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Le responsabilità in caso di mancata copertura finanziaria dell’appalto


La conclusione di un contratto di lavori pubblici senza lo stanziamento dell’intera provvista finanziaria – ma con la clausola espressa che la realizzazione dei lavori avverrà per singoli lotti previa la disponibilità dei fondi finanziati – non costituisce un comportamento negligente né potrebbe dare luogo ad un legittimo affidamento in capo all’esecutore dei lavori.

Questo il principio espresso dalla Corte dei Conti, sezione Appello, con la sentenza n. 39 depositata l’8 marzo 2019.

Nel caso di specie il Ministero degli Interni aveva chiesto al Provveditorato OO.PP. la progettazione, la realizzazione ed il collaudo degli interventi necessari alla ristrutturazione ed adeguamento funzionale di alcuni edifici.

A seguito della redazione del progetto esecutivo dell’intervento, stante l’urgenza prospettata dal Ministero ad ottenere la sollecita disponibilità dell’immobile, era stata esperita la gara d’appalto per l’affidamento dei lavori e stipulato il relativo contratto.

Il contratto stabiliva l’affidamento dei lavori per fasi di esecuzione, vincolando l’impresa per l’intero appalto, mentre l’amministrazione limitatamente alle fasi finanziate.

In altri termini, il rapporto negoziale era stato configurato quale fattispecie a formazione progressiva, suddividendo in più parti i lavori da eseguire e rimettendo il concreto affidamento delle prestazioni alla stipula di successivi atti aggiuntivi, e ciò al precipuo e dichiarato fine di procedere ai successivi affidamenti soltanto a fronte del documentato accertamento della relativa copertura finanziaria.

I lavori non erano stati ultimati a causa della rimodulazione dei finanziamenti e della sopravvenuta inaspettata carenza di interesse all’utilizzazione dell’immobile oggetto della commessa, manifestata dall’ente committente.

La Corte regionale per il Lazio, con sentenza n. 256/2016, aveva contestato ai soggetti che avevano approvato e sottoscritto tale contratto (considerato non soltanto “anomalo” ma confezionato in maniera irresponsabile) di aver attivato una procedura di “spesa al buio”, senza assicurarsi della copertura finanziaria.

Di diverso avviso la Corte di Appello che, invece, ha ritenuto non sussistente la responsabilità erariale dei funzionari.

La necessità della precostituizione della copertura finanziaria di un contratto pubblico costituisce un principio noto: ogni atto amministrativo recante una spesa per la p.a. deve sempre essere accompagnato, in termini di previsione e di impegno, dalla copertura finanziaria.

A tale stregua sussiste l’obbligo della copertura finanziaria delle spese per investimenti che, ove comportanti impegni imputabili a più esercizi, può essere prevista fin dal primo impegno, con riguardo all’importo complessivo dell’affidamento, anche con riferimento ad atti programmatici, salvo la previsione per cassa e, quindi, l’effettiva disponibilità con riguardo ai singoli stralci dell’intervento.

Il requisito della copertura finanziaria al momento della pubblicazione della gara, tuttavia, non deve intendersi nel senso del già intervenuto materiale accontonamento di tutte le somme dovute all’appaltatore, ma nel senso dello stanziamento di risorse complessive che possano definirsi e, quindi, apparire, adeguate a remunerare l’opera oggetto di affidamento.

Nel caso di specie, considerato che al momento della stipula del contratto risultava garantita la copertura finanziaria di massima dell’appalto, nel senso della ricorrenza di uno stanziamento di risorse, i giudici contabili hanno ritenuto non ascrivibile ai funzionari la carenza sopravvenuta della integrale copertura finanziaria, dalla giurisprudenza amministrativa pacificamente considerata una causa legittima di revoca dell’aggiudicazione definitiva o di recesso dal contratto in esecuzione.

Leggi la sentenza
CC Sez. III Giur. Centrale d_Appello sent. n. 39 – 19


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