L’azienda ospedaliera pubblica, in quanto ente dotato di personalità giuridica nonché di autonomia imprenditoriale e organizzativa, può partecipazione alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, se e nei limiti in cui tale azienda è autorizzata a operare sul mercato conformemente ai suoi obiettivi istituzionali e statutari.
Tuttavia, l’amministrazione aggiudicatrice nell’esaminare il carattere anormalmente basso di un’offerta può, al fine di garantire una sana concorrenza, prendere in considerazione l’esistenza di una sovvenzione o di un finanziamento pubblico di cui detta azienda beneficia, al fine di respingerne l’offerta.
Questo il principio espresso dalla Corte di Giustizia, sez. V, con la sentenza n. C-568/13 del 18 dicembre 2014.
La normativa dell’Unione in materia di appalti pubblici è diretta all’apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile.
Apertura che è anche nell’interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice, la quale dispone così di un’ampia scelta circa l’offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata.
La nozione di “operatore economico”, pertanto, deve essere interpretata in maniera estensiva, ricomprendendovi qualsiasi soggetto o ente (anche pubblico economico) che, considerati i requisiti indicati nel bando di gara, sia idoneo a garantire l’esecuzione dell’appalto.
Di conseguenza, non si può impedire alle aziende ospedaliere pubbliche, tanto più a quelle universitarie, di partecipare ad una gara d’appalto avente ad oggetto servizi compatibili con la loro finalità istituzionale e statutaria (funzioni di didattica e di ricerca), per il solo motivo che, grazie a sovvenzioni pubbliche di cui beneficiano, sono in grado di presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli offerenti non sovvenzionati.
Tale circostanza, secondo la Corte, può infatti essere valutata dall’amministrazione aggiudicatrice in sede di valutazione dell’offerta anormalmente bassa.