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Concessione di servizi: illegittimo l’affidamento diretto


L’affidamento delle concessioni di servizi, ex articolo 30 del d.lgs. 163/2006, deve essere preceduto da un confronto concorrenziale fra i possibili aspiranti.

Questo il principio espresso dal Tar Veneto, sez. I, con la sentenza n. 633 del 14 maggio 2014 con la quale ha accolto il ricorso presentato da una società che aveva contestato l’illegittimità di una deliberazione della giunta di affidamento diretto, senza gara, della concessione del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale.

I giudici amministrativi hanno ribadito che la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato dell’U.E. e dei principi generali relativi ai contratti pubblici (e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità), previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi.

Solo nel caso in cui sussistano i presupposti previsti dall’articolo 57, comma 2, lett. b) del codice dei contratti per il ricorso alla trattativa privata, ovvero qualora “per ragioni di natura tecnica…..il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato”, le stazioni appaltanti possono aggiudicare mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara.

Tale circostanza, tuttavia, deve essere adeguatamente motivata nella determina a contrarre in modo da “scongiurare ogni possibilità che l’amministrazione utilizzi situazioni genericamente affermate, come un “commodus discessus” dall’obbligo di esperire una pubblica procedura di selezione che è la sola con carattere di oggettività e trasparenza”.

Nel caso di specie, l’amministrazione aveva omesso qualsiasi motivazione in merito alla pretermissione della procedura concorsuale, ma soprattutto l’affidataria non agiva in regime di monopolio e, comunque, non presentava caratteristiche esclusive con riferimento all’esercizio dell’attività oggetto della concessione.

I giudici amministravi hanno, pertanto, ritenuto illegittimo l’operato dell’amministrazione.

 


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