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Lombardia, deliberazione n. 333 – Contribuzioni ad associazioni sportive dilettantistiche


Un sindaco ha chiesto se, nell’erogare la propria quota di “compartecipazione” ad iniziative di privati concretanti forme di esercizio della c.d. “sussidiarietà orizzontale”, debba operare una verifica contabile in relazione alla sola iniziativa specificamente oggetto di contribuzione ovvero in relazione all’intera attività del soggetto sussidiato.

Il quesito è stato posto sia in termini generali sia con riferimento alle associazioni sportive dilettantistiche di cui all’articolo 90, comma 18, lett. f, della legge 289/ 2002, per cui, peraltro, vige uno specifico obbligo di redazione dei rendiconti economico-finanziari.

I magistrati contabili della Lombardia, con la deliberazione 333/2014, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 5 dicembre, hanno ricordato che la giurisprudenza contabile ha diffusamente esaminato la tematica della legittimità di contribuzioni in favore di associazioni di diritto privato con particolare riferimento al divieto di spese per sponsorizzazioni.

Ciò che assume rilievo per qualificare una contribuzione comunale quale spesa di sponsorizzazione è la relativa funzione: la sponsorizzazione presuppone infatti la finalità di segnalare ai cittadini la presenza del comune, così da promuoverne l’immagine.

Al contrario non si configura quale sponsorizzazione il sostegno ad iniziative di un soggetto terzo, rientranti nei compiti del Comune, rese nell’interesse della collettività, e ciò sulla scorta del principio di sussidiarietà orizzontale ex articolo 118 della Costituzione.

Allo stesso modo, il divieto di erogazione di contributi di cui all’articolo 4, comma 6, del d.l. 95/2012 ricomprende l’attività prestata dai soggetti di diritto privato menzionati dalla norma in favore dell’Amministrazione pubblica quale beneficiaria diretta.

Risulta, invece, esclusa dal divieto di legge l’attività svolta da detti soggetti in favore dei cittadini, id est della “comunità amministrata”, seppure tale attività possa comunque essere qualificata come esercizio – mediato – di finalità istituzionali dell’ente locale e dunque, in definitiva, possa essere intesa come attività resa nell’interesse di quest’ultimo ente.

Il discrimine appare, in sostanza, legato all’individuazione del fruitore immediato del servizio reso dal soggetto privato.

Spetterà all’ente, valutare sia “il fine pubblico perseguito” sia “la rispondenza delle modalità in concreto adottate al raggiungimento della finalità sociale” al fine di motivare la compartecipazione pubblica.

 


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