’Azienda ospedaliera aveva aperto un procedimento disciplinare nei confronti di un proprio dipendente, astretto agli arresti domiciliari con l’accusa di truffa aggravata per false attestazioni di presenza in servizio.

Il procedimento disciplinare si era concluso con l’irrogazione della sanzione del licenziamento disciplinare “…ai sensi del combinato disposto dell’art. 13 del codice disciplinare aziendale e s.m.i. e di quanto previsto dall’art. 55-quater del D.lgs. 165/2001…” .

La procura contabile aveva successivamente convenuto in giudizio il dipendente, ritenuto responsabile di aver causato all’ente un danno patrimoniale diretto (relativo alla retribuzione percepita in assenza di prestazione lavorativa), nonché un danno da disservizio (a fronte del decremento della produttività funzionale arrecata alla complessiva organizzazione dell’Amministrazione) ed un danno all’immagine.

I giudici contabili hanno accolto la pretesa risarcitoria promossa dalla procura, tenuto conto che la trasgressione delle regole di comportamento che sono proprie dell’impiegato pubblico minano la credibilità dell’amministrazione di fronte all’opinione pubblica, oltre a comprometterne la funzionalità e/o la qualità del servizio.

Alla luce dell’articolo 55-quinquies, comma 2, del d.lgs. 165/2001, infatti, nel caso di false attestazioni o certificazioni,il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno d’immagine di cui all’articolo 55-quater, comma 3-quater”.

Circa la quantificazione del pregiudizio all’immagine l’articolo 55-quater del d.lgs. 165/2001, comma 3-quater, ultimo periodo, dispone che “L’ammontare del danno risarcibile è rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione e comunque l’eventuale condanna non può essere inferiore a sei mensilità dell’ultimo stipendio in godimento, oltre interessi e spese di giustizia” (su tale norma, si ricorda, la Corte dei Conti, sez. giur. Umbria, con l’ordinanza n. 76 depositata il 9 ottobre 2018 ha sollevato questioni di legittimità costituzionale).

Leggi la sentenza
CC Sez. Giur. Basilicata sent. n. 8 – 19


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