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Appalti: il rapporto di parentela non è sintomatico del collegamento tra imprese


Il rapporto di parentela tra gli amministratori non è sufficiente a determinare una sorta di presunzione iuris et de iure circa l’esistenza del collegamento sostanziale tra due imprese partecipanti alla medesima gara.

Questo il principio ribadito dal Tar Sicilia, Palermo, sez. III, con la sentenza n. 701 del 24 marzo 2015.

La presentazione in una medesima gara d’appalto di offerte riconducibili ad un unico centro decisionale, ovvero presentate da imprese unite da collegamento sostanziale, costituisce causa di esclusione dalla gara ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lett. m quater), del d.lgs. 163/2006, per gli evidenti effetti discorsivi che ciò comporterebbe al principio di concorrenza tra i partecipanti.

La valutazione in merito alla sussistenza del collegamento deve basarsi su rigorosi, obiettivi, comprovati ed univoci elementi, tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti.

Il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa ha sostanzialmente depotenziato il rapporto parentale, quale indice di collegamento sostanziale.

Ne consegue che ai fini dell’accertamento del collegamento sostanziale tra le imprese offerenti, le eventuali comunanze a livello formale o strutturale, ivi compreso il legame parentale tra i soggetti che ricoprono ruoli decisionali nelle imprese, non sono di per sé sufficienti a dimostrare la riconducibilità delle offerte ad un solo centro decisionale, dovendosi invece accertare se dette comunanze abbiano avuto un impatto concreto sul comportamento delle imprese interessate nell’ambito della gara (Cons. di Stato, sentenza n. 4198/2013; Tar Latina, sentenza n. 740/2013; Tar Roma, sentenza n. 2904/2012; Tar Lecce, sentenza n. 115/2011).

 


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