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Puglia, deliberazione n. 1 – Ricorso al lavoro flessibile per le società partecipate


Un sindaco ha chiesto se la limitazione all’utilizzo del lavoro flessibile, prevista dall’articolo 36 del d.lgs. 165/2001, debba essere rispettata anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo.

I magistrati contabili della Puglia, con la deliberazione 1/2015, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 20 gennaio, hanno ricordato che l’articolo 18, comma 2 bis, del d.l. 112/2008, come da ultimo modificato dal d.l. 90/2014, pur avendo eliminato l’obbligo in capo alle società partecipate di conformarsi alle disposizioni normative limitative in capo agli enti controllanti, obbliga le stesse ad attenersi al principio di riduzione dei costi del personale, attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale.

Principio ribadito recentemente nella legge di stabilità 2015 che impone a Regioni, Province autonome, enti locali, Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, Università, istituti di istruzione universitaria pubblici e autorità portuali, a decorrere dal 1º gennaio 2015, di avviare un processo di razionalizzazione delle società delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, in modo da conseguire la riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015.

Un ruolo preponderante assumono, inoltre, gli atti di indirizzo dell’Ente controllante che devono tener conto delle disposizioni che stabiliscono a carico dell’Ente medesimo divieti o limitazioni alle assunzioni di personale e quindi gli Enti non potranno ignorare, in sede di predisposizione dei predetti atti di indirizzo, i presupposti e le limitazioni in materia di ricorso al lavoro flessibile ed in particolare i requisiti di temporaneità ed eccezionalità.

Come evidenziato dai magistrati contabili, anche nel settore privato il contratto di lavoro a cui è apposto un termine costituisce fattispecie eccezionale posto che, ai sensi dell’articolo 1, del d.lgs. 368/2001 (cosiddetta Legge Biagi), la forma comune di rapporto di lavoro è quella a tempo indeterminato.

Secondo i magistrati contabili, pertanto, anche le società a partecipazione pubblica totale o di controllo non possono ricorrere alla somministrazione di lavoro oltre i limiti temporali di trentasei mesi previsti dal d.lgs. 368/2001 rilevato che tale possibilità, oltre a risultare in contrasto con il principio di riduzione dei costi di personale, non appare consentita dall’ordinamento neppure nel settore privato.

Si ricorda che tali problematiche saranno approfondite nel seminario “Società: le novità della Legge di stabilità 2015”, in programma a Firenze il 13 febbraio 2015.

 

 


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