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E’ legittima la trasformazione di una società in azienda speciale


La trasformazione eterogenea di una società di capitali che gestisce un servizio pubblico in azienda speciale è compatibile sia con le norme civilistiche, trattandosi di organismi entrambi dotati di patrimonio separato, a garanzia dei terzi e dei creditori, e sia con le disposizioni pubblicistiche, intese a ricondurre tali organismi ad un regime uniforme, quanto al rispetto dei vincoli di finanza pubblica.

Inoltre, dal 1° gennaio 2014 è possibile anche mettere in liquidazione una società di capitali e costituire ex novo un’azienda speciale, grazie all’abrogazione del comma 6 dell’articolo 9 del d.l. 95/2012 disposto dal comma 562 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2014 (legge 147/2013).

Questi i rilevanti chiarimenti forniti dalla corte dei conti, sezione delle Autonomie con la deliberazione n. 2 depositata il 21 gennaio scorso, con la quale ha posto fine al dibattito che aveva visto contrapporsi numerose sezioni regionali di controllo in merito alla possibilità applicare estensivamente l’istituto della “Trasformazione eterogenea da società di capitali” (ex art. 2500 -septies c.c.) al passaggio da una società di diritto privato a un ente di diritto pubblico.

L’ipotesi di trasformare una società di capitali in un’azienda speciale costituisce oggi per gli enti un interessante momento di riflessione, che potrebbe essere valutata soprattutto per la gestione di servizi afferenti all’ambito sociale, culturale ed educativo, ma non solo.

Ovviamente questa è scelta discrezionale dell’ente locale che deve essere adeguatamente motivata, tenuto conto della convenienza economica dell’operazione e di una valutazione prospettica, anche alla luce dell’articolo 153 del Tuel, novellato dall’articolo 3, comma 1, lett. f) del d.l. 174/2012, sulla tenuta e sulla salvaguardia degli equilibri finanziari complessivi della gestione e dei vincoli di finanza pubblica.

La scelta in merito all’individuazione del modello gestionale più idoneo a rispondere alle esigenze dei cittadini che fruiscono dei servizi è sempre ammessa, purché si dimostri che ne conseguiranno risultati migliori dal punto di vista dell’efficienza, efficacia ed economicità della gestione, oltre al mantenimento o implementazione della qualità dei servizi erogati.

Appare quindi legittima la decisione di trasformare una società di capitali in azienda speciale per la gestione, ad esempio, di servizi aventi natura socio-assistenziale nei riguardi della propria popolazione (tra le altre, corte dei conti, sez. contr. Lazio, del. 84/2013).

La qualificazione fornita dal legislatore dell’azienda speciale quale ente strumentale del comune rivela l’esistenza di un collegamento inscindibile tra l’azienda e l’ente locale.

In effetti, “strumentalità” sta a significare che l’ente locale, attraverso l’azienda, realizza sostanzialmente una forma diretta di gestione del servizio.

L’ente locale si serve dell’azienda per la gestione di un servizio e, quindi, per soddisfare un’esigenza della collettività, pertanto, in tale ottica spetta esclusivamente all’ente la decisione “politica” di costituire un organismo, che dovrà perseguire gli obiettivi assegnati (valutazione in itinere ed anche ex ante) e che sarà soggetto alla vigilanza e controllo sul perseguimento e raggiungimento di questi (valutazione ex post).

La sezione delle autonomie ha chiarito che proprio per i vincoli posti dal legislatore alle aziende speciali, in ultimo dalla legge di stabilità 2014, questo istituito è sempre più assimilabile alle società di capitali.

Si può ritenere allora che l’elemento di continuità debba essere identificato nell’azienda, quale complesso di beni funzionalmente orientato allo svolgimento di un’attività di impresa e che la trasformazione trovi, quindi, la sua giustificazione sistematica nell’esigenza di salvaguardare la continuità dell’organismo produttivo e di evitare la disgregazione del patrimonio aziendale.

L’azienda speciale, che risulterebbe dalla trasformazione della società a totale partecipazione pubblica, è dotata di un patrimonio separato a garanzia dei terzi e dei creditori, fermo restando che, sia nell’organismo di partenza che in quello di arrivo, esistono i necessari raccordi con gli enti pubblici di riferimento.

Da un lato, sussiste una società partecipata da enti territoriali, presumibilmente dotata delle caratteristiche dell’in house providing e, quindi, da intendersi come una longa manus degli enti soci, dall’altro, un’azienda speciale, che in quanto ente strumentale del comune è inserita nel sistema amministrativo dell’ente locale.

La legge di stabilità 2014, inoltre, se da una parte ha escluso l’applicazione diretta del patto nei confronti delle società in house, ha imposto tali vincoli all’insieme ente territoriale/organismo partecipato, prevedendo il concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica dei medesimi organismi in applicazione del principio della “sana gestione dei servizi secondo criteri di economicità e di efficienza”.

Alla luce del quadro legislativo di riferimento, secondo la corte dei conti, non ha ragione di esistere la preoccupazione del possibile impiego dell’istituto dell’azienda speciale a scopi elusivi dei vincoli di finanza pubblica, poiché la relativa normativa prevede misure severe come per le società di capitali.

In ogni caso, l’operazione di trasformazione deve essere corredata da un’attività di revisione economica-patrimoniale (c.d. due diligence) della società trasformanda, a garanzia dei terzi e dell’ente che istituisce l’azienda speciale.

 

 


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