La norma di cui all’articolo 143, comma 7, del d.lgs. 163/2006, nel richiedere per le concessioni di lavori la presentazione a corredo dell’offerta di un piano economico-finanziario, si applica alla concessioni di servizi, ex articolo 30, ultimo comma, solo “in quanto compatibile”.
Tale clausola impone di valutare, in concreto, l’utilità stessa di un piano economico-finanziario rispetto ad un’ordinaria gestione di servizi.
Questo il principio espresso dal Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 858 del 23 febbraio 2015, con la quale è stato respinto il ricorso presentato da una società che aveva contestato la legittimità della lettera d’invito nella parte in cui non richiedeva la presentazione del piano economico – finanziario quale obbligatorio allegato dell’offerta.
Nel caso di specie la procedura aveva ad oggetto la gestione del servizio bar e ristorazione.
Come evidenziato dai giudici amministrativi le concessioni di lavori pubblici hanno, di regola, ad oggetto la progettazione e l’esecuzione di un’opera, nonché la loro gestione funzionale ed economica.
In tal caso, il concessionario è obbligato a dimostrare la condizione di equilibrio economico-finanziario che necessariamente deve intercorrere tra gli investimenti sostenuti per l’attività di costruzione e le risorse ricavate attraverso la gestione, al fine di consentire alla stazione appaltante di verificare l’attendibilità della proposta e la sua concreta fattibilità.
L’obbligatorietà del piano finanziario, che rappresenta la regola nel caso delle concessioni di lavori pubblici, trova applicazione anche alle concessioni di servizi solo in quanto compatibile.
Di conseguenza, in omaggio al principio di proporzionalità, può non essere necessario nel caso si tratti di concessioni che hanno ad oggetto servizi semplici quali la gestione di un bar, che richiedono investimenti nemmeno lontanamente comparabili a quelli che caratterizzano la concessione di lavori pubblici.