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Avvalimento certificazione qualità: ammesso con forti limitazioni


La certificazione di qualità rientra tra i requisiti soggettivi di carattere tecnico-organizzativo che, in astratto, possono essere oggetto di avvalimento afferendo alla capacità tecnica dell’imprenditore.

Il contratto di avvalimento, tuttavia, non può prevedere unicamente la messa a disposizione del “certificato di qualità” senza ulteriori precisazioni.

E’, infatti, necessario al fine di ammetterne la validità che l’impresa ausiliaria metta a disposizione dell’altra il complesso aziendale cui la certificazione stessa è riferita.

Questo il principio espresso dal Tar Toscana, sez. I, con la sentenza n. 1409 del 1° settembre 2014.

Nonostante, dunque, il recente orientamento giurisprudenziale (da ultimo, Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 3949 del 24 luglio 2014) ammetta l’avvalimento della certificazione di qualità, in concreto risulta difficile, se non impossibile, dimostrare l’effettiva disponibilità di un requisito che, per le sue caratteristiche, è collegato all’intera organizzazione dell’impresa, alle sue procedure interne, al bagaglio delle conoscenze utilizzate nello svolgimento delle attività (Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 887 del 25 febbraio 2014).

L’avvalimento di tale requisito, dunque, se pur astrattamente possibile, risulta nella pratica ammissibile con molte difficoltà, in quanto è complesso precisare, in concreto, l’oggetto tra le parti del relativo contratto.

Tale interpretazione è confermata dal fatto che l’avvalimento deve essere reale e non formale, nel senso che è sufficiente che l’impresa ausiliaria assuma impegni generici. Quest’ultima deve impegnarsi chiaramente a fornire i fattori della produzione e tutte le risorse proprie collegati alla qualità soggettiva “prestata” (Tar Toscana, sez. I, sentenza n. 865 del 19 maggio 2014).

 


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