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Anticorruzione: la mancata formazione è fonte di responsabilità


La specifica attività formativa imposta dalle legge 190/2012, stante il carattere obbligatorio e l’assenza di discrezionalità circa l’autorizzazione della spesa relativa al suo svolgimento, è fuori dell’ambito applicativo di cui al comma 13, dell’articolo 6, del d.l. 78/2010.

Questo il chiarimento fornito dalla Corte dei Conti, sez. contr. dell’Emilia-Romagna, nella deliberazione n. 276 depositata il 20 novembre 2013.

Le disposizioni in materia di anticorruzione (legge 190/2012) si applicano a tutte le p.a. di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001, agli enti pubblici economici, tra cui le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona (asp), alle società partecipate e alle fondazioni di partecipazione costituite da enti locali.

Negli enti locali, il responsabile della prevenzione della corruzione è individuato, di norma, nel segretario, salvo diversa e motivata determinazione.

Allo stesso la legge 190/2012 attribuisce diversi compiti, fra i quali, in primo luogo la predisposizione del piano triennale di prevenzione della corruzione, che deve essere adottato entro il 31 gennaio di ogni anno.

Detto piano rappresenta lo strumento attraverso il quale l’amministrazione sistematizza e descrive un “processo”- articolato in fasi tra loro collegate concettualmente e temporalmente – che è finalizzato a formulare una strategia di prevenzione del fenomeno.

In esso si delinea un programma di attività derivante da una preliminare fase di analisi che, in sintesi, consiste nell’esaminare l’organizzazione, le sue regole e le sue prassi di funzionamento in termini di “possibile esposizione” al fenomeno corruttivo.

Ciò deve avvenire ricostruendo il sistema dei processi organizzativi, con particolare attenzione alla struttura dei controlli ed alle aree sensibili nel cui ambito possono, anche solo in via teorica, verificarsi episodi di corruzione.

In particolare, in materia di formazione, il responsabile della prevenzione deve definire “procedure appropriate per selezionare e formare, ai sensi del comma 10, i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione” (comma 8, articolo 1, della legge 190/2012).

Il comma 10 statuisce, inoltre, che il responsabile della prevenzione della corruzione provvede anche “ad individuare il personale da inserire nei programmi di formazione” sui temi dell’etica e della legalità ed, infine, il comma 44, rubricato “codice di comportamento”, prescrive che “le pubbliche amministrazioni verificano annualmente lo stato di applicazione dei codici e organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi”.

Rientra, altresì, nella sfera di responsabilità del responsabile della prevenzione della corruzione la verifica dell’attuazione e della idoneità del piano nonché l’adeguamento dinamico (proponendone le modifiche) in caso di accertamento di significative violazioni e di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività.

Come ribadito dalla Civit nella delibera n. 72/2013, con la quale è stata approvato la proposta di Piano Nazionale Anticorruzione elaborata dal Dipartimento della funzione pubblica in base alla legge 190/2012 “le pubbliche amministrazioni di cui all’art.1, comma 2, del d.lgs. n.165 del 2001 debbono programmare adeguati livelli di formazione, tenendo presente una strutturazione su due livelli: livello generale, rivolto a tutti i dipendenti: riguarda l’aggiornamento delle competenze (approccio contenutistico) e le tematiche dell’etica e della legalità (approccio valoriale); livello specifico, rivolto al responsabile della prevenzione, ai referenti, ai componenti degli organismi di controllo, ai dirigenti e funzionari addetti alle aree a rischio: riguarda le politiche, i programmi e i vari strumenti utilizzati per la prevenzione e tematiche settoriali, in relazione al ruolo svolto da ciascun soggetto nell’amministrazione. I fabbisogni formativi sono individuati dal responsabile della prevenzione in raccordo con i dirigenti responsabili delle risorse umane e le iniziative formative vanno inserite anche nel P.T.F. di cui all’art.7 bis del d.lgs. n.165 del 2001.  ….”.

