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Revisione prezzi nei contratti di durata: inderogabile dovere della stazione appaltante


Il procedimento di revisione dei prezzi, una volta avviato su istanza di parte, deve essere concluso dall’amministrazione competente mediante l’adozione di un provvedimento espresso, di contenuto positivo o negativo, ampiamente motivato e soprattutto fondato su dati accertati, documentati e quindi non obiettivamente contestabili.

Questo il principio ribadito dal Tar Lazio, Roma, sez. II, con la sentenza n. 2952 del 18 marzo 2014, con la quale ha accolto il ricorso proposto da una società per l’accertamento del diritto alla revisione dei prezzi dell’appalto.

La revisione del prezzo dei contratti pubblici di appalto di beni e servizi è attualmente disciplinata dall’articolo 115 del d.lgs. 163/2006 che prevede l’obbligo di introdurre nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa una clausola di revisione del prezzo da operare sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili.

Il diritto alla revisione spetta a partire dal secondo anno di contratto.

La norma di cui all’art. 115 del d.lgs. 163/2006 non si limita a stabilire, genericamente, la necessità di prevedere una clausola revisionale, ma fissa anche i criteri che devono essere inderogabilmente osservati per un corretto adeguamento del corrispettivo.

Ciò a conferma del fatto che la procedura revisionale non è discrezionale né nell’an né tanto meno nel quantum, costituendo quest’ultimo il risultato di una ricognizione di dati che, per la loro obiettività e per la fonte da cui pervengono, s’impongono sia alla stazione appaltante che all’appaltatore.

In particolare, è previsto che l’attività di revisione sia svolta dai dirigenti della stazione appaltante, responsabili dell’acquisizione dei beni e servizi, sulla base dei dati rilevati e pubblicati semestralmente dall’Istat sull’andamento dei prezzi dei principali beni e servizi acquisiti dalle p.a.

A fronte della mancata pubblicazione da parte dell’Istituto nazionale di statistica di tali dati, la giurisprudenza ha indicato quale parametro di riferimento l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) mensilmente pubblicato dal medesimo Istat.

La giurisprudenza è concorde nell’affermare che tale norma è “norma imperativa” con “sostituzione automatica” delle eventuali difformi volontà contrattualizzate.

Per questa ragione, e cioè essenzialmente per il suo carattere di norma imperativa che, dunque, non può essere derogata da diversa volontà delle parti, la clausola di revisione del prezzo di un appalto pubblico di servizi si impone alla stazione appaltante e alla controparte privata anche in caso di diversa e confliggente pattuizione, trovando applicazione il particolare meccanismo di sostituzione automatica di clausole nulle perché difformi dalla legge, in base all’articolo 1339 del codice civile.

In altri termini, la disciplina legale in materia di revisione prezzi si inserisce automaticamente e prevale sulla previsione pattizia, assunta in contratto.

Ne consegue che le clausole difformi sono nulle nella loro globalità, anche se la nullità non investe l’intero contratto, in applicazione del principio “utile per inutile non vitiatur”, sancito dall’articolo 1419 del codice civile (Cons. di St., sez. V, sentenza 465/2013; Tar Puglia, Lecce, sez. II, sentenza 1293/2013; Tar Calabria, Catanzaro, sez. II, sentenza 405/2013).

La ratio dell’istituto della revisione dei prezzi è quella di adeguare il prezzo determinato nell’originario rapporto in modo da conservare l’equilibrio del sinallagma contrattuale, al fine di conservare il livello quantitativo delle prestazioni.

Tale clausola, infatti, è posta a beneficio di entrambi i contraenti.

Da un lato, l’appaltatore vede ridotta, anche se non eliminata, l’alea propria dei contratti di durata, dall’altro la stazione appaltante vede diminuito il pericolo di un peggioramento della qualità o quantità di una prestazione divenuta per l’appaltatore eccessivamente onerosa o, comunque, non remunerativa.

Come evidenziato dai giudizi amministrativi, l’attivazione del procedimento di verifica e lo svolgimento della necessaria istruttoria costituiscono un preciso e inderogabile dovere per la stazione appaltante.

Il procedimento di revisione dei prezzi, una volta avviato su istanza di parte, deve essere concluso dalla stazione appaltante mediante l’adozione del provvedimento finale che riconosce o nega l’aumento dei prezzi.

 


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