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Gare: l’istanza di fallimento non integra causa di esclusione


L’attestazione contenuta nel certificato emesso dalla Cancelleria, concernente l’istanza di fallimento presentata da un’impresa creditrice, non legittima a ritenere sussistente una causa legale di esclusione dalla procedura di gara, essendo questa ricollegata solo alla effettiva pendenza di una procedura fallimentare.

Questo il principio espresso dal Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana con la sentenza n. 363 del 24 aprile 2015.

Nel caso di specie la stazione appaltante, in sede di verifica delle dichiarazioni rese dall’aggiudicataria, aveva ricevuto la certificazione della cancelleria del Tribunale che dopo aver attestato che “non risultano pendenti procedure di fallimento, concordato preventivo, amministrazione controllata o liquidazione coatta”, tuttavia “attestava essere pendente istanza per la dichiarazione di fallimento”.

Conseguentemente la stazione appaltante aveva revocato l’aggiudicazione già pronunciata per mancanza di un requisito di ordine generale, dichiarando aggiudicataria provvisoria la ditta collocatasi al secondo posto della graduatoria.

L’articolo 38, comma 1, lettera a) del d.lgs. 163/2006 commina l’esclusione dalle gare pubbliche non soltanto a coloro “che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo” (salvo quello c.d. “con continuità aziendale”, ex art. 186-bis R.D. 267/1942), ma anche a coloro “nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”.

Come evidenziato dai giudici amministrativi, il procedimento per la dichiarazione di fallimento non può considerarsi “in corso” finché non sia stato, quantomeno, notificato al preteso debitore insolvente il decreto di convocazione per l’udienza camerale di cui all’art. 15 del R.D. n. 267/1942: solo a partire da tale momento, infatti, si instaura il contraddittorio, e dunque il procedimento può considerarsi pendente.

Al contrario, la mera proposizione dell’istanza di fallimento si pone in un ambito pre-procedimentale, costituendo unicamente atto di impulso del relativo procedimento, al quale però essa rimane estranea e temporalmente antecedente.

Di conseguenza, l’istanza di fallimento di un privato che assuma di essere creditore dell’impresa asseritamente insolvente non rileva ai fini dell’esclusione dalle pubbliche gare ex art. 38, lett. a), del d.lgs. 163/2006.

Poiché i lavori, nelle more del giudizio, erano stati ormai ultimati, il Collegio ha accolto la domanda risarcitoria proposta dalla ditta illegittimamente esclusa.

Per l’effetto, la stazione appaltante è stata condannata al risarcimento del danno, consiste nel lucro cessante (in misura pari al 10% del prezzo a base d’asta, ridotto della percentuale di ribasso offerta dalla ditta), oltre al danno da c.d. perdita di know-how, anche detto danno curriculare (in misura pari al 3% del prezzo a base d’asta, non ribassato).

Nel sottolineare, dunque, l’importanza e l’attenzione che deve essere prestata dall’amministrazione nell’assunzione delle relative determinazioni di ammissione o di esclusione dei partecipanti, si ricorda che SELF, specializzata in servizi di consulenza ed assistenza giuridica, è in grado di supportare operativamente le stazioni appaltanti nella gestione delle singole procedure di gara. Per maggiori informazioni, contattaci.

 


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