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Veneto, deliberazione n. 312 – Dismissione società trasformazione urbana


Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 14, comma 32, d.l. 78/2010 che vieta la costituzione e il mantenimento di società da parte di comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti, imponendone la messa in liquidazione o la cessione entro il 30 settembre 2013. La norma prevede la possibilità del mantenimento per le società già costituite che abbiano registrato al 30 settembre 2013 il bilancio degli ultimi tre esercizi in utile, non abbiano subito, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio o perdite di bilancio in conseguenza delle quali il comune sia stato gravato dell’obbligo di procedere al ripiano delle perdite medesime.

I magistrati contabili del Veneto, con la deliberazione 312/2013, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 28 ottobre, hanno chiarito che “anche la costituzione e/o il mantenimento di partecipazioni nelle società di trasformazione urbana (STU) previste dall’articolo 120 TUEL, deve avvenire nel rispetto delle previsione contenute nell’articolo 14, comma 32, del D.L. 31.05.2010, n. 78”.

Lo strumento societario, previsto dall’articolo 120 del Tuel, non costituisce l’unica modalità operativa attraverso la quale gestire i progetti di trasformazione urbana.

Ne consegue che gli enti con popolazione inferiore a 30.000 abitanti “non possono costituire nuove società, neanche di trasformazione urbana, se non nel rispetto della previsione contenuta nel quarto periodo dell’articolo32 (società con partecipazione paritaria o proporzionale al numero di abitanti costituite da più comuni la cui popolazione complessiva superi 30.000 abitanti)”.

Gli stessi sono tenuti a cedere le partecipazioni, salvo il caso in cui le società:

– abbiano avuto, al 31 dicembre 2012, il bilancio degli ultimi tre esercizi in utile;

– non abbiano subito, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio;

– non abbiano subito, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali il comune sia stato gravato dell’obbligo di procedere al ripiano delle perdite medesime

In merito alle procedure da adottare per la richiesta di messa in liquidazione della società di trasformazione urbana, i magistrati contabili hanno confermato l’orientamento espresso dalla sezione Emilia-Romagna, con la deliberazione 9/2012, secondo cui in mancanza di una disciplina speciale che regoli le modalità di dismissione delle società partecipate pubbliche, trova applicazione la disciplina di diritto comune prevista dagli articoli 2484 e ss. c.c. in tema di scioglimento e liquidazione delle società di capitali.

Tali disposizioni prevedono che, al verificarsi di una delle cause di scioglimento di cui all’art. 2484 c.c., si apra una fase nella quale l’organo di amministrazione della società, accertata l’intervenuta verificazione di una causa di scioglimento, provveda a curarne la relativa iscrizione nel registro delle imprese ed a convocare la assemblea dei soci affinché si proceda a deliberare in ordine alla nomina, numero e poteri dei liquidatori.

Scopo della procedura di liquidazione è quello di cedere l’intero patrimonio sociale al fine di soddisfare, con il ricavato derivante dalla vendita dei cespiti patrimoniali, i creditori sociali e poi procedere all’eventuale ripartizione dell’attivo residuo tra i soci.

Tale ripartizione, nella procedura di liquidazione delle società di capitali, avviene sulla base di un bilancio finale di liquidazione nel quale viene indicata la parte spettante a ciascun socio (cd. piano di riparto).

Alla ripartizione dell’attivo segue poi la fase finale e conclusiva della cancellazione della società dal registro delle imprese (art. 2495 c.c.).

Nel caso in cui, all’esito della procedura di liquidazione, dovessero residuare debiti sociali non soddisfatti neppure con il ricavato della liquidazione, ai sensi dell’articolo 2495 c.c., i creditori sociali “possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi”.

Ne consegue che “l’ente locale socio non avrà alcun obbligo di accollarsi – né per intero, né in misura proporzionale alla sua partecipazione, nell’ipotesi di società partecipata da più enti – il debito sociale rimasto insoddisfatto anche dopo la chiusura della fase di liquidazione” (Sez. Controllo Emilia Romagna delibera 9/2012).

L’ente potrà eventualmente risponderne nel co in cui i creditori sociali agiscano nei confronti della società e, pro quota, nei confronti dell’ente locale, il quale in tal caso ne risponderà sino a concorrenza di quanto conseguito nella distribuzione dell’attivo.

 


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