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Giur. Lombardia, sent. n. 139 – Corruzione e danno da disservizio


Risponde di danno da disservizio l’assessore che, abusando della sua posizione, si intromette nell’attività amministrativa, facendo esaminare alcune istanze presentate successivamente rispetto ad altre.

Tale condotta causa un pregiudizio al buon andamento della p.a.

Questo il principio espresso dalla Corte dei Conti, sez. giur. Lombardia, nella sentenza n. 139 depositata il 31 luglio 2015.

Nel caso di specie, un assessore era stato condannato per corruzione, avendo ideato e articolato un sistema volto al compiacente rilascio di autorizzazioni edilizie e permessi di costruire nei confronti di alcuni imprenditori e professionisti, assicurando a questi ultimi un “canale preferenziale”, accelerato, per i loro progetti, in cambio di denaro.

Il procedimento amministrativo e l’azione pubblica devono sottostare al principio dell’ordine naturale di trattazione delle istanze dell’utenza, secondo l’ordine di presentazione.

Tale regola è strettamente legata ai principi costituzionali di eguaglianza e imparzialità dei cittadini e del buon andamento dell’azione amministrativa (artt. 3 e 97 Cost.), riflettendo sull’aspetto della certezza dei tempi dell’agire della p.a.

Principio che è stato confermato dall’articolo 12, comma 1, penultimo periodo, del d.p.r. 62/2013 che impone al pubblico impiegato di trattare gli affari attribuiti alla sua competenza “tempestivamente e secondo il loro ordine cronologico”.

Come osservato dai giudici contabili, l’intenzionale alterazione dell’ordine di trattazione delle istanze rileva, non solo in merito alla responsabilità disciplinare, ma anche a quella amministrativo contabile, determinando un danno all’ente.

In tal senso, l’articolo 16, comma 1, secondo periodo, del d.p.r. 62/2013, stabilisce che “Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all’esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni”.

I giudici contabili hanno, quindi, condannato l’assessore al pagamento dei danni da disservizio (quantificati con gli oneri sostenuti dal Comune per lo svolgimento delle verifiche e delle indagini sotto la direzione di una Commissione consiliare speciale costituita per fare luce sulle conseguenze “amministrative” dei fatti illeciti accertati) e all’immagine arrecati all’ente dalla condotta illecita tenuta dall’assessore.

Leggi la sentenza
cc sez giur. Lombardia, sent. n. 139-2015

 


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