In sintesi, nell’ambito del piano triennale di prevenzione della corruzione devono essere pianificate iniziative di formazione rivolte:

  1. a tutto il personale sui temi dell’etica e della legalità, con particolare riferimento ai contenuti del Codice di comportamento dei pubblici dipendenti;
  2. ai dirigenti e al personale addetti alle aree a rischio;
  3. al responsabile della prevenzione, quale condizione per l’esercizio della sua funzione di vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del piano.

Ciò evidenzia l’importanza cruciale che la formazione riveste nell’ambito della prevenzione della corruzione.

Infatti, una formazione adeguata consente che l’attività amministrativa sia svolta da soggetti consapevoli e, di conseguenza, la riduzione del rischio che l’azione illecita sia compiuta inconsapevolmente.

I magistrati contabili, evidenziato il carattere vincolato della spesa necessaria per l’espletamento della formazione, hanno inoltre ricordato che a fronte dei compiti che la legge attribuisce al responsabile sono previsti consistenti responsabilità in caso di inadempimento.

In particolare, all’articolo 1, comma 8, della legge 190/2012 si prevede una responsabilità dirigenziale per il caso di mancata predisposizione del piano e di mancata adozione delle misure per la selezione e la formazione dei dipendenti.

All’articolo 1, comma 12, si prevede inoltre l’imputazione di una responsabilità dirigenziale e disciplinare nonché per danno erariale e all’immagine dell’ente di afferenza in capo al responsabile della prevenzione della corruzione per il caso in cui all’interno dell’amministrazione vi sia una condanna per un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato.

La responsabilità è esclusa solo se il responsabile della prevenzione prova:

  1. di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano e di aver svolto i compiti di verifica dell’efficace attuazione, osservanza e riconformazione, in caso di necessità del piano stesso (verifiche che ricomprendono le previsione di rotazione degli incarichi nelle aree a rischio corruzione);
  2. di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del piano.

Il successivo comma 13 quantifica l’entità della responsabilità disciplinare a carico del responsabile della prevenzione che “non può essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi”.

L’art. 1, comma 14, individua due ulteriori ipotesi di responsabilità:

–        una forma di responsabilità dirigenziale ai sensi dell’articolo 21 del d.lgs. 165/2001 che si configura nel caso di “ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal piano”;

–        una forma di responsabilità disciplinare “per omesso controllo”.

Per completezza del quadro delle responsabilità in capo al responsabile della prevenzione si segnala anche l’articolo 46 del d.lgs. 33/2013 che prevede una responsabilità per la violazione degli obblighi di trasparenza.

In particolare, sono “elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale”, nonché “eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione” e sono comunque valutati ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili:

–        l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente

–        la mancata predisposizione del P.T.T.

È esclusa la responsabilità del responsabile della prevenzione ove l’inadempimento di tali obblighi sia “dipeso da causa a lui non imputabile”.

Evidenziato, dunque, il carattere imprescindibile dell’attività formativa nell’ambito della prevenzione della corruzione, i magistrati contabili hanno confermato il consolidato orientamento della giurisprudenza contabile secondo cui il contenimento della spesa per attività di formazione implica che l’ente pubblico sia titolare di un potere discrezionale circa la relativa assunzione. Pertanto, nell’ipotesi di attività formativa richiesta ex lege 190/2012, in assenza di discrezionalità circa l’autorizzazione della spesa relativa, si è fuori dell’ambito applicativo dell’articolo 6, comma 13, del d.l. 78/2010 (Corte dei conti, Friuli Venezia Giulia del n. 106/2012; Lombardia del. n. 116/2011; Liguria, del. n. 75/2013).

I magistrati contabili hanno infine osservato che le iniziative formative devono tenere conto anche del possibile contributo degli operatori interni, “inseriti come docenti nell’ambito di percorsi di aggiornamento e formativi in house” (da Piano Nazionale Anticorruzione).


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