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Il Sindaco è tenuto a vigilare sulla corretta gestione della società in house


In assenza dello specifico organo deputato allo svolgimento del controllo analogo, il Sindaco risponde del danno arrecato al patrimonio dell’ente socio, consistente nella perdita di valore della partecipazione azionaria nella società in house, se non svolge quella puntuale attività di controllo e vigilanza sulla corretta gestione delle attività poste in essere dalla società.

Questo il principio affermato dalla Corte dei Conti, sez. giur. Lazio, nella sentenza n. 158, depositata il 10 maggio 2016.

Nel caso di specie il consiglio comunale aveva deliberato, previa acquisizione dei pareri favorevoli del dirigente tecnico, del responsabile dell’area economico finanziaria e del collegio dei revisori dei conti, la ricapitalizzazione della società partecipata, mediante conferimento di specifici beni di proprietà comunale, al fine di “dare respiro ad una situazione di consistente e duratura crisi di liquidità che, altrimenti, avrebbe impedito il regolare funzionamento dei servizi affidati alla stessa con l’impossibilità di effettuare i pagamenti verso i creditori”.

Come ribadito dai giudici contabili, ogni operazione di ricapitalizzazione deve rispondere ad una logica di razionalità economica, permettendo una migliore o più economica erogazione di servizi a favore della collettività.

Tale operazione, infatti, se rivolta verso una società in house, ha un effetto diretto sulla situazione economico finanziaria e sul patrimonio dell’ente locale che riveste la qualifica di socio.

In particolare, affinché tale contribuzione sia compatibile con l’impiego corretto dello strumento societario, è necessario che una simile scelta gestionale sia supportata da un apposito piano industriale o un business plan e da un piano degli investimenti o una prospettiva che realizzi l’economicità e l’efficienza della gestione nel medio e lungo periodo.

Ciò al fine di evitare che tale scelta si traduca in un inevitabile perdita secca delle risorse pubbliche conferite.

In relazione al complesso rapporto che si pone tra ente locale e società partecipata occorre sottolineare, in linea generale, che l’utilizzo di risorse pubbliche impone particolari cautele e obblighi in capo a coloro che – direttamente o indirettamente – concorrono alla gestione di tali risorse.

In tale prospettiva, l’intera durata della partecipazione deve essere accompagnata dal diligente esercizio di quei compiti di vigilanza (es., sul corretto funzionamento degli organi societari, sull’adempimento degli obblighi scaturenti dalla convenzione di servizio, sul rispetto degli standard di qualità ivi previsti), d’indirizzo (es., attraverso la determinazione degli obiettivi di fondo e delle scelte strategiche) e di controllo (es., sotto l’aspetto dell’analisi economico finanziaria dei documenti di bilancio e della verifica dell’effettivo valore della partecipazione detenuta) che la natura pubblica del servizio offerto (e delle correlate risorse), e la qualità di socio, comportano.

Tali obblighi assumono particolare pregnanza in presenza di gestioni connotate da risultati negativi, che – soprattutto se reiterati – impongono all’ente di valutare la permanenza di quelle condizioni di natura tecnica e/o di convenienza economica nonché di sostenibilità politico-sociale che giustificarono la scelta di svolgere il servizio e di farlo attraverso moduli privatistici.

A tal proposito, la giurisprudenza contabile ha più volte segnalato che ingiustificate iniezioni di liquidità alla società in difficoltà economiche partecipata dall’ente pubblico integrano, sotto il profilo strutturale patrimoniale ed economico un evidente spreco di risorse pubbliche che possono determinare un vero e proprio dissipamento della partecipazione sociale (Corte dei conti Sezione Marche n. 2/2015).

I trasferimenti agli organismi partecipati sono dunque consentiti nella misura in cui vi sia un ritorno in termini di corrispettività della prestazione a fronte dell’erogazione pubblica, ovvero la realizzazione di un programma d’investimento.

I giudici contabili hanno accertato la responsabilità del Sindaco per la perdita arrecata al patrimonio dell’ente socio derivante dalla mala gestio degli amministratori della società partecipata.

Infatti, non essendo stato istituito lo specifico organo deputato allo svolgimento del cosiddetto controllo analogo, competeva al Sindaco esercitare le azioni previste a tutela delle risorse pubbliche nei confronti degli amministratori sociali.

Si sottolinea, dunque, l’esigenza di prestare particolare attenzione allo sviluppo di strutture organizzative e di professionalità interne capaci di consentire all’ente un adeguato espletamento delle funzioni di vigilanza, indirizzo e di controllo sulle partecipate, grazie anche ad un efficace supporto agli organi di governo nell’esercizio delle attività di loro competenza nonché all’impiego di idonei strumenti di corporate governante.

Leggi la sentenza
CC Sez. Giurisd. Lazio sent. n. 158 -2016


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