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Puglia, deliberazione n. 127 – Compensi avvocatura


Un sindaco ha posto una serie di quesiti in merito alla corretta interpretazione dei vincoli e limiti in materia di compensi professionali spettanti all’avvocatura interna e, più in generale, vincoli e limiti in materia di spesa del personale.

I magistrati contabili della Puglia, con la deliberazione 127/2014, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 28 luglio, hanno ricordato che l’articolo 1, comma 457, della legge di stabilità 2014 prevede, in un’ottica di risparmio di spesa, che, per il triennio 2014-2016, le amministrazioni dotate di personale di avvocatura interna, corrispondano nella misura del 75% “i compensi professionali liquidati, esclusi, nella misura del 50%, quelli a carico della controparte, a seguito di sentenza favorevole per le pubbliche amministrazioni ai sensi del regio decreto-legge 27 novembre 1933 n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934 n. 36, o di altre analoghe disposizioni legislative o contrattuali”.

Secondo i magistrati contabili, la disposizione è suscettibile di due diverse interpretazioni, potendo il termine “liquidati” essere riferito sia ai compensi professionali pagati dall’amministrazione nel triennio di interesse (1 gennaio 2014-31 dicembre 2016), a prescindere dalla data di deposito della sentenza favorevole (e, quindi, anche in relazione a sentenze pubblicate prima dell’entrata in vigore della legge), sia ai compensi liquidati dal giudice nell’arco triennale di riferimento.

In tale ultimo caso, stante l’irretroattività della disposizione ai sensi dell’art 11 disp. prel. c.c., rimarrebbero esclusi dalla decurtazione le somme dovute in base a sentenza depositate prima del 1.01.2014.

Secondo i magistrati contabili della Puglia, in assenza di espresse indicazioni legislative, l’interpretazione preferibile è quella che lega il termine “liquidati” al provvedimento giudiziale, atteso che spetta al giudice il potere di liquidazione delle spese in sentenza, mentre l’amministrazione procede alla corresponsione delle somme già in precedenza liquidate.

Pertanto, deve ritenersi che la decurtazione riguardi solo i compensi liquidati con sentenze depositate dopo il 1.01.2014, mentre rimangono esclusi i compensi liquidati con sentenze antecedenti, anche se corrisposti dall’ente in epoca successiva al sopra menzionato termine.

Le somme derivanti dalle riduzioni di spesa così disposte vengono trattenute nel bilancio dell’Ente, ma non possono confluire nel fondo per il trattamento accessorio del personale dipendente.

Relativamente al pagamento dell’IRAP afferente ai compensi per gli avvocati interni, i magistrati contabili hanno richiamato l’orientamento espresso delle Sezioni Riunite della Corte dei conti con la deliberazione 33/2010 secondo cui:

1. l’Irap grava, giuridicamente, sull’amministrazione comunale;

2. le somme destinate al pagamento dell’Irap devono trovare copertura finanziaria nell’ambito dei fondi destinati a compensare l’attività dell’avvocatura comunale nel rispetto del principio di cui all’articolo 81, comma 4 della Costituzione.

Stante l’obbligo di preventivo accantonamento nell’ambito del fondo di incentivazione, l’Irap dovrà essere calcolato sui compensi liquidati dal giudice.

Infine, i magistrati contabili hanno chiarito che le spese di trasferta degli avvocati dell’Ente per il patrocinio presso i vari distretti di Corte d’Appello, trattandosi di esborsi che rientrano nel concetto di “spese di missione”, secondo la definizione fornita dalle Sezioni Riunite nella deliberazione n. 9/2011 (“trasferimenti effettuati per conto dell’amministrazione di appartenenza per l’espletamento di funzioni ed attività da compiere fuori sede”), sono soggette alla disciplina contenuta nell’articolo 6, comma 12, del d.l. 78/2010.

Tale disposizione prevede che, a decorrere dall’anno 2011, le amministrazione pubbliche inserite nel conto consolidato della pubblica amministrazione di cui all’art 1 comma 3 della l. 196/2009 (comprensivo degli enti territoriali) non possono effettuare spese per missioni in misura superiore al 50% di quella sostenuta nell’anno 2009.

Tuttavia, trattandosi di attività strumentale e prodromica all’esplicazione della difesa in giudizio dell’Ente ed afferendo all’esercizio di un diritto di rilievo costituzionale, i magistrati contabili hanno propeso per una interpretazione costituzionalmente orientata: il limite può essere derogato allorché la missione risulti necessaria per l’esercizio del diritto di difesa in giudizio e l’osservanza dello stesso determini la necessità del ricorso a professionisti esterni con aggravio di costi per il bilancio dell’Ente.

In altri termini, “solo nel caso in cui sia accertato che il rispetto limite si tradurrebbe in un effettivo aumento di costi per il bilancio dell’ente (anche in considerazione della necessità di ricorso a professionisti esterni) è consentito lo sforamento, venendo altrimenti frustrata la finalità di risparmio di spesa”.

I magistrati contabili hanno infine evidenziato che gli incentivi professionali spettanti all’avvocatura interna rientrano nel computo del tetto di spesa del personale di cui all’articolo 1, comma 557, della legge 266/2005, a prescindere dalle statuizioni contenute in sentenza in merito alla condanna o meno alle spese di parte soccombente, mentre sono esclusi dal computo del tetto di cui all’articolo 9, comma 2 bis, del d.l. 78/2010.

Si ricorda che l’articolo 9 del d.l. 90/2014 ha ulteriormente ridotto i compensi erogabili agli avvocati dipendenti degli enti locali che hanno qualifica dirigenziale.

Si ricorda che le problematiche connesse alla gestione del personale, anche alla luce delle novità introdotte dal d.l. 90/2014 verranno trattate nel seminario “La riforma della p.a.: vincoli e opportunità per gli enti locali” in programma a Firenze il 18 settembre 2014.

 


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