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Corruzione nell’affidamento di appalti pubblici: danno all’immagine e danno da tangente


Il monitoraggio del piano anticorruzione

Risponde di danno erariale il dipendente della società in house che viola la normativa in materia di appalti pubblici per agevolare l’indebita aggiudicazione di commesse pubbliche in cambio del pagamento di tangenti.

Questo il principio ribadito dalla Corte dei Conti, sez. giur. Veneto, con la sentenza n. 36 depositata il 15 marzo 2019.

Nel caso di specie il Responsabile della Direzione commerciale di una società in house era stato condannato, in sede penale, per i reati di corruzione e di turbativa d’asta, essendo risultato tra i protagonisti di un articolato sistema corruttivo nell’ambito degli appalti per la gestione dei rifiuti.

In base all’inquadramento della società nell’ambito delle “Società per Azioni emittenti strumenti finanziari quotati su mercati regolamentati e, quindi, equiparate ad una società quotata ex artt. 1, comma 5, e 2, comma 1, lett. p) Legge 175/2016”, la difesa aveva eccepito, preliminarmente, il difetto di giurisdizione del giudice contabile.

I giudici contabili hanno invece ritenuto sussistente la giurisdizione della Corte dei Conti ribadendo che, come affermato dalle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione nella sentenza n. 6929 del 20 marzo 2018, nelle ipotesi di società a partecipazione pubblica la giurisdizione contabile sussiste in tre ipotesi:

  1. in caso di società in house o in house providing (per le quali è necessario il triplice presupposto della partecipazione totalitaria da parte di enti pubblici e divieto di cessione delle partecipazioni a privati, dello svolgimento di attività almeno prevalente in favore degli enti soci, nonchè del controllo analogo a quello degli enti sui propri uffici con prevalenza sulle ordinarie forme civilistiche);
  2. in caso di danno provocato direttamente al patrimonio non della società, ma dell’ente pubblico;
  3. in caso di danno cagionato dal rappresentante dell’ente pubblico partecipante che abbia esercitato od omesso di esercitare il suo potere in modo tale da pregiudicare il valore della partecipazione.

I giudici contabili hanno quindi accolto la domanda della Procura sia sotto il profilo del danno all’immagine, che sotto quello del danno da tangente.

Come sostenuto dalla prevalente giurisprudenza della Corte dei Conti, infatti, il costo delle c.d. “tangenti” si traduce causalmente in un aumento dei prezzi praticati alla pubblica amministrazione rispetto a quelli comuni di mercato, effettuato dall’imprenditore per compensare la perdita subita con l’erogazione delle somme a titolo di tangente.

La tangente rappresenta quindi un costo occulto d’esercizio per l’imprenditore che viene trasferito sui prezzi di aggiudicazione degli appalti.

Conseguentemente, tale somma viene a rappresentare l’ingiustificato sovrapprezzo pagato dall’ente pubblico per la condotta corruttiva del proprio dipendente (Corte dei Conti, sez. giur. Lazio, sentenza n. 83/2018; sez. giur. Lombardia, sentenza 199/2016; sez. giur. Lombardia, sentenza 170/2015).

Leggi la sentenza
CC Sez. Giur. Veneto sent. n. 36 – 19


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