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Contratto di disponibilità: è necessario che l’opera sia di proprietà del privato affidatario


Il contratto di disponibilità non può riguardare opere demaniali o da realizzarsi sul demanio pubblico.

Ciò in quanto la caratteristica peculiare di tale strumento negoziale, così come disciplinato dal Codice dei contratti, è la proprietà privata dell’opera realizzata.

Al contrario, la natura demaniale del bene esclude che l’area (e l’opera) possano considerarsi di proprietà di “terzi”.

Questo il chiarimento fornito dall’Anac, nel parere del 23 gennaio 2015, con il quale ha risposto ad un quesito relativo alla possibilità di ricorrere al contratto di disponibilità per l’affidamento della realizzazione e gestione di un’opera facente parte del demanio cd. accidentale (articolo 822, comma 2, c.c.).

Il contratto di disponibilità, disciplinato dall’articolo 160-ter del Codice ed annoverato dall’articolo 3, comma 15-ter, tra i contratti di partenariato pubblico-privato, è il contratto con il quale l’amministrazione, per il tramite di procedure ad evidenza pubblica, promuove la realizzazione di un’opera privata gravata da un vincolo di destinazione allo svolgimento di un servizio pubblico, di cui si assicura la disponibilità per un certo lasso temporale avendo garantito dal privato proprietario il mantenimento dei livelli di funzionalità pattuiti.

L’affidatario del contratto di disponibilità si remunera mediante i seguenti corrispettivi:

– un canone di disponibilità, commisurato all’effettivo livello di fruibilità dell’opera di modo che nei periodi di ridotta o nulla disponibilità anche il canone viene ridotto o annullato.

– l’eventuale riconoscimento di un contributo in corso d’opera, comunque non superiore al 50% del costo di costruzione, in caso di trasferimento della proprietà all’amministrazione aggiudicatrice.

A fronte di tali modalità di remunerazione, l’affidatario assume il rischio della costruzione e della gestione tecnica dell’opera per il periodo di messa a disposizione dell’amministrazione aggiudicatrice.

Al termine del contratto, nel caso l’amministrazione intenda acquistare la proprietà dell’opera, all’affidatario può essere corrisposto un prezzo di trasferimento, parametrato, in relazione ai canoni già versati e all’eventuale contributo in corso d’opera, al valore di mercato residuo dell’opera.

Ne consegue che tale strumento presuppone che l’opera sia di proprietà del privato affidatario (in caso contrario, infatti, l’amministrazione sarebbe privata della possibilità di scegliere di acquisire l’opera al termine del contratto).

Pertanto, il contratto di disponibilità non può riguardare opere demaniali o da realizzarsi sul demanio pubblico (la demanialità del bene determina, infatti, la sua non commerciabilità, ossia l’impossibilità di essere oggetto di negozi giuridici di diritto privato e di essere usucapito), quali, ad esempio, strade, cimiteri, porti, carceri, mentre risulta compatibile con la realizzazione di aree immobiliari per collocarvi uffici pubblici, complessi direzionali, spazi espositivi, edilizia economica e popolare (in tal senso si era già espressa l’Autorità nella determinazione 4/2013 concernente “Linee guida sulle operazioni di leasing finanziario e sul contratto di disponibilità”).

 


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