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Gare: l’impresa cooptata non è un concorrente


La cooptazione è un istituto di carattere speciale che abilita un soggetto, privo dei prescritti requisiti di qualificazione (e, dunque, di partecipazione), alla sola esecuzione dei lavori nei limiti del 20%, in deroga alla disciplina vigente in tema di qualificazione SOA.

L’impresa cooptata, pertanto, non può acquistare lo status di concorrente, non può acquistare alcuna quota di partecipazione all’appalto e non può rivestire la posizione di offerente, prima, e di contraente, poi (in tal senso, Tar Lazio, sent. n. 12288/2014; Cons. Stato, sent. n. 4278/2013 e n. 4772/2012; Tar Lombardia, sent. n. 475/2014).

Di conseguenza, gli obblighi di cui all’articolo 38 del Codice, non possono essere estesi all’impresa cooptata, stante il carattere eccezionale della norma.

Questo il principio ribadito dal Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, con la sentenza n. 554 del 23 marzo 2015.

Nel caso di specie una società era risultata aggiudicataria di un appalto di lavori.

L’aggiudicazione era stata tuttavia annullata in quanto dai certificati del casellario giudiziale erano risultati dei procedimenti a carico del socio di maggioranza della ditta cooptata, non dichiarati in sede di gara.

L’articolo 92, comma 5, del d.p.r. 207/2010 consente alle imprese singole o già associate, in possesso dei requisiti indicati nel bando di gara, di associare a sé una o più imprese, ancorché prive dei suddetti requisiti, subordinando l’esercizio di tale facoltà al rispetto di precise condizioni.

In primo luogo le imprese cooptate devono essere qualificate, anche se per categorie ed importi diversi da quelli prescritti dal bando di gara; i lavori eseguiti dalla cooptata non devono superare il 20% dell’importo posto a base di gara ed infine l’importo globale posseduto da ciascuna cooptata deve essere almeno pari all’importo totale dei lavori affidati.

Tale strumento ha lo scopo di far entrare nel sistema degli appalti pubblici imprese di modeste dimensioni che altrimenti non potrebbero parteciparvi per mancanza dei requisiti prescritti per costituire un’associazione ordinaria, purché però si affidino ad imprese ovvero associazioni di imprese autonomamente in grado di partecipare in maniera legittima a procedure di affidamento ad evidenza pubblica.

L’istituto della c.d. cooptazione è dunque preordinato a consentire che imprese minori siano associate ad imprese maggiori e che, in questo modo, le prime maturino capacità tecniche diverse rispetto a quelle già possedute, facendo comunque salvo l’interesse della stazione appaltante attraverso l’imposizione della qualificazione dell’intero valore dell’appalto alle seconde, e cioè le imprese che associano.

L’impresa cooptata, quindi, oltre a non rivestire la qualità di contraente, assume un ruolo totalmente diverso rispetto ad un’impresa mandante nonché anche rispetto ad una impresa ausiliaria.

Ne discende l’irrilevanza della dichiarazione attestante il possesso dei requisiti di moralità da parte della cooptata.

I giudici amministrativi hanno pertanto accolto il ricorso, annullando il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione definitiva.

 


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