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Giur. Abruzzo, sent. n. 57 – Responsabilità contabile per mancata riscossione canoni affitto


Rispondono del danno procurato all’ente gli amministratori e i dirigenti comunali che rimangano inerti di fronte a una situazione diffusa di inadempienza all’obbligo di pagamento dei canoni di compartecipazione imposti agli assegnatari di moduli abitativi provvisori.

Tale comportamento rileva la grave negligenza, trascuratezza, disinteresse e superficialità nella cura degli interessi della p.a.

Questo il principio espresso dalla Corte dei conti, sez. giur. Abruzzo, con la sentenza n. 57 depositata il 4 giugno 2015, con la quale sono stati condannati Sindaco, assessori e dirigenti del comune per la cattiva gestione dell’occupazione degli alloggi provvisori realizzata a seguito del sisma del 2009.

Nel caso di specie, con regolamento condominiale approvato con deliberazione consiliare, l’ente aveva stabilito di applicare un canone di compartecipazione mensile a carico degli assegnatari di alloggi che, precedentemente al sisma, abitavano in locazione, pubblica o privata.

A fronte di diffusi mancati pagamenti da parte di una cospicua parte degli occupanti degli alloggi, la procura contabile aveva contestato ai vertici politici e tecnici dell’ente il mancato adempimento delle disposizioni regolamentari e, in particolare, la mancata assunzione dei conseguenti provvedimenti di decadenza dall’assegnazione degli alloggi, con risoluzione dei correlati contratti e recupero della disponibilità delle abitazioni abusivamente occupate dai morosi, così favorendo furbizie e scaltrezze dell’emergenza.

I giudici contabili, concordando con le conclusioni della Procura regionale, hanno contestato la dimostrata radicale incapacità del Comune nella gestione delle situazioni di morosità, cioè l’inerzia nel prendere provvedimenti a tutela delle finanze comunali, previa individuazione delle singole posizioni interessate dall’inadempienza e delle relative ragioni (al fine di discernere i casi di effettiva fragilità sociale rispetto a quelli di azzardo morale).

Come evidenziato dai magistrati contabili “non è tollerabile, in uno stato di diritto, che alcuni cittadini soltanto corrispondano quanto dovuto ad un ente pubblico, mentre altri, nelle stesse condizioni, si sottraggano a tale adempimento, in maniera eclatante, senza che l’amministrazione assuma in proposito alcuna iniziativa, non tanto e non solo a tutela delle proprie finanze, ma anche in adesione ad intuitive ed elementari aspettative di legalità e di imparzialità, che necessariamente devono connotarne l’azione”.

La problematica era scaturita da una grave disfunzione organizzativa per cui, in estrema sintesi, né gli uffici del patrimonio, né quelli dell’assistenza alla popolazione reputavano di essere tenuti all’incrocio dei dati sui pagamenti, operazione finalizzata al’individuazione di eventuali morosità e all’assunzione delle conseguenti iniziative, non solo sul fronte della riscossione di quanto dovuto (profilo di competenza del patrimonio, con il supporto tecnico della Ragioneria), ma anche della eventuale decadenza dall’assegnazione (profilo di competenza dell’assistenza alla popolazione). Neppure furono intraprese anche solo efficaci iniziative comunicative tali da indurre la popolazione al pagamento di quanto dovuto.

Come sintetizzato dai magistrati contabili “la “politica” attendeva le iniziative della “dirigenza”; la “dirigenza” attendeva istruzioni dalla “politica”; nel frattempo, pagava chi voleva”.

Di tale grave carenza organizzativa, inopinatamente tollerata anche dopo che la situazione di morosità, non possono che rispondere il Sindaco, i due assessori competenti al ramo (patrimonio e assistenza alla popolazione) unitamente al dirigente.

La parte di rilievo della sentenza riguarda proprio il ruolo degli uni e degli altri.

I dirigenti comunali non possono essere considerati meri impiegati esecutivi, privi di poteri di iniziativa, di impulso, di segnalazione, di valutazione critica.

Pertanto, a fronte di una problematica di tale portata, non latente, ma conclamata, la dirigenza, anziché attendere passivamente istruzioni dall’organo politico, avrebbe dovuto individuare e proporre un ventaglio di possibili soluzioni.

Allo stesso modo il Sindaco, quale sovrintendente al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti, e i due assessori, questi ultimi sicuramente competenti in ragione delle deleghe loro affidate nell’arco temporale in analisi, avrebbero dovuto anch’essi attivarsi ed acquisire ogni utile informazione al fine di intraprendere gli interventi correttivi imposti dalla situazione.

Essi non possono semplicemente rifugiarsi nella pretesa natura “politica” del loro ruolo, aspettando passivamente che la dirigenza rappresenti problemi e soluzioni e proponga bozze di deliberazione.

Leggi la sentenza
CC Sez. Giurisd. Abruzzo sent. n. 57_15

 


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