La falsa attestazione del dipendente pubblico circa la presenza in ufficio riportata sui cartellini marcatempo integra il reato di truffa aggravata.
Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 15585 depositata il 9 aprile 2019.
Nel caso di specie, in seguito a verifiche investigative svolte da un’agenzia privata, era emerso che alcuni dipendenti, giovandosi ognuno dell’aiuto dell’altro, previo accordo e messa a disposizione dei relativi badge, avevano falsato la loro presenza in ufficio.
Lo schema criminoso prevedeva che chi prendeva servizio per primo sul posto di lavoro passasse il badge anche di un altro soggetto che, in ragione di tale ingannevole condotta, risultava quindi aver preso servizio in un momento antecedente a quello effettivamente riscontrato e che, a sua volta, al momento in cui sopraggiungeva, passava i badge di un altro soggetto ancora, perpetuando una situazione identica a quella appena descritta, sino a che l’ultimo compiva analoga operazione.
Meccanismo, questo, che si ripeteva con riguardo all’orario di uscita allo scopo di far risultare la permanenza in servizio oltre il momento di effettivo abbandono dello stesso.
Come ribadito dalla Corte di Cassazione, l’indebita percezione delle somme corrispondenti alla porzione di retribuzione conseguita in difetto di prestazione lavorativa costituisce un danno economicamente apprezzabile per l’amministrazione pubblica (Cassazione, sentenza n. 3262 del 23/01/2019).
Il dipendente pubblico è tenuto ad uniformarsi ai principi di correttezza, anche nella fase esecutiva del contratto e, pertanto, ha l’obbligo giuridico di portare a conoscenza della controparte del rapporto di lavoro l’orario di ingresso e quello di uscita, nonché quello relativo ad allontanamenti intermedi (Cassazione, sentenza n. 9900 del 21/02/2018; Corte dei Conti, sez. giur. Sardegna, sentenza n. 22/2017).