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Abruzzo, del. n. 27 – Amministratori/lavoratori autonomi: contrasto tra giudici ordinari e contabili


Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla possibilità di provvedere al versamento della contribuzione previdenziale forfettaria ex articolo 86 del Tuel in favore degli amministratori che non sono lavoratori dipendenti pur in assenza di un’attestazione di rinuncia all’esercizio dell’attività professionale per la durata del mandato elettivo.

L’ente ha premesso di essere stato condannato dal giudice del lavoro aquilino al pagamento degli oneri previdenziali, nonostante il consolidato orientamento della giurisprudenza contabile ritenga che l’attestazione si configuri quale presupposto necessario del predetto versamento (da ultimo, Corte dei conti, Sez. Emilia Romagna, n. 154/2017; Sez. Abruzzo, n. 118/2017).

I magistrati contabili dell’Abruzzo con la deliberazione 27/2018, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 27 febbraio, preso atto dei contrapposti orientamenti espressi da magistrature diverse (giudici ordinari e giudici contabili), hanno rimesso la questione di massima alla Sezione Autonomie, affinché sia stabilito se sia costituzionalmente orientata l’esegesi della giurisprudenza contabile secondo la quale l’art. 86, comma 2, Tuel, nella parte in cui richiama lo ”stesso titolo del comma 1”, impone all’amministrazione locale di procedere al pagamento dei contributi forfettari di legge agli istituti previdenziali dei lavoratori non dipendenti – investiti di un mandato elettivo – unicamente nel caso di avvenuta formalizzazione, da parte di questi ultimi, di una rinuncia all’attività professionale per tutta la durata della carica, similmente a quanto previsto dal comma 1 della stessa disposizione riguardo i lavoratori dipendenti collocati in aspettativa non retribuita.

La giurisprudenza ordinaria critica tale interpretazione sulla scorta dell’assunto per cui lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti non possono essere equiparati.

Secondo le decisioni del giudice del lavoro, infatti, “il lavoratore autonomo per adempiere compiutamente al proprio mandato elettivo, vi deve impiegare del tempo, che sottrae all’attività libero professionale; di conseguenza il professionista nel momento in cui assume il mandato pubblico sarà impossibilitato a ritrarre dalla propria attività libero-professionale gli stessi corrispettivi che ritraeva nel momento in cui si dedicava solo ad essa. Ed è appunto il tempo che dedica all’incarico pubblico che viene compensato sia con il riconoscimento di un’indennità di funzione, sia con i versamenti contributivi stabiliti forfettariamente in quelli minimi, anche perché il lavoratore autonomo deve provvedere a versare i propri contributi previdenziali direttamente con le entrate provenienti dai corrispettivi professionali percepiti”.

Inoltre, secondo la prospettiva del giudice del ordinario, mentre il lavoratore dipendente può decidere, attraverso l’istituto dell’aspettativa, di sospendere la sua attività lavorativa per tutta la durata del mandato elettorale, al momento stesso in cui viene eletto, tale possibilità invece non ha senz’altro il lavoratore autonomo, il quale comunque resta obbligato agli incarichi già assunti, anche qualora volesse rinunciare alla propria attività per la durata del mandato elettorale.

Senza considerare che il lavoratore dipendente, alla cessazione del mandato, riprende il proprio posto di lavoro senza alcun pregiudizio, mentre il lavoratore  autonomo che decidesse di sospendere la propria attività per tutto il periodo del mandato elettorale, ne avrebbe comunque un gran nocumento non solo sotto il profilo lavorativo, ma anche sotto quello previdenziale, atteso che la contribuzione, valevole ai predetti fini, il professionista la ritrae, a differenza del lavoratore subordinato, direttamente dai suoi guadagni.

Insomma proprio la diversità delle situazioni implicherebbe, ove si dovesse subordinare l’obbligo dell’accollo della contribuzione alla cessazione dell’attività lavorativa anche per i lavoratori autonomi, che questi ultimi sarebbero particolarmente penalizzati ove volessero accedere ad un incarico politico, e ciò in violazione del diritto costituzionalmente garantito alla “conservazione del posto di lavoro” ex articolo 51, comma 3, della Costituzione.

Leggi la deliberazione
CC Sez. Controllo Abruzzo del. n. 27 -18


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