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Gli enti pubblici economici sono tenuti al rispetto del d.lgs. 33/2013


La perimetrazione del campo di applicazione delle previsioni in materia di prevenzione della corruzione deve essere effettuata avendo come obiettivo la tutela delle finalità di pubblico interesse perseguite dal legislatore e quindi la natura delle attività esercitate dai soggetti destinatari delle norme.

Di conseguenza, gli enti pubblici economici, al pari delle società sottoposte a controllo pubblico, sono tenuti all’applicazione della disciplina in materia di inconferibilità degli incarichi dettata dal d.lgs. 33/2013.

Questo il principio espresso dal Tar Lazio, Roma con la sentenza n. 11270 del 14 novembre 2016, con la quale è stata ritenuta infondata la questione di legittimità costituzionale del d.lgs. 33/2013 nella parte in cui ricomprende tra gli enti pubblici destinatari del decreto anche gli enti pubblici economici.

La legge n. 190/2012, recante le disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, ha previsto, all’articolo 1, comma 49, la delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi diretti a modificare la disciplina vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico.

In attuazione della delega, il d.lgs. 39/2013 ha previsto, quanto all’ambito di applicazione del decreto (così come riformulato, da ultimo, dal d.lgs. 97/2016), l’assoggettamento per tutte le p.a. di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001, ivi compresi, fra gli altri “gli enti pubblici economici”.

Come evidenziato dai giudici amministrativi, la disciplina in materia di inconferibilità degli incarich, è chiaramente finalizzata a prevenire e contrastare il fenomeno della corruzione nel settore pubblico e presso gli enti privati sottoposti a controllo pubblico.

La sottrazione dal novero dei soggetti obbligati al rispetto delle norme in materia di anticorruzione dei soli enti pubblici economici, sulla base di una interpretazione meramente letterale e rigidamente formalistica del contenuto della legge delega contrasterebbe tanto con la ratio della delega quanto con il principio di uguaglianza generando, come correttamente ritenuto dalla stessa Anac nelle Linee guida n. 8/2015, “un’evidente asimmetria applicandosi a soggetti privati, quali le società, che esercitano attività d’impresa, ma non ad enti pubblici che pure svolgono il medesimo tipo di attività”.

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