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Cooperative sociali: illegittimo l’affidamento diretto di un servizio pubblico


E’ illegittimo l’affidamento diretto ad una cooperativa sociale della concessione di un servizio pubblico.

Questo il principio ribadito dal Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza 5149/2014, con la quale ha annullato gli atti con cui un ente aveva affidato il servizio di trasporto urbano in zone rurali a favore di una cooperativa sociale ex articolo 5 della legge 381/1991.

Come evidenziato dai giudici amministrativi la norma di cui all’articolo 5 della legge 381/1991 consente agli enti pubblici, compresi quelli economici, nonché alle società di capitali a partecipazione pubblica, di stipulare convenzioni con le cd. cooperative sociali di tipo B, finalizzate alla fornitura di determinati beni e servizi – diversi da quelli socio-sanitari ed educativi – in deroga alle procedure di cui al d.lgs. 163/2006, purché detti affidamenti siano di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria.

Sulla materia, si ricorda, è intervenuta l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che, con la determinazione n. 3 del 1° agosto 2012, concernente “Linee guida per gli affidamenti a cooperative sociali ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge n. 381/1991”, ha dettato indicazioni operative sugli affidamenti alle cooperative sociali di tipo b), alla luce di una sempre maggiore volontà, a livello nazionale ed europeo, di dare attenzione all’integrazione di aspetti sociali nella contrattualistica pubblica.

La norma in esame, derogando ai principi generali di tutela della concorrenza che presiedono allo svolgimento delle procedure di gara, ha valenza eccezionale ed in quanto tale deve essere interpretata in maniera restrittiva.

In particolare, l’oggetto delle convenzioni con le cooperative sociali di tipo B è definito dall’articolo 5, comma 1, della legge 389/1991, secondo cui le stesse possono essere stipulate per la “fornitura di beni e servizi”.

Conseguentemente, l’oggetto della convenzione non può essere costituito dall’esecuzione di lavori pubblici né dalla gestione di servizi pubblici locali.

L’utilizzo dello strumento convenzionale è, quindi, ammesso per la fornitura di beni e servizi strumentali, cioè svolti in favore della pubblica amministrazione e riferibili ad esigenze strumentali della stessa.

I “servizio strumentali”, secondo quanto espresso dalla giurisprudenza amministrativa, sono quelle attività erogate a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica di cui resta titolare l’ente di riferimento e con i quali lo stesso ente provvede al perseguimento dei propri fini istituzionali (Tar Puglia, sez. II, sent. n. 4306/2002; Tar Lazio, sez. III, sent. n. 2514/2008; Tar Liguria, sez. II, 9 gennaio 2009, n. 39).

I servizi strumentali, quindi, sono svolti in favore della pubblica amministrazione e dell’utenza diffusa, mentre i servizi pubblici locali mirano direttamente a soddisfare bisogni o esigenze della collettività.

Seppure, infatti, tali attività abbiano natura “imprenditoriale”, ciò che rileva è che siano finalizzate a tutelare in via primaria l’interesse e la funzione pubblica dell’amministrazione di riferimento, per la cui soddisfazione è anche possibile che venga sacrificato l’interesse privato imprenditoriale.

Sussiste, pertanto, il carattere della strumentalità, ogni qual volta l’attività sia rivolta agli stessi enti, per corroborare le funzioni di loro competenza secondo l’ordinamento amministrativo (Tar Veneto, sez. I, sent. 788/2008 e Tar Lazio, sez. II, sent. 5192/2007).

Pertanto, è possibile sostenere che hanno natura di servizi strumentali quelle attività che possono essere affidati a terzi esclusivamente attraverso un contratto di appalto e non con un atto di concessione, in quanto sono servizi diversi da quelli erogati dall’ente a favore della collettività, ma “servono” all’ente latu sensu per approvvigionarsi o che comunque sono svolti nell’esclusivo interesse dell’amministrazione.

Come evidenziato dai giudici amministrativi, il servizio di trasporto pubblico finalizzato a migliorare il collegamento tra il centro abitato e le zone rurali, rivolto alla produzione di beni e utilità per obiettive esigenze sociali, non è configurabile come appalto di servizi, trattandosi di un rapporto trilaterale, che coinvolge anche gli utenti del servizio.

L’affidamento in questione è qualificabile come concessione di servizio pubblico, stante:

a. la presenza di un servizio pubblico locale rivolto alla produzione di beni e utilità per il soddisfacimento delle esigenze della collettività – ovvero, secondo gli artt. 16 e 86 del Trattato FUE dell’Unione europea, un’attività di interesse economico generale, che svolge una funzione essenziale nell’ambito della costituzione economica di tutti i Paesi membri, dovendosi intendere per tale quello rivolto all’utenza, capace di soddisfare interessi generali e di garantire una redditività – del quale i cittadini usufruiscono uti singuli e come componenti la collettività;

b. la prestazione a carico degli utenti, che è inserita nei servizi a domanda individuale (nella specie gli utenti devono corrispondere il costo del biglietto);

c. l’assunzione a carico del concessionario del rischio economico relativo alla gestione del servizio (costo del carburante, manutenzione ordinaria e straordinaria, responsabilità all’uso e custodia dei mezzi, responsabilità non connesse all’assicurazione);

d. la preordinazione dell’attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti;

e. la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari (percorsi, fermate ed orari, nonché il prezzo del biglietto) volti a conformare l’espletamento dell’attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico-professionale e qualità.

Alla luce delle considerazioni sopra evidenziate, i giudici amministrativi hanno annullato gli atti con cui l’ente aveva affidato il servizio.

Trattandosi della gestione di un servizio pubblico locale, l’affidamento deve avvenire nel rispetto delle procedure poste a tutela della concorrenza e non con affidamento diretto
(in tal senso, si veda Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2342/2013).

 


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