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Concorsi: i criteri di valutazione delle prove non devono essere generici, generali o astratti


I criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali devono essere formulati non in termini generici, generali o astratti riferibili a determinate qualità e caratteristiche degli elaborati, ma dettagliati e fungere da criteri motivazionali.

Questo il principio espresso dal Tar Lazio con la sentenza n. 9714 del 3 ottobre 2018 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da un candidato non ricompreso tra i soggetti ammessi a sostenere la prova orale.

Nel caso di specie la Commissione, nel corso della prima riunione, aveva predisposto una serie di criteri per la valutazione delle prove scritte, quali l’aderenza dell’elaborato alla traccia scelta, la chiarezza espositiva, la capacità di sintesi e completezza descrittiva, la capacità critica nell’affrontare le problematiche proposte, la capacità di valorizzazione funzionalità e applicabilità ai casi concreti.

Come ribadito dai giudici amministrativi, la predeterminazione di adeguati criteri valutativi assurge ad elemento essenziale nello svolgimento di un concorso pubblico.

Nello specifico, secondo l’orientamento giurisprudenziale, l’attività di predeterminazione dei sub-criteri per la valutazione delle prove concorsuali deve avvenire nella prima riunione della Commissione (o al massimo prima della effettiva correzione degli elaborati), onde scongiurare il rischio che la confezione dei criteri avvenga su misura in modo da poter favorire taluno dei competitors (Tar Emilia-Romagna, Bologna, 19 giugno 2015 n. 597; Tar Lazio, Roma, 10 gennaio 2017 n. 368; Tar Lazio, Roma, 07 maggio 2014 n. 4733).

Tuttavia, nel caso di specie, il regolamento interno dell’amministrazione disponeva che “La valutazione verrà effettuata tramite punteggi numerici e giudizi sintetici sulla base dei criteri generali e di attribuzione di punteggi resi noti dall’interno del bando”.

Pertanto, in aderenza alle linee direttrice fissate nel regolamento interno, l’amministrazione avrebbe dovuto prevedere già nello stesso bando di concorso i criteri di valutazione e i criteri di attribuzione dei punteggi.

Criteri di valutazione che devono essere formulati non in termini generici, generali o astratti riferibili a determinate qualità e caratteristiche degli elaborati, ma dettagliati e fungere da criteri motivazionali necessari a definire quanto quelle qualità concorrano a determinare il punteggio stabilito nel bando per le singole prove (T.A.R. Lazio – Roma, 25 luglio 2018 n. 8426).

Inoltre, secondo la norma regolamentare, la commissione avrebbe dovuto redigere, per ciascun elaborato, anche un giudizio discorsivo, quantunque sintetico.

Se è vero che secondo l’orientamento della giurisprudenza amministrativa il voto numerico è sufficiente ad esprimere il giudizio sulle prove di un pubblico concorso, allorché disposizioni specifiche e settoriali stabiliscano invece una diversa regula iuris, la relativa violazione è causa di illegittimità dell’intera procedura.


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