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Giur. Sez. riunite, sent. n. 28 – Giudizio contabile: accesso alla documentazione acquisita dal P.M. nella fase istruttoria


Il destinatario dell’invito a dedurre, citato in giudizio per danno erariale, ha facoltà di prendere visione degli atti istruttori relativi alle indagini esperite dal pubblico ministero, richiamati nell’invito stesso.

Tale facoltà si esercita mediante istanza motivata al P.M. che può altrettanto motivatamente respingerla, assentirla in tutto o in parte, o differirla in applicazione dei limiti legali e funzionali connessi alla natura degli atti ed alle complessive esigenze di riservatezza della fase istruttoria.

Questo il principio di diritto enunciato dalla Corte dei conti, sez. riunite in sede giurisdizionale, nella sentenza n. 28 depositata il 18 giugno 2015.

L’ordinamento non disciplina espressamente il diritto di accesso del soggetto interessato agli atti raccolti o formati dal P.M. contabile nel corso dell’istruttoria e tanto meno ne appresta specifiche tutele.

Ciò differisce da quanto è previsto per il procedimento penale nel quale l’avviso di conclusione delle indagini preliminari deve contenere “l’avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l’indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia” (art. 415-bis, comma 2, c.p.p.).

Nel silenzio del legislatore la giurisprudenza della Corte dei Conti ha sviluppato tre indirizzi interpretativi.

Un primo orientamento sostiene che il presunto responsabile possa accedere agli atti del fascicolo istruttorio soltanto dopo l’emissione e la notificazione dell’atto di citazione, ossia quando al soggetto convenuto è riconosciuto il diritto di esaminare gli atti depositati dal p.m. a fondamento della domanda risarcitoria (C. Conti, sez. I centr. App. n. 383/2004; Id, sez. II, n. 36/1995) e non nella fase istruttoria.

Un’altra parte della giurisprudenza, che ha assunto una posizione intermedia, ritiene che il diniego opposto dal p.m. alla visione della documentazione richiamata nell’invito e raccolta nella fase istruttoria determini l’inammissibilità della successiva citazione (C. Conti, sez. III centr. App. n. 830/2012; sez. Puglia n. 1062/2006; sez. Sardegna n. 1290/2007).

All’interno di tale orientamento si sostiene, poi, in maniera ancora più restrittiva, che l’inammissibilità non scaturisca da una violazione generica del diritto di accesso, ma solo allorché non sia consentita la visione della documentazione menzionata dal p.m. come fondamento probatorio della contestazione di danno erariale (C. Conti, sez. I centr. App. n. 13/2001 e sez. III n. 267/2000).

Ravvisata la necessità di un indirizzo interpretativo univoco in materia, la Corte dei conti, sez. giur. Puglia, con l’ordinanza 17/2015 ha rimesso la questione di massima alle sezioni riunite.

I magistrati contabili hanno evidenziato, in primo luogo, che gli atti che confluiscono nel fascicolo istruttorio, in particolare quelli formati dal pubblico ministero, non possono essere assimilati agli atti amministrativi, in quanto trattasi di attività giudiziaria.

Di conseguenza, non è applicabile la normativa sull’accesso agli atti amministrativi (legge 241/1990).

Allo stesso modo, non è possibile estendere al giudizio contabile le disposizioni del codice di procedura penale.

Tuttavia, secondo i magistrati contabili, il sistema ordinamentale garantisce, ancorché in maniera “attenuata”, almeno un contenuto minimo essenziale di tutela alla conoscibilità degli atti di indagine rivolti all’esercizio dell’azione erariale.

In tale prospettiva, l’articolo 5, comma 1, del d.l. 453/1994, nella misura in cui riconosce al destinatario dell’invito a dedurre il diritto di formulare proprie deduzioni e di essere sentito personalmente, si presta a costituire il fondamento positivo di tale forma di garanzia nell’ambito della responsabilità amministrativa.

Per garantire tale preliminare contrapposizione dialogica tra le tesi svolte nell’invito e quelle dedotte dall’invitato è necessario, infatti, che il presunto responsabile sia messo in grado di conoscere e visionare gli elementi probatori e indiziari raccolti nella fase istruttoria espressamente menzionati nell’invito.

E’ evidente come tale conoscenza consenta al destinatario dell’invito di produrre le proprie deduzioni, giustificando e motivando la correttezza del proprio operato oppure evidenziando l’estraneità dei fatti.

Affermata l’esistenza di un diritto d’accesso agli atti anche nella fase preprocessuale dell’invito, i magistrati contabili hanno inoltre chiarito che l’immotivato o ingiustificato diniego di ostensione degli atti richiamati nell’invito a dedurre non determina in se per sé la nullità del successivo atto introduttivo del processo.

A tal fine è necessario che la parte dimostri che siffatta violazione abbia comportato un effettivo e concreto pregiudizio del diritto di difesa.

Soltanto in tale prospettiva può affermarsi che un’invalidità riferita ad un atto della fase istruttoria, che vulnera le finalità proprie dell’invito a dedurre, può estendere il proprio effetto lesivo sull’atto introduttivo del processo di responsabilità, determinandone la nullità – totale o parziale – rilevabile dal giudice ad istanza della parte interessata.

Leggi la sentenza
CC sez. riunite Sent. n. 28-2015

 


